Il diritto sostanziale italiano comporta l’applicazione di norme interne rivolte a garantire diritti fondamentali delle persone – CASSAZIONE CIVILE, Sezioni Unite, Sentenza n. 10219 del 02/05/2006
Il diritto sostanziale italiano comporta
l’applicazione di norme interne rivolte a garantire diritti fondamentali delle
persone. La Cassazione nel dettare tale principio fa richiamo esplicito alla
legge 218/1995 che nel coordinare le sue norme di rinvio con il diritto
sostanziale italiano comporta l’applicazione di quelle norme interne non
contingentemente legate al funzionamento della società italiana e
caratterizzantesi come più tipicamente rivolte a garantire diritti fondamentali
delle persone.
Inoltre la corte ritiene che per andare in
contrario avviso ed escludere la giurisdizione del giudice italiano non si puo’
dire che il riconoscimento della giurisdizione del giudice straniero era insita
nel contenuto della clausola compromissoria e che non osta a detto
riconoscimento la circostanza che la presente controversia attenga ad un
rapporto di lavoro.
La vicenda –
L’analisi del caso
sottoposto alla Corte ha inizio con l’opposizione a decreto ingiuntivo emesso
dal giudice del lavoro di Como per ottenere il pagamento di somme vantate a
titolo di retribuzione.
La società opponente affermava che non erano
dovuti alcuni compensi in quanto i lavoratori avevano
costretto i titolari ad abbandonare l’attività
imprenditoriale intrapresa in Romania in relazione alla quale erano stati
chiamati a collaborare, diffondendo notizie false. Ma sia in primo che in
secondo gradola sentenza è di condanna al pagamento delle somme pretese dai
lavoratori.
Nello specifico, la Corte d’Appello
ritenevainfondata l’eccezione del
difetto di giurisdizione del giudice italiano nei termini formulati
dall’appellante in quanto nessun cittadino italiano puo’ rifiutare la
giurisdizione che altri cittadini italiani invocano contro di lui ed anche
perchè la clausola compromissoria invocata dall’appellante riguardava un
oggetto diverso da quello della controversia in esame.
Contro la sentenza viene proposto
ricorso per cassazione.
La questione di diritto sollevata e la
soluzione adottata dalla Corte –
Nel caso in esame sono da configurare diverse questioni giuridiche e numerosi
istituti, ancorati ai tradizionali e ben noti meccanismi procedurali. In primis,
la questione della clausola compromissoria, dell’interpretazione e dei limiti
della stessa e quella relativa la giurisdizione del giudice italiano.
La clausola, infatti, si era limitata a porre un
termine al "rapporto" o agli "obblighi" scaturenti dai contratti di incarico ,
senza intaccare il sinallagma e senza, quindi, risolvere i rapporti tra le
parti. Cio’ equivale a dire che i lavoratori avevano regolato solo la singola
esperienza professionale relativa ai rapporti tra la società e la Romania,
senza stravolgere le prestazioni già effettuate.
Per quel che concerne la giurisdizione la Corte
afferma che la legge n. 218 del 1995, fissando le regole comuni sull’esercizio
della giurisdizione italiana, sostiene nell’art. 3 prima parte che la
giurisdizione italiana sussiste quando <il convenuto ha in Italia il
domicilio o la residenza oppure vi ha un rappresentante abilitato a stare in
giudizio a norma dell’art. 77 del codice di procedura civile e negli altri casi
previsti dalla legge>.
Inoltre la corte ritiene che per andare in
contrario avviso ed escludere la giurisdizione del giudice italiano non si puo’
dire che il riconoscimento della giurisdizione del giudice straniero era
insita nel contenuto della clausola compromissoria e che non osta a detto
riconoscimento la circostanza che la presente controversia attenga ad un
rapporto di lavoro.
La stessa Corte d’Appello aveva escluso cio’
ritenendo che la clausola compromissoria avesse un oggetto diverso da quello
costituente l’oggetto della presente controversia, procedendo pertanto ad una
interpretazione di detta clausola incontestabile in questa sede atteso la
correttezza del criterio ermeneutico seguito e la devoluzione al giudice
nazionale del compito interpretativo della clausola attributiva della
competenza.
Infine, il richiamo esplicito va alla legge
218/1995 che nel coordinare le sue norme di rinvio con il diritto sostanziale
italiano comporta l’applicazione di quelle norme interne <non
contingentemente legate al funzionamento della società italiana e
caratterizzantesi come più tipicamente rivolte a garantire diritti fondamentali
delle persone>. Sebbene il disposto dell’art.4 n.2 comporta una maggiore
possibilità per le parti di acordarsi per accettare o derogare la giurisdizione
interna a favore di un giudice straniero o di un arbitro estero, tuttavia tale
legge non consente possibilità di deroga alla giurisdizione italiana se detta
deroga non è provata per iscritto, anche nelle ipotesi in cui la causa verta
sui diritti indisponibili, nel cui ambito vanno annoverate, oltre le cause
attribuite alla competenza esclusiva dei giudici italiani, anche quelle di cui
all’art. 806 e all’art. 808 cod.proc.civ..
Il dettato dell’articolo è chiaro: “possono
essere decise da arbitri solo se cio’ sia previsto nei contratti e accordi
collettivi di lavoro purchè cio’ avvenga, a pena di nullità, senza pregiudizio
della facoltà delle parti di adire l’autorità giudiziaria”.
Inoltre, altra questione è quella relativa
alla nullità della procura alle liti sul presupposto che la procura stessa
rilasciata a margine della costituzione in primo grado dalle controparti
richiedeva l’enunciazione di una volontà espressa e chiara di essere difesi nel
giudizio di opposizione non potendosi reputare sufficiente ai fini della sua
validità una manifestazione implicita o tacita.
Secondo orientamenti ormai consolidati, il
mandato alle liti è assoggettabile ai criteri ermeneutici di cui all’art. 1362
e ss.(cfr. ex plurimis : Cass. 7 gennaio 2004 n. 47; Cass. 3 febbraio 1999 n.
921; Cass. 10 marzo 1998 n. 2646; Cass. 7 maggio 1997 n. 3966) .
Come evidenziato i altre occasioni, invece, la
certificazione di autografia da parte del difensore non è ricollegabile alle
previsioni di cui all’art. 2703, 2 comma, c.c. ma è qualificabile come
<autentica minore> e richiede soltanto l’accertamento della identità del
soggetto che conferisce la procura, non presupponendo una verifica della sua
volontà, dei suoi poteri e della sua capacità (cfr. sul punto – Cass., Sez.
Un., 5 febbraio 1994 n. 1167; Cass., Sez. Un., 21 gennaio 1993 n. 714); inoltre,
il conferimento mediante procura dell’incarico difensivo, integrando una
manifestazione di volontà, è atto della persona fisica, stia in giudizio in
proprio ovvero in nome o per conto altrui(Cass., Sez. Un., 7 marzo 2005 n.
4814); che il procuratore ha il potere a sua volta di rilasciare, in nome del
dominus, la procura ad un difensore a condizione pero’ che gli sia conferita una
rappresentanza sostanziale(procura ad negotia generale o relativa al
rapporto dedotto in giudizio) e che egli sia munito anche di rappresentanza
processuale (cfr. : Cass. 22 marzo 1996 n. 2493).
(Annaflora Sica, © Litis.it, 9 Giugno 2006)
CASSAZIONE CIVILE, Sezioni
Unite, Sentenza n. 10219 del 02/05/2006
(Presidente
V. Carbone, Relatore G. Vidiri)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
C. M., S. R. ed E. P. chiedevano ed ottenevano
in data 20 marzo 2000 dal giudice del lavoro di Como decreto ingiuntivo contro
M. G..
Avverso tale decreto proponeva opposizione M.
M. G., che affermava tra l’altro
che compensi dovuti ai suddetti lavoratori autonomi non erano stati corrisposti
in quanto i suddetti lavoratori, tradendo la fiducia in loro riposta dalla
M. G. Steel Consultante BVI, con il
propalare notizie false avevano costretto i fratelli
M. G. ad abbandonare l’attività
imprenditoriale intrapresa in Romania in relazione alla quale erano stati
chiamati a collaborare.
Dopo la costituzione del contraddittorio con i
tre convenuti in opposizione, il Tribunale di Como con sentenza del 4 settembre
2001 confermava il decreto ingiuntivo rigettando tutte le eccezioni mosse
dall’opponente, con le quali si erano dedotti
il difetto di giurisdizione del giudice italiano, l’incompetenza per territorio
del Tribunale di Como nonchè l’infondatezza nel merito della richiesta dei
suddetti convenuti.
A seguito di gravame del
M. G. la Corte d’appello di Milano
con sentenza del 3 ottobre 2002 confermava la sentenza impugnata, condannando
l’appellante alle spese del giudizio.
Nel pervenire a tale conclusione la
Corte territoriale osservava che era infondata l’eccezione di difetto di
procura(rilasciata a margine della costituzione i’n giudizio di primo
grado) dovendo la stessa ritenersi rilasciata per il giudizio di primo grado. Ed
ugualmente infondata risultava l’eccezione del difetto di giurisdizione del
giudice italiano nei termini formulati dall’appellante sia perchè nessun
cittadino italiano puo’ rifiutare la giurisdizione che altri cittadini italiani
invocano contro di lui sia perchè la clausola compromissoria invocata
riguardava un oggetto diverso da quello della controversia in esame. Ed invero
tale controversia trovava titolo soltanto nel negozio giuridico del 28 marzo
2000 e solo in questo, e tale negozio non conteneva nessuna clausola
compromissoria nè contemplava alcuna dichiarazione di’ tipo fideiussorio,
laddove la clausola richiamata dal M. G.
aveva ad oggetto l’interpretazione dei contratti di incarico ai suoi
collaboratori, che erano stati risolti per volontà del
M. G. (accettata dalle controparti)
in data 31 marzo 2000, in epoca cioè precedente alla introduzione della lite in
oggetto. Nè per andare in contrario avviso valeva addurre la pendenza di un
giudizio davanti al giudice rumeno atteso che mentre la domanda di decreto
ingiuntivo era datata 20 marzo 2000 la richiesta del suddetto giudizio portava
la data del 12 marzo 2001 ed era quindi successiva alla richiesta di decreto
ingiuntivo. Osservava anc