Il divieto di reformatio in pejius non si applica al giudizio di rinvio a seguito di annullamento ex art. 604 cpp – CASSAZIONE PENALE, Sezioni Unite, Sentenza n. 17050 del 18/05/2006
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IMPUGNAZIONI – APPELLO – ANNULLAMENTO DELLA
SENTENZA EX ART. 604 C. 4 C.P.P. – GIUDIZIO DI RINVIO – DIVIETO DELLA "REFORMATIO
IN PEIUS" – INAPPICABILITA’
Le Sezioni unite, dopo aver ribadito che il
divieto della “reformatio in peius” trova applicazione nel giudizio di rinvio
conseguente ad annullamento pronunciato dalla Corte di cassazione, su ricorso
del solo imputato, per vizi che non si riverberano sugli atti propulsivi del
giudizio, hanno stabilito che esso invece non opera nel giudizio di rinvio
conseguente all’annullamento ex art. 604.4 c.p.p. della sentenza di primo grado
ad opera del giudice di appello, anche se detto annullamento sia stato
determinato dall’impugnazione del solo imputato
La
vicenda –
Con sentenza
del 4-6-02 il Tribunale per i minorenni di Napoli dichiarava il minore (omissis)
responsabile, in concorso con il fratello maggiorenne M. G., di detenzione
illegale e spaccio di sostanza stupefacente, (hashish), ex art. 73 c. 5° dpr
309/90 e concessegli le attenuanti generiche e la diminuente della minore età
lo condannava alla pena di mesi 3 di reclusione ed euro 1.600 di multa.
A seguito di appello avanzato dall’imputato che
lamentava l’omessa valutazione dell’istanza del difensore di fiducia volta ad
ottenere rinvio dell’udienza dibattimentale di primo grado per impedimento del
medesimo, la Corte di appello, sezione per i minorenni, con pronuncia 19-12-02,
dichiarava la nullità della suddetta sentenza ai sensi degli artt. 178 lett. c
e 179 c.p.p. e visto l’art. 604 c. 4 c.p.p., disponeva la trasmissione degli
atti al primo di primo grado.
Successivamente il Tribunale per i minorenni di
Napoli in data 29-1-04 riconosceva nuovamente (omissis) responsabile del
delitto di cui sopra e concessa la sola diminuente della minore età – in
riforma della precedente sentenza del 4.6.02 – lo condannava alla pena di mesi 6
di reclusione e euro 2.000 di multa.
La decisione veniva, poi, confermata dalla Corte
di appello, sezione minorenni, con sentenza 2-12-04.
Avverso tele sentenza proponeva ricorso per
cassazione il minore imputato, sostenendo come primo motivo la violazione
dell’art. 597 c. 3 c.p.p. perchè il Tribunale, a seguito dell’annullamento
operato dalla Corte di appello su gravame del solo imputato, aveva raddoppiato
la pena originariamente inflitta, negandogli le attenuanti generiche che invece
erano state concesse con la sentenza annullata.
Il ricorso veniva assegnato alla 4° sez. penale;
tuttavia, il collegio, rilevata l’assenza di precedenti di legittimità relativi
alla questione posta con il primo motivo – applicabilità del divieto di
“reformatio in pejus” nel giudizio conseguente ad annullamento da parte della
Corte di appello ex art. 604 c. 4 c.p.p. -, onde evitare che l’eventuale
decisione potesse essere in conflitto con il principio della generalità del
suddetto divieto rimetteva gli atti alle Sezioni Unite.
La questione di diritto sollevata
e la soluzione adottata dalla Corte.
La questione
sollevata si pone in questi termini: se il divieto sancito dall’art. 597 c. 3
c.p.p – il quale, per quanto qui interessa, prevede che “quando appellante è il
solo l’imputato, il giudice non puo’ irrogare una pena più grave per specie o
quantità” – operi anche nel giudizio di rinvio conseguente ad annullamento
pronunciato dalla Corte di appello della sentenza di primo grado, appellata dal
solo imputato.
In linea generale, l’appello proposto dal solo
imputato vincola il giudice della impugnazione al rispetto del divieto di
reformatio in peius.
Tale vincolo disciplinato ai sensi dell’art. 597
c.p.p. consiste nel divieto di
-
Irrogare una pena più
grave, per specie. -
Irrogare una pena più
grave, per quantità. -
Applicare una misura di
sicurezza nuova. -
Applicare una misura di
sicurezza più grave. - Revocare benefici.
-
Prosciogliere per una causa
meno favorevole di quella enunciata nella sentenza appellata.
Non è
impedito al giudice, invece, di dare al fatto una qualificazione giuridica più
grave, sempre che non venga superata, anche in questo caso, la competenza per
materia del giudice di primo grado.
Il divieto di reformatio in peuis tutela
l’imputato dal rischio di vedersi infliggere, in appello, una sanzione più
grave di quella irrogata dal giudice di primo grado e della quale, con la
impugnazione, ha lamentato la ingiustizia.
Il principio discende dal concetto di civiltà
giuridica secondo cui, nei giudizi di impugnazione ad iniziativa del solo
imputato, questi non deve trovarsi esposto alla possibilità che la sua
posizione, come risultante dalla sentenza di primo grado, possa aggravarsi.
L’interesse ad
impugnare è una delle condizioni per l’ammissibilità della impugnazione e l’attività
del solo imputato non puo’ mai condurre a risultati pregiudizievoli.
Ai sensi
dell’art. 604 c. 4 c.p.p. la Corte di appello, puo’ addivenire all’annullamento
di una pronuncia di primo grado solo se accerti una nullità assoluta (art. 179
c.p.p.) del provvedimento che dispone il giudizio o della sentenza di primo
grado ovvero una nullità a regime intermedio (art. 180 c.p.p.) non sanata da
cui sia derivata la nullità del provvedimento che dispone il giudizio o della
sentenza di primo grado.
A differenza del giudice di appello la
Cassazione invece, quale giudice di legittimità, addiverrà all’annullamento
della sentenza impugnata in ogni caso di nullità che abbia comunque inciso,
strutturalmente o in via logica, sulla medesima nonchè per riscontrato vizio di
motivazione.
La giurisprudenza ha già avuto modo di
constatare, come ha evidenziato anche la Corte, “che la disposizione
dell’art. 597 c 3 c.p.p., sebbene prevista espressamente solo per l’appello, è
applicabile anche nel giudizio di rinvio operato dalla Cassazione per vizio di
motivazione; al contempo si è precisato che il raffronto ai fini in questione
va effettuato con la sentenza annullata, se questa ebbe ad infliggere una pena
inferiore a quella di cui alla decisione di primo grado (Cass. 29-1-92 n. 00865
RV. 189586; Cass. 29-10-93 n. 09861 RV. 195434; Cass. 9-12-96 n. 10651 RV.
207335; Cass. 9-7-98 n. 00493 RV. 212159; Cass. 22-5-01 n. 26898 RV. 219920;
Cass. 20-1-04 n. 23176 RV. 228238)”.
Il concetto di “reformatio in pejus”, dunque,
implica, necessariamente, l’esistenza di un termine di paragone rappresentato da
una precedente sentenza.
Tale termine di paragone viene a mancare qualora
la sentenza precedente venga cancellata, “in quanto atto finale di un giudizio
nullo, e percio’ privo di effetti”.
Cio’ che rileva ” spiega la Corte ” “non è
la circostanza che la sentenza annullata sia di primo grado, ma piuttosto il
motivo per cui si è verificato l’annullamento: infatti non puo’ ritenersi
acquisita o conseguita dall’imputato alcuna posizione sostanziale favorevole per
effetto di una pronuncia emessa a conclusione di una sequenza procedimentale
viziata nel suo svolgimento essenziale e ab origine”.
Pur esistendo un precedente di segno contrario
che nega che nel nuovo giudizio – pur determinato da annullamento per
incapacità del giudice di primo grado – possa infliggersi una pena superiore a
quella in precedenza stabilita (Cass. 5-3-94 n. 02775 RV. 196792), la Corte ha
ritenuto di aderire all’indirizzo prevalente che ammette la possibilità di un
aggravio del trattamento sanzionatorio, emanando, cosi’ il seguente principio di
diritto: “il divieto di “reformatio in pejus” di cui all’art. 597 c. 3 c.p.p.
non puo’ trovare applicazione nel giudizio di rinvio dinanzi al giudice di primo
grado, a seguito di annullamento della precedente pronuncia ex art. 604 c. 4
c.p.p., anche se detto annullamento sia stato determinato dall’impugnazione del
solo imputato”.
“il divieto di infliggere una pena più grave
non opera nel nuovo giudizio, sia esso di primo che di secondo grado,
conseguente ad annullamento pronunciato dal giudice di appello ovvero dalla
Cassazione a causa di individuata nullità dell’atto introduttivo o di altra
nullità assoluta ovvero a carattere intermedio non sanata, che si sia riversata
sull’atto conclusivo”.
(Lorenzo Sica, © Litis.it 23 Maggio 2006)
CASSAZIONE PENALE, Sezioni Unite, Sentenza
n. 17050 del 18/05/2006 (Presidente N. Marvulli, Relatore G. Ferrua)
Svolgimento del processo
Con sentenza 4-6-02 il Tribunale per i minorenni
di Napoli dichiarava il minore (omissis) responsabile, in concorso con il
fratello maggiorenne M. G., di detenzione illegale e spaccio di sostanza
stupefacente, (hashish), ex art. 73 c. 5° dpr 309/90 e con le attenuanti
generiche e la diminuente della minore età lo condannava alla pena di mesi 3 di
reclusione ed euro 1.600 di multa.
La Corte di appello, sezione per i minorenni, con pronuncia 19-12-02, a seguito
di gravame dell’imputato, dichiarava la nullità della suddetta sentenza ai
sensi degli artt. 178 lett. c e 179 c.p.p. per omessa valutazione dell’istanza
del difensore di fiducia volta ad ottenere rinvio dell’udienza dibattimentale di
primo grado per impedimento del medesimo, istanza tempestivamente presentata e
corredata da adeguata certificazione; contestualmente, visto l’art. 604 c. 4
c.p.p., disponeva la trasmissione degli atti al primo giudice.
Il Tribunale per i minorenni di Napoli in data 29-1-04 riconosceva (omissis)
responsabile del delitto di cui sopra e con la diminuente della minore età lo
condannava alla pena di mesi 6 di reclusione e euro 2.000 di multa: la decisione
veniva confermata dalla Corte di appello, sezione minorenni, con sentenza
2-12-04 avverso la quale ha ora proposto ricorso per cassazione l’imputato in
base ai seguenti motivi:
1 – violazione dell’art. 597 c. 3 c.p.p. perchè il Tribunale, a seguito