Libertà religiosa ed esposizione del Crocifisso nelle aule giudiziarie. Nessun conflutto di poteri – CORTE COSTITUZIONALE, Ordinanza n. 127 del 24/03/2006
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LIBERTA’ RELIGIOSA ” ESPOSIZIONE DEL CROCIFISSO
NELLE AULE GIUDIZIARIE ” CONFLITTO DI POTERI
E’ inammissibile il ricorso per conflitto
sollevato da un giudice del Tribunale di Camerino nei confronti del Ministro
della Giustizia in relazione alla esposizione obbligatoria dei crocifissi negli
uffici giudiziari.
La Corte ha ritenuto mancante – sia sotto il profilo soggettivo che sotto quello
oggettivo – la materia di un conflitto costituzionale di attribuzione. In primo
luogo ha ribadito che un organo giudiziario con funzioni giudicanti è, a causa
del carattere diffuso del potere cui appartiene, legittimato a proporre
conflitto tra poteri dello Stato, in quanto attualmente investito del processo,
in relazione al quale soltanto i singoli giudici si configurano come “organi
competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui
appartengono”, rilevando che, per ammissione dello stesso, il ricorrente non
esercitava le funzioni. In secondo luogo, ha ritenuto che il ricorso non
prospettava, in realtà, alcuna menomazione delle attribuzioni
costituzionalmente garantite agli appartenenti all’ordine giudiziario,
esprimendo solo il personale disagio di un “lavoratore dipendente del Ministro
di Giustizia” per lo stato dell’ambiente nel quale deve svolgere la sua
attività.
CORTE
COSTITUZIONALE, Ordinanza n. 127 del 24/03/2006
(Presidente A.
Marini – Relatore F. Bile)
RITENUTO
che ” con ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale di Camerino il 29
novembre 2005, trasmesso a questa Corte dal Presidente del Tribunale il giorno
successivo ” “Tosti Luigi, nella qualità di magistrato monocratico ordinario
con funzioni civili e penali (GIP, GUP supplente) presso il Tribunale di
Camerino”, ha proposto conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato nei
confronti del Ministro della giustizia e “in relazione alla esposizione
obbligatoria dei crocifissi negli uffici giudiziari”;
che il ricorrente premette di avere, il 31 ottobre 2003, chiesto con lettera al
Ministro la rimozione del simbolo religioso del crocifisso dalle aule
giudiziarie, disposta dal Ministro di grazia e giustizia con circolare del 29
maggio 1926, da considerare abrogata, ai sensi dell’art. 15 delle disposizioni
preliminari del codice civile, perchè incompatibile con i principi
costituzionali; di non aver ottenuto alcuna risposta; di avere allora proposto
ricorso al Tribunale amministrativo regionale delle Marche il 20 ottobre 2004,
“nella veste di lavoratore dipendente del Ministro di Giustizia” per ottenere la
rimozione del crocifisso dalle aule giudiziarie, precisando che, in caso
contrario, si sarebbe rifiutato di espletare le sue funzioni pubbliche per “libertà
di coscienza”; di avere ancora, il 1° maggio e il 15 novembre 2005, reiterato la
richiesta di rimozione al Ministro della giustizia, chiedendo in alternativa di
poter esporre la menorah, simbolo della religione ebraica cui aveva aderito; di
avere deciso, non avendo avuto risposta, di astenersi dalle udienze dal 9 maggio
2005; di avere infine il 15 novembre 2005 rinnovato le precedenti richieste,
preannunciando (ove non fossero state accolte) la proposizione di un ricorso per
conflitto di attribuzioni;
che, a sostegno delle ragioni del conflitto, il ricorrente ravvisa
nell’imposizione di esporre il crocifisso “un’illegittima invasione della sfera
di competenza del potere giurisdizionale da parte del potere amministrativo, dal
momento che l’art. 110 della Costituzione limita la competenza del Ministro di
Giustizia all’organizzazione e al funzionamento dei servizi relativi alla
giustizia, sicchè deve ritenersi inibita al Ministro l’imposizione di qualsiasi
simbolo che valga a connotare in modo partigiano e parziale l’esercizio dell’attività
giurisdizionale da parte dei giudici la quale per converso deve essere e
apparire imparziale, neutrale e equidistante nei confronti di qualsiasi credo o
non credo religioso ai sensi degli artt. 101, 102, 104, 97, 111, 3, 8 e 19 della
Costituzione, non potendo lo Stato (e quindi il potere giurisdizionale)
identificarsi in simboli religiosi di parte come il crocifisso, ma semmai in
simboli che identificano l’unità nazionale e il popolo italiano (art. 12 della
Costituzione)”;
che, ad avviso del ricorrente, il conflitto è ammissibile, ricorrendo sia i
requisiti soggettivi (poichè egli “riveste le funzioni (anche) di giudice
monocratico civile e penale presso il Tribunale di Camerino, sicchè gode di
assoluta indipendenza ed autonomia nell’ambito del più vasto “potere
giurisdizionale” cui appartiene”), sia quelli oggettivi (perchè il conflitto
concerne un atto amministrativo di natura regolamentare o, comunque, un
comportamento di “rifiuto” di rimozione dei crocifissi dalle aule giudiziarie),
mentre la violazione delle attribuzioni giurisdizionali trova fondamento nelle
norme costituzionali sopra richiamate.
CONSIDERATO
che in questa fase la Corte deve, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma,
della legge 11 marzo 1953, n. 87, deliberare preliminarmente, senza
contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile in quanto esista la materia di un
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato la cui risoluzione spetti alla
sua competenza, in riferimento ai requisiti soggettivi e oggettivi indicati nel
primo comma dello stesso art. 37;
che questa Corte ha già affermato ” in sede di prima valutazione di
ammissibilità ” che in tanto un organo giudiziario (con funzioni giudicanti,
come l’attuale ricorrente) è, a causa del carattere diffuso del potere cui
appartiene, legittimato a proporre conflitto tra poteri dello Stato, in quanto
“esso sia attualmente investito del processo, in relazione al quale soltanto i
singoli giudici si configurano come “organi competenti a dichiarare
definitivamente la volontà del potere cui appartengono”, ai sensi dell’art. 37,
primo comma” della legge citata (ordinanza n. 144 del 2000);
che nel ricorso, recante la data del 25 novembre 2005, il ricorrente ammette di
essersi astenuto dall’esercizio delle funzioni giurisdizionali fin dal 9 maggio
precedente;
che, inoltre, il ricorso per conflitto ” come risulta dalla sua complessiva
formulazione ” non prospetta in realtà alcuna menomazione delle attribuzioni
costituzionalmente garantite agli appartenenti all’ordine giudiziario, ma
esprime solo il personale disagio di un “lavoratore dipendente del Ministro di
Giustizia” per lo stato dell’ambiente nel quale deve svolgere la sua attività;
che pertanto ” mancando, sia sotto il profilo soggettivo che sotto quello
oggettivo, la materia di un conflitto costituzionale di attribuzione, la cui
risoluzione spetti alla competenza di questa Corte ” il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte Costituzionale
dichiara inammissibile, a norma dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
il conflitto di attribuzione proposto da “Tosti Luigi, nella qualità di
magistrato monocratico ordinario con funzioni civili e penali (GIP, GUP
supplente) presso il Tribunale di Camerino” nei confronti del Ministro della
giustizia, con l’atto introduttivo indicato in epigrafe.