Ravvicinamento delle legislazioni – marchio ingannevole – marchio avente ad oggetto il nome di uno stilista – cessione dell’impresa – Corte di giustizia delle Comunità europee, Sezione III, Sentenza del 30/03/2006
La Corte si è occupata di una questione
interpretativa riguardante la registrabilità di un marchio avente ad oggetto il
nome di una nota stilista inglese da parte della società che aveva acquistato
da quest’ultima la relativa impresa di produzione di abbigliamento. Le autorità
nazionali avevano rigettato la richiesta in quanto il pubblico sarebbe stato
vittima di inganno e confusione, circa la provenienza dei beni. La Corte ha
stabilito che la domanda di registrazione di un marchio che corrisponde al nome
del creatore e primo produttore dei beni recanti tale marchio non puo’,
unicamente a causa di tale caratteristica, essere respinta perchè esso
indurrebbe in inganno il pubblico, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. g), della
direttiva 89/104, quando l’avviamento connesso a tale marchio, precedentemente
registrato con una forma grafica differente, è stato ceduto unitamente
all’impresa che produce i beni contraddistinti dal suddetto marchio.
Corte di
giustizia delle Comunità europee, Sezione III, Sentenza del 30/03/2006
Nel procedimento C‑259/04,
Elizabeth Florence Emanuel
e
Continental Shelf 128 Ltd,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, e dai sigg. J. Malenovskà½,
J.‑P. Puissochet (relatore), A. Borg Barthet e U. Làµhmus, giudici,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Person Appointed by the
Lord Chancellor under Section 76 of The Trade Marks Act 1994 (Autorità
designata dal Lord Chancellor ” ossia, dal Ministro della Giustizia britannico –
ai sensi dell’art. 76 della legge britannica 1994, sui marchi; in prosieguo: l’
“Autorità designata”), in sede di impugnazione di un provvedimento del
Registrar of Trade Marks (conservatore del registro britannico dei marchi),
verte sull’interpretazione degli artt. 3, n. 1, lett. g), e 12, n. 2, lett. b),
della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L
40, pag. 1).
2 Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia sorta tra la
sig.ra Emanuel, stilista, e la società Continental Shelf 128 Ltd (in prosieguo:
la “CSL”). Tale controversia ha per oggetto due azioni proposte dalla sig.ra
Emanuel contro detta società, ossia, da un lato, un’opposizione alla
registrazione del marchio “ELIZABETH EMANUEL”, in lettere maiuscole (in
prosieguo: il “marchio “ELIZABETH EMANUEL””), per gli abiti prodotti dalla CSL,
e dall’altro, un’azione di decadenza del marchio “Elizabeth Emanuel”, in lettere
minuscole eccetto le iniziali, registrato nel 1997 da un’altra società che lo
ha successivamente ceduto alla CSL (in prosieguo: il “marchio “Elizabeth
Emanuel”” o il “marchio registrato”).
Contesto normativo
3 Ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva 89/104:
“Sono esclusi dalla registrazione, o, se registrati, possono essere dichiarati
nulli:
( )
g) i marchi di impresa che sono di natura tale da ingannare il pubblico, per
esempio circa la natura, la qualità o la provenienza geografica del prodotto o
del servizio;
( )”.
4 Ai sensi dell’art. 12, n. 2, della medesima direttiva:
“Il marchio di impresa è suscettibile ( ) di decadenza quando esso dopo la data
di registrazione:
( )
b) è idoneo a indurre in inganno il pubblico, in particolare circa la natura,
qualità o provenienza geografica dei ( ) prodotti o servizi [per i quali è
registrato], a causa dell’uso che ne viene fatto dal titolare del marchio di
impresa o con il suo consenso per i [suddetti] prodotti o servizi ( )”.
Causa principale e questioni pregiudiziali
5 La sig.ra Emanuel, rinomata stilista nel settore dei vestiti da matrimonio, ha
creato nel 1990 un’impresa denominata “Elizabeth Emanuel”.
6 Nel 1996, la sig.ra Emanuel ha costituito insieme alla società Hamlet
International Plc, la società Elizabeth Emanuel Plc (in prosieguo: la “EE Plc”),
alla quale la stessa sig.ra Emanuel ha ceduto la sua attività di creazione e
commercializzazione di vestiti, l’insieme delle attività dell’impresa compreso
l’avviamento, cosi’ come la domanda di registrazione del marchio “Elizabeth
Emanuel”, successivamente registrato nel 1997.
7 Nel mese di settembre del 1997, la EE Plc ha ceduto la propria azienda,
l’avviamento e il suddetto marchio registrato alla società Frostprint Ltd, la
quale ha immediatamente cambiato la propria denominazione sociale in Elizabeth
Emanuel International Ltd (in prosieguo: la “EE International”). La EE
International ha assunto come dipendente la sig.ra Emanuel, la quale ha lasciato
il proprio impiego un mese più tardi.
8 Nel mese di novembre del 1997, la EE International ha ceduto il marchio
registrato ad un’altra società, la Oakridge Trading Ltd (in prosieguo: la “Oakridge”).
In data 18 marzo 1998, la Oakridge ha presentato una domanda di registrazione
del marchio “ELIZABETH EMANUEL”.
9 Il 7 gennaio 1999, è stata proposta opposizione contro detta domanda di
registrazione. Il 9 settembre seguente è stata poi proposta una domanda di
decadenza contro il marchio registrato “Elizabeth Emanuel”.
10 Investito in primo grado delle azioni di opposizione e di decadenza, lo
Hearing Officer (il funzionario competente per siffatti ricorsi) le ha rigettate
con decisione 17 ottobre 2002, adducendo come motivazione che se il pubblico
fosse effettivamente stato vittima di inganno e confusione, cio’ sarebbe stato
lecito in quanto conseguenza inevitabile della cessione di un’impresa e di un
avviamento precedentemente gestiti con il nome del loro proprietario originale.
11 L’Autorità designata, adita con ricorso contro detta decisione, non ha
rinviato la questione dinanzi alla High Court of Justice (magistrato di secondo
grado di Inghilterra e del Galles) nonostante la richiesta in tal senso
presentata dalla CSL divenuta, in pendenza del procedimento, cessionaria del
marchio registrato e della domanda di registrazione del marchio “ELIZABETH
EMANUEL”, ai sensi dell’art. 76 del Trade Marks Act 1994 (legge 1994, sui marchi
d’impresa; in prosieguo: la “legge britannica sui marchi”), che prevede la
possibilità di un tale rinvio nel caso in cui l’Autorità designata ritenga che
la causa sollevi una questione giuridica d’importanza generale.
12 La discussione si è incentrata, come dinanzi allo Hearing Officer, sulla
questione se gli artt. 3, n. 1, lett. g), e 12, n. 2, lett. b), della direttiva
89/104 possano servire come fondamento per le azioni dirette contro la CSL.
13 Alla luce di cio’, l’Autorità designata ha deciso di sospendere il
procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
“1) Se un marchio sia di natura tale da indurre in inganno il pubblico e ne sia
pertanto vietata la registrazione ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. g), [della
direttiva 89/104] nelle seguenti circostanze:
” l’avviamento connesso al marchio è stato ceduto unitamente all’impresa che
produce i beni contraddistinti dal suddetto marchio;
” prima della cessione il marchio, per una significativa parte del pubblico di
riferimento, indicava che una particolare persona partecipava al disegno o alla
creazione dei prodotti in relazione ai quali tale marchio veniva usato;
” dopo la cessione, è stata presentata dal cessionario una domanda di
registrazione del marchio d’impresa; e
” all’epoca della domanda, una significativa parte del pubblico di riferimento
riteneva erroneamente che l’uso del marchio indicasse che quella particolare
persona partecipava ancora al disegno o alla creazione dei prodotti in relazione
ai quali il marchio veniva usato, e tale convinzione ha influito probabilmente
sulle scelte d’acquisto di tale parte del pubblico.
2) Se la risposta alla questione sub 1) non fosse incondizionatamente
affermativa, quali altri aspetti debbano essere presi in considerazione per
verificare se un marchio sia tale da indurre in inganno il pubblico e ne sia
pertanto vietata la registrazione ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. g) [della
direttiva 89/104], e, in particolare, se sia rilevante il fatto che è probabile
che il rischio di inganno diminuisca nel corso del tempo.
3) Se un marchio registrato sia idoneo ad indurre in inganno il pubblico in
seguito all’uso che ne sia stato fatto dal titolare o con il suo consenso e sia
quindi suscettibile di decadenza ai sensi dell’art. 12, n. 2, lett. b), [della
direttiva 89/104] nelle seguenti circostanze:
” il marchio registrato e l’avviamento ad esso connesso sono stati ceduti
unitamente all’impresa che produce i beni contraddistinti dal suddetto marchio;
” prima della cessione il marchio, per una significativa parte del pubblico di
riferimento, indicava che una particolare persona partecipava al disegno o alla
creazione dei prodotti in relazione ai quali esso veniva usato;
” dopo la cessione è stata presentata una domanda di decadenza del marchio
registrato; e
” all’epoca della domanda una significativa parte del pubblico di riferimento
riteneva erroneamente che l’uso del marchio indicasse che quella particolare
persona partecipava ancora al disegno o alla creazione dei prodotti in relazione
ai quali il marchio veniva usato, e tale convinzione ha influito probabilmente
sulle scelte d’acquisto di tale parte del pubblico.
4) Se la risposta alla questione sub 3) non fosse incondizionatamente
affermativa, quali altri aspetti debbano essere presi in considerazione per
verificare se un marchio registrato sia tale da indurre in inganno il pubblico
in seguito all’uso che ne sia stato fatto dal titolare o con il suo consenso e
se sia quindi suscettibile di decadenza ai sensi dell’art. 12, n. 2, lett. b),
[della direttiva 89/104] e, in particolare, se sia rilevante il fatto che è
probabile che il rischio di inganno diminuisca nel corso del tempo”.
Sulle osservazioni presentate a seguito delle conclusioni dell’avvocato generale
14 Con lettera del 22 febbraio 2006, la sig.ra Emanuel ha presentato alcune
osservazioni sulle conclusioni dell’avvocato generale. La sig.ra Emanuel ha
menzionato taluni errori che l’avvocato generale avrebbe commesso
nell’interpretazione, da un lato, degli artt. 3 e 12 della direttiva 89/104 e,
dall’altro, della giurisprudenza della Corte in casi precedenti.
15 Poichè nè lo Statuto della Corte di giustizia, nè il suo regolamento di
procedura prevedono la facoltà per le parti di presentare osservazioni in
risposta alle conclusioni presentate dall’avvocato generale (v. ordinanza 4
febbraio 2000, causa C-17/98, Emesa Sugar, Racc. pag. I‑665, punto 2), le
osservazioni della sig.ra Emanuel non possono essere accolte.
16 Tuttavia, la Corte puo’, d’ufficio o su proposta dell’avvocato generale,
ovvero su domanda delle parti, riaprire la fase orale del procedimento, ai sensi
dell’art. 61 del suo regolamento di procedura, qualora ritenga di non avere
sufficienti chiarimenti o che la causa debba essere decisa sulla base di un
argomento che non sia stato oggetto di discussione tra le parti (v. sentenze 19
febbraio 2002, causa C‑309/99, Wouters e a., Racc. pag. I-1577, punto 42,
nonchè 14 dicembre 2004, causa C‑434/02, Arnold Andrè, Racc. pag. I-11825,
punto 27, e causa C‑210/03, Swedish Match, Racc. pag. I‑11893, punto 25).
17 Nella fattispecie la Corte ritiene, tuttavia, che tutti gli elementi ad essa
necessari per risolvere le questioni proposte siano a sua disposizione. La Corte
ritiene pertanto che non occorra ordinare la riapertura della fase orale.
Sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali
18 Prima di rispondere alle questioni proposte, occorre esaminare se l’Autorità
designata debba essere considerata un giudice ai sensi dell’art. 234 CE.
19 Per valutare se un organo possegga le caratteristiche di un giudice ai sensi
di detta disposizione, questione rilevante solo ai fini del diritto comunitario,
la Corte tiene conto di un insieme di elementi quali il fondamento giuridico
dell’organo, il suo carattere permanente, l’efficacia vincolante delle sue
pronunce, la natura contraddittoria del procedimento, il fatto che l’organo
applichi norme giuridiche e che sia indipendente (v., in particolare, sentenze
30 giugno 1966, causa 61/65, Vaassen-Gà¶bbels, Racc. pag. 408, in particolare
pag. 424, 17 settembre 1997, causa C‑54/96, Dorsch Consult, Racc. pag. I‑4961,
punto 23, e 2 marzo 1999, causa C‑416/96, Nour Eddline El-Yassini, Racc. pag.
I‑1209, punto 17).
20 L’Autorità designata è stata istituita dalla legge britannica sui marchi.
21 Ai sensi degli artt. 76 e 77 di detta legge l’Autorità designata, nominata
dal Lord Chancellor dopo aver consultato il Lord Advocate [carica
dell’ordinamento scozzese, con funzioni paragonabili a quelle di un
sottosegretario alla Giustizia; N.d.T.], puo’ essere adita per ricorsi contro le
decisioni del Comptroller-General of Patents, Designs and Trade Marks
(denominato anche Registrar of Trade Marks). In Inghilterra e nel Galles, essa
condivide detta competenza con la High Court of Justice e, in Scozia, con la
Court of Session (magistratura con competenze civili, con sede in Edimburgo).
22 Spetta al ricorrente scegliere davanti a quale giudice introdurre il suo
ricorso. In certi casi, l’Autorità designata puo’ tuttavia decidere di rinviare
l’appello dinanzi alla High Court of Justice, segnatamente nel caso in cui
ritenga che la controversia sollevi una questione giuridica di importanza
generale.
23 L’Autorità designata è un organo permanente, che decide secondo diritto, in
applicazione della legge britannica sui marchi e secondo le norme di procedura
previste dagli artt. 63-65 del Trade Marks Rules 2000 (regolamento 2000, sui
procedimenti in materia di marchi). Il procedimento si svolge in
contraddittorio. Le decisioni dell’Autorità designata sono giuridicamente
vincolanti e, in linea di principio, hanno natura definitiva, a meno che esse
non siano eccezionalmente oggetto di un ricorso di legittimità (“judicial
review”).
24 Nell’esercizio del suo mandato l’Autorità designata gode delle medesime
prerogative di indipendenza dei giudici.
25 Risulta dall’insieme degli elementi che precedono che l’Autorità designata
deve essere considerata un giudice ai sensi dell’art. 234 CE e che le questioni
pregiudiziali sono quindi ricevibili.
Sulle prime due questioni
26 Con le sue due prime questioni, il giudice del rinvio chiede in sostanza di
conoscere a quali condizioni possa essere negata la registrazione di un