Vessatoria la clausola che prevede il pagamento del canone Telecom – GIUDICE DI PACE di Torre Annunziata, Sezione Civile, Sentenza del 14/11/2005
Un utente telefonico ha
chiesto ed ottenuto la condanna della Telecom Spa alla restituzione dei canoni
percepiti. L’attore sostiene che nessuna disposizione di legge prevede la
richiesta e la relativa corresponsione di somme a titolo di canone. Infatti, il
D.P.R n. 318/97 che impone alla società convenuta l’incarico di fornire il
servizio universale su tutto il territorio nazionale, sottolinea che il servizio
universale consiste nella fornitura di alcuni servizi, ma in essa non viene
nominato il canone di abbonamento ed aggiunge che a partire dal 1 gennaio 1998,
tale servizio puo’ essere erogato anche da altre società di telecomunicazioni.
La legge, dispone anche che qualora gli obblighi di fornitura del servizio
universale rappresentino un onere iniquo per l’organismo o per gli organismi
incaricati di fornire tale servizio, è previsto un organismo atto a ripartire
il costo dei suddetti obblighi con altri organismi che gestiscono reti pubbliche
di telecomunicazioni, con fornitori di servizi di telefonia vocale accessibili
al pubblico e con organismi che prestano srvizi di comunicazionbe mobili e
personali. Da questa disposizione si evince quindi, che gli utenti finali sono
sollevati dall’onere del pagamento del canone di abbonamento. Inoltre, il
giudice osserva che il contratto di utenza telefonica intervenuto tra le parti
è un contratto di adesione e che pertanto nessuna clausola contrattuale è
stata oggetto di contrattazione delle parti e che per tale motivo siamo in
presenza di una clausola vessatoria ai sensi dell’art.1469 bis c.c. Difatti, al
pagamento del canone non corrisponde nessun servizio erogato dalla convenuta,
venendosi in tal modo a creare uno squilibrio di obblighi e diritti derivanti
dal contratto fino all’ssurdo del pagamento del canone anche in un bimestre nel
quale non vi è stato alcun traffico telefonico.Quindi, la clausola contrattuale
che prevede il pagamento di un canone fisso, prescindendo dalla tariffa per il
servizio richiesto e del traffico effetivamente erogato è da considerarsi
ingiusta e di natura vessatoria e pertanto inefficace.
GIUDICE DI PACE di Torre
Annunziata, Sezione Civile, Sentenza del 14/11/2005
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Con citazione regolarmente notificata alla Telecom Italia S.p.A., in persona del
legale rapp.te p. t., l’attore, premesso:
– di essere cliente Telecom Italia S.p.A., con numero telefonico 0818594296;
– che paga regolarmente la bolletta telefonica che la Telecom Italia S.p.A. le
invia, a cadenza bimestrale, e che contiene anche il canone di abbonamento al
servizio di telefonia;
– che la normativa vigente non prevede, pero’, la richiesta di somme a titolo di
canone;
– che il contratto di abbonamento telefonico è un contratto di adesione e che
nessuna clausola contrattuale è stata oggetto di contrattazione tra le parti
che lo hanno stipulato;
– che la clausola che prevede il pagamento del canone avrebbe natura vessatoria,
in quanto produrrebbe uno squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti,
imponendo, cioè, all’utente non solo di pagare il corrispettivo dovuto per il
consumo, ma anche un quid pluris rispetto alla prestazione eseguita dalla
controparte e, percio’, andrebbe dichiarata inefficace, con conseguente diritto
dell’istante alla restituzione di quanto versato a tale titolo;
tanto premesso:
conveniva in giudizio le Telecom Italia S.p.A., in persona del legale rapp.te p.
t., onde sentirla condannare alla restituzione della somma di €. 486,66
incassata dalla convenuta come canone bimestrale dall’anno 2001 alla data della
citazione, oltre IVA, interessi e rivalutazione monetaria dalla domanda al
saldo, entro il limite di competenza di €. 1.033,00, spese, diritti e onorari di
giudizio da attribuire al procuratore antistatario.
Si costituiva le Telecom Italia S.p.A., che resisteva alla domanda, con
eccezioni di rito, chiedendone il rigetto.
In particolare eccepiva in via preliminare l’improponibilità della domanda per
incompetenza per valore del giudice adito e per omesso tentativo obbligatorio di
conciliazione dinanzi agli organi preposti. Nel merito ribadiva la legittimità
del canone e delle clausole contrattuali vigenti.
Nel corso del giudizio le parti costituite ribadivano e puntualizzavano le
rispettive posizioni, veniva esibita documentazione, sino all’udienza di
precisazione delle conclusioni, dopo di che la causa veniva spedita a sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La legittimazione attiva risulta provata con la documentazione versata in atti
(copia fatture) e non è contestata.
In riferimento alla legittimazione passiva, va rilevato che le Telecom Italia
S.p.A. non l’ha mai contestata.
In riferimento alla sollevata eccezione di incompetenza per valore del giudice
adito, a favore del Tribunale, poichè la richiesta attorea di dichiarare
inefficace, perchè vessatoria, la clausola del contratto di abbonamento
telefonico che prevede il pagamento del canone avrebbe valore indeterminato, il
giudicante osserva che la stessa va disattesa.
Difatti il criterio fondamentale per la determinazione del valore è enunciato
nel comma 1 dell’art. 10 c.p.c.: il valore della causa, ai fini della
competenza, si determina dalla domanda. Non è rilevante cio’ che il giudice
accerterà sul piano del diritto sostanziale, ma è rilevante cio’ che è stato
domandato, e cio’ in armonia anche con l’indirizzo giurisprudenziale della S.C.,
qui condiviso: ” Ai fini della determinazione della competenza per valore nelle
cause per pagamento di somme di danaro, deve aversi riguardo a quanto in
concreto richiesto dall’attore (nella specie, rata di finanziamento), e non
all’oggetto dell’accertamento che il giudice deve compiere quale antecedente
logico per decidere del fondamento della domanda” (Cassazione civile, sez. III,
2 aprile 2002, n. 4638, Doc. TV Libera Lombarda c. Soc. Logos fin., in Giust.
civ. Mass. 2002, 562 e, da ultimo, Cassazione civile, sez. lav., 14 maggio 2004,
n. 9251, Min. fin. c. Porcelli, in Giust. civ. Mass. 2004, f. 5).
Pertanto l’eccezione va rigettata.
Per quanto riguarda l’altra eccezione sollevata dal procuratore della Telecom
Italia S.p.A., relativa all’omesso tentativo obbligatorio di conciliazione,
ritiene il giudicante che detto tentativo obbligatorio di conciliazione di cui
all’art. 3, deve intendersi obbligatorio soltanto rispetto al particolare
procedimento coltivato dall’utente innanzi all’Autorità di Garanzia (per il
quale esso costituisce condizione di proponibilità), ma non condiziona
l’eventuale azione giudiziaria che il privato intenda promuovere avanti l’A.G.O.
nei confronti del gestore di telefonia, essendo soltanto preclusa, per il
privato stesso, la possibilità di adire il giudice ordinario sino a che non sia
concluso il tentativo di conciliazione precedentemente promosso avanti il
Garante delle Comunicazioni.
Pertanto, alla luce di siffatte considerazioni anche questa seconda eccezione
sollevata dai procuratori della Telecom Italia S.p.A. viene rigettata.
Va, inoltre, affermato che la presente controversia verrà decisa secondo
diritto, ai sensi del rinnovato art. 113 c.p.c., cosi’ come innovato dalla L.
7.04.2003 n. 63 che ha convertito con modifiche il D.L. 8.02.2003 n. 18, poichè
il presente giudizio è stato introdotto in data successiva al 10.02.2003.
Nel merito, la domanda è fondata e va, pertanto, accolta.
L’attore ha affermato che nessuna disposizione di legge prevede la richiesta e
relativa corresponsione di somme a titolo di canone. La convenuta Telecom, per
giustificare la pretesa del canone di abbonamento si riporta al disposto
dell’art. 3 D.P.R. n. 318/97 che impone a detta società l’incarico di fornire
il servizio universale su tutto il territorio nazionale.
Da un attento esame della suindicata norma, comma 1, si evince che il servizio
universale consiste nella fornitura di alcuni servizi, ma in essa norma non
viene nominato il canone di abbonamento. Il comma 4 della suddetta norma
attribuisce il servizio alla società Telecom s.p.a. ed aggiunge: “A partire dal
1 gennaio 1998, possono essere incaricati della fornitura del servizio
universale anche altri organismi di telecomunicazioni che, nel rispetto delle
condizioni previste dal presente regolamento ed in particolare dall’art. 6,
comma 7, sono in grado di garantire la fornitura dei servizi di cui al comma 1
su tutto il territorio nazionale o su parte di esso a condizioni economiche
accessibili a tutti e non discriminatorie rispetto alla localizzazione
geografica dell’utente”.
Dette norme precisano che cosa si intende per servizio universale e che detto
servizio viene effettuato dalla Telecom, ma dal 1 gennaio 1998, potrebbe essere
espletato anche da altre società di telecomunicazioni. E’ pur vero che il
servizio universale dà origine a dei costi che vengono sopportati dalla
società Telecom ma proprio per questo motivo il legislatore ha stabilito un
meccanismo di aggiustamento che non deve essere pero’ sopportato dall’utente.
Il legislatore ha affermato che qualora, in base alle disposizioni del presente
articolo, gli obblighi di fornitura del servizio universale rappresentino un
onere iniquo per l’organismo o gli organismi incaricati di fornire il servizio
universale, è previsto un meccanismo atto a ripartire il costo dei suddetti
obblighi con altri organismi che gestiscono reti pubbliche di telecomunicazioni,
con fornitori di servizi di telefonia vocale accessibili al pubblico e con
organismi che prestano servizi di comunicazione mobili e personali (comma 6).
Quindi l’onere del servizio universale per quanto sopra, deve essere sopportato
solo ed esclusivamente, cosi’ come dice il legislatore: a) dagli operatori che
gestiscono reti pubbliche di telecomunicazioni; b) dai fornitori di servizi di
telefonia vocale accessibili al pubblico; c) dagli organismi che prestano
servizi di comunicazione mobili e personali.
Da cio’ si evince che gli utenti finali sono esclusi dall’onere di costi
aggiuntivi, compreso il pagamento del canone di abbonamento richiesto dalla
Telecom.
E la clausola contrattuale che impone il pagamento del canone all’utente?
Il giudicante osserva che il contratto di utenza telefonica intervenuto tra le
parti è un contratto di adesione, e cio’ significa che nessuna clausola
contrattuale è stata oggetto di contrattazione delle parti che lo hanno
stipulato. Atteso che il contratto di abbonamento telefonico è un contratto di
adesione, necessita verificare la eventuale vessatorietà della clausola che
prevede il pagamento del canone di abbonamento, facendo riferimento all’art.
1469 bis c.c. Di certo la clausola predisposta solo dalla Telecom produce uno
squilibro dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. Al pagamento del
canone non corrisponde nessun servizio erogato dalla convenuta, producendo uno
squilibrio degli obblighi che derivano dal contratto, giungendo all’assurdo
pagamento del canone anche in un bimestre nel quale non vi sia stato alcun
traffico telefonico. E’ inammissibile la clausola contenente il pagamento di
canone di abbonamento, tale clausola è inefficace, e se viene prevista in
contratto è da considerarsi clausola vessatoria.
La clausola contrattuale che prevede il pagamento di un canone fisso,
prescindendo dalla tariffa per il servizio richiesto e dal traffico
effettivamente erogato è da considerarsi ingiusta e di natura vessatoria (art.
1469 bis c.c.) e se ne dichiara l’inefficacia; di conseguenza la richiesta di
pagamento del canone di abbonamento che prescinde da un effettivo servizio
erogato dalla convenuta è inammissibile, per cui la Telecom è tenuta a
restituire all’utente quanto percepito a tale titolo.
Pertanto, alla luce di tali considerazioni a questo Giudice appare che l’attore
abbia diritto a ripetere quanto indebitamente versato con conseguente condanna
della Telecom Italia S.p.A. alla restituzione di quanto in dispositivo.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo, tenendo
conto della natura della causa, dell’attività prestata, della caratteristica
della novità delle questioni coinvolte, adeguandole ai parametri della tariffa
professionale, valori medi, dello scaglione fino a €. 600,00 applicando le nuove
Tariffe Forensi in vigore dal 02.06.2004 (Decreto Ministero della Giustizia del
08.04.2004 n. 127).
P. Q. M.
Il Giudice di Pace di Torre Annunziata, definitivamente pronunziando sulla
domanda in esame proposta da Pagano Violante, ogni altra eccezione, deduzione,
richiesta, conclusione e difesa respinta, cosi’ provvede:
a) accoglie la domanda e, per l’effetto, condanna la convenuta Telecom Italia
S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, a versare a Pagano
Violante, la somma di €. 486,66 oltre interessi legali a decorrere dalla domanda
al saldo;
b) condanna la convenuta Telecom Italia S.p.A., in persona del legale
rappresentante pro tempore, al pagamento delle spese di giudizio in favore
dell’attore che, in mancanza di nota spese, liquida nella somma complessiva di
€. 370,00 ivi compresi €. 200,00 per diritti, €. 140,00 per onorario, €. 30,00
per spese, oltre IVA e CPA come per legge, oltre il 12,5% per spese forfetarie
generali su diritti e onorari, attribuendole all’avv. Angelantonio Delle Donne e
alla dott.ssa Patrizia Buono, procuratori dell’attore, per dichiarata
anticipazione.
Cosi’ deciso, in Torre Annunziata, il 14 novembre 2005.