Lavoro irregolare sanabile solo se svolto da almeno tre mesi – CONSIGLIO DI STATO, Adunanza Plenaria, Sentenza n. 5 del 31/03/2006
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La
regolarizzazione del rapporto di lavoro subordinato degli extracomunitari
richiede che l’attività lavorativa si sia svolta almeno per tre mesi. Lo ha
stabilito il Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria che, accogliendo il ricorso
del Ministero dell’Interno, ha chiarito che, in base alla legge sulla
legalizzazione del lavoro irregolare del 2002, è consentita la regolarizzazione
del rapporto di lavoro prestato dagli extracomunitari almeno per tre mesi in
quanto tale periodo è ritenuto idoneo ad offrire un sufficiente affidamento
sull’esistenza di un serio impegno lavorativo e sulla sua effettiva
prosecuzione. Infatti lo scopo della legge era quello di regolarizzare rapporti
di lavoro effettivi e di impedire la creazione di situazioni lavorative
fittizie.
CONSIGLIO DI
STATO, Adunanza Plenaria, Sentenza n. 5 del 31/03/2006
DECISIONE
sul ricorso
in appello n. 32/2005 dell’Adunanza Plenaria (iscritto al NRG 824/2005),
proposto dal MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro in carica,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, negli uffici della
quale è per legge domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
contro
X. M., non
costituito in giudizio
per
l’annullamento
della
sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione III, n.
3797/2004 del 28 ottobre 2004.
Visto il
ricorso in appello;
vista
l’ordinanza di questo Consiglio (Sezione Sesta) n. 6518/2005, in data 15
novembre 2005, con cui la causa è stata rimessa all’esame dell’Adunanza
Plenaria delle Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato;
relatore alla
pubblica udienza del 27 marzo 2006 il consigliere Pier Luigi Lodi; nessuno
comparso per le parti;
visti gli
atti tutti della causa;
ritenuto e
considerato quanto segue:
FATTO
Con
provvedimento n. 7179/Z del 17 novembre 2003 il Prefetto della provincia di
Padova respingeva la domanda di regolarizzazione e di rilascio del conseguente
permesso di soggiorno al cittadino extracomunitario X. M., presentata ai sensi
dell’articolo 1 del decreto-legge 9 settembre 2002,convertito in legge 9 ottobre
2002, n. 222.
Dalla
documentazione in atti emerge che il diniego era dovuto alla insussistenza del
rapporto di lavoro nell’intero trimestre antecedente alla data di entrata in
vigore del citato decreto-legge, essendo il predetto entrato in Italia in data 5
luglio 2002, successiva al 10 giugno 2002.
Con
l’impugnata sentenza n. 3797/2004 il T.A.R. per il Veneto aveva accolto il
ricorso aderendo all’indirizzo giurisprudenziale che richiede, ai fini della
regolarizzazione, il requisito della prestazione dell’attività di lavoro nel
trimestre antecedente all’entrata in vigore della normativa in questione, ma non
necessariamente per tutti e tre i mesi, come potrebbe evincersi dalla stessa
dizione letterale della norma e da una sua interpretazione logico-sistematica.
Il Ministero
dell’interno ha proposto appello contestando le argomentazioni poste a base
della decisione impugnata e sostenendo che, sulla base della giurisprudenza del
Consiglio di Stato, la regolarizzazione dei cittadini comunitari, ai sensi della
normativa di cui sopra, sarebbe possibile solo in presenza di una effettiva
occupazione durante l’intero periodo preso a riferimento dal legislatore (10
giugno ” 10 settembre 2002).
L’appellato
non si è costituito in giudizio.
Con ordinanza
n. 6518/05 del 22 novembre 2005, la Sezione Sesta di questo Consiglio di Stato,
tenuto conto degli opposti orientamenti giurisprudenziali registratisi al
riguardo, ha ritenuto opportuno devolvere all’esame dell’Adunanza plenaria del
Consiglio di Stato la questione relativa alle modalità di interpretazione ed
applicazione della norma sopra richiamata.
La causa è
passata in decisione all’udienza pubblica del 27 marzo 2006.
DIRITTO
1. – Viene
sottoposta all’Adunanza Plenaria la questione relativa alla interpretazione ed
alle corrette modalità di applicazione della norma di cui all’art. 1, comma 1,
del decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195 (convertito dalla legge 9 ottobre
2002, n. 222) che indica il procedimento per la regolarizzazione della posizione
di lavoratori immigrati stabilendo, in particolare, quanto segue: "Chiunque,
nell’esercizio di un’attività di impresa…ha occupato, nei tre mesi
antecedenti la data di entrata in vigore del presente decreto, alle proprie
dipendenze lavoratori extracomunitari in posizione irregolare, puo’ denunciare,
entro la data dell’11 novembre 2002, la sussistenza del rapporto di lavoro alla
Prefettura ” Ufficio territoriale del Governo competente per territorio,
mediante la presentazione, a proprie spese, di apposita dichiarazione attraverso
gli uffici postali".
Tale
disposizione è stata introdotta con decreto-legge in via d’urgenza estendendo
la procedura di regolarizzazione (inizialmente prevista per il solo lavoro
domestico dall’art. 33 della legge 30 luglio 2002, n. 189) a tutti i tipi di
attività di lavoro dipendente. La data di entrata in vigore di entrambe le
normative risulta essere la stessa (10 settembre 2002), cosi’ come i requisiti
richiesti, rendendosi in tal modo omogenee le scadenze temporali e gli
adempimenti per le previste regolarizzazioni.
2. – La
Sezione VI di questo Consiglio ha proceduto all’esame dell’appello proposto dal
Ministero dell’interno avverso la sentenza del T.A.R. Veneto che aveva giudicato
illegittimo il decreto prefettizio di rigetto dell’istanza di regolarizzazione
del lavoratore extracomunitario interessato, in relazione al mancato svolgimento
dell’attività lavorativa nell’intero arco temporale del trimestre indicato
dalla norma di legge.
Pur
propendendo per una soluzione in senso contrario, la detta Sezione ha tuttavia
ritenuto opportuno deferire la soluzione della controversia all’Adunanza
Plenaria, avendo riscontrato orientamenti in senso diverso che emergono dalla
giurisprudenza ed, in particolare, da alcune decisioni in forma semplificata
della Sezione IV (nn. 5085 e 5088 del 14 luglio 2004; n. 1712 del 13 aprile
2005).
Nell’ordinanza di rimessione la Sezione VI ha espresso l’avviso che, in base al
tenore letterale della norma ed alle finalità specifiche della stessa, il
periodo di tre mesi indicato dalla legge, per consentire la regolarizzazione,
debba essere considerato come mero riferimento al lasso temporale nell’ambito
del quale il lavoro, di qualsiasi durata, sia stato effettivamente svolto,
ancorchè avviato dopo l’inizio del trimestre.
3. – Ritiene
l’Adunanza Plenaria che la tesi anzidetta non possa essere condivisa.
3.1 ” Deve
preliminarmente considerarsi che la surriportata norma dell’art. 1, comma 1, del
citato decreto-legge n. 195 del 2002 (cosi’ come quella analoga dell’art. 33
della legge n. 189 del 2002) recano disposizioni di carattere eccezionale, in
quanto volte a consentire una deroga alla normativa ordinaria concernente il
regime contingentato degli ingressi dei lavoratori extracomunitari, ai fini
della "legalizzazione" delle posizioni di lavoro irregolare, agevolando anche il
rilascio del permesso di soggiorno (di validità pari ad un anno, come indicato
dal successivo comma 4 dello stesso art. 1).
Ne consegue
che la norma in questione, in virtù dei criteri ermeneutici dettati dall’art.
14 delle "preleggi", non puo’ trovare applicazione oltre i casi ed i tempi in
essa considerati.
3.2. – Cio’
posto, il Collegio rileva che, pur se la norma si colloca in un quadro di
iniziative legislative (oltre al decreto-legge in discorso il già ricordato
art. 33 della legge n. 109 del 2002) propriamente finalizzate alla emersione di
tutti i lavoratori extracomunitari in qualsiasi modo già occupati con un
rapporto destinato a stabilizzarsi dopo il completamento della procedura di
regolarizzazione, resta comunque fermo che tale regolarizzazione, con i benefici
conseguenti, deve restare rigorosamente confinata nei limiti espressamente
fissati dalla legge. In altri termini, i benefici in questione non possono che
essere riservati soltanto ai lavoratori extracomunitari in possesso dei
requisiti normativamente previsti, tenuto altresi’ conto dell’esigenza di
evitare una disparità di trattamento tra i diversi soggetti interessati.
3.3. ” Tanto
premesso, per quanto riguarda la interpretazione letterale della norma, deve
convenirsi che il testo non appare del tutto univoco, indicando soltanto un arco
di tempo "nel" corso del quale deve essersi verificata la "occupazione" del
lavoratore extracomunitario, con una dizione che di per sè non impedirebbe la
possibilità di attribuire rilevanza determinante anche alla instaurazione del
rapporto in un qualsiasi momento del trimestre considerato, escludendosi,
quindi, la necessità di una prestazione lavorativa di carattere continuativo
per l’intero periodo di tre mesi.
Ma, a parte
che se il legislatore avesse voluto dettare una regola in tal senso avrebbe
presumibilmente usato il verbo "assumere" e non "occupare" (in quanto quest’ultimo
termine sembra postulare la continuità dell’impegno lavorativo), una simile
accezione della disposizione in parola risulterebbe in realtà incompatibile con
il sistema delineato dalle diverse disposizioni della normativa in questione,
oltrechè dalle finalità proprie della normativa stessa.
3.4. ” A tal
riguardo va in particolare ricordato l’argomento posto a base della
giurisprudenza che ritiene debba attribuirsi rilevanza soltanto ad una attività
lavorativa svolta per l’intero trimestre, facendo leva sulla previsione del
successivo comma 3, lettera b) del ripetuto art. 1 del decreto-legge n. 195 del
2002, relativa all’obbligo di allegare, alla dichiarazione del datore di lavoro,
un "attestato di pagamento di un contributo forfettario pari a 700 euro per
ciascun lavoratore".
Sottolinea
opportunamente, infatti, l’anzidetta giurisprudenza, che sarebbe illogico
ammettere la possibilità della regolarizzazione di prestazioni lavorative di