Penale

Violenza negli stadi. L’annullamento per vizio di motivazione dell’ordinanza di convalida dell’obbligo di comparizione periodica non comporta l’inefficacia del provvedimento – CASSAZIONE PENALE, Sezioni Unite, Sentenza n. 4443 del 03/02

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SICUREZZA PUBBLICA – MANIFESTAZIONI SPORTIVE –
COMPARIZIONE PERIODICA ALLA POLIZIA – CONVALIDA – VIZIO DI MOTIVAZIONE –
ANNULLAMENTO CON RINVIO – PERDITA DI EFFICACIA DELLE PRESCRIZIONI IMPOSTE ”
ESCLUSIONE

In tema di misure volte a prevenire i fenomeni
di violenza in occasione di manifestazioni sportive, l’annullamento per vizio di
motivazione dell’ordinanza di convalida della prescrizione del questore di
comparizione periodica alla polizia, non mettendo in discussione la ritualità
della procedura di convalida e l’esistenza dei presupposti per il legittimo
passaggio all’esame del merito della stessa misura di prevenzione, deve essere
disposto con rinvio per una nuova deliberazione, senza che ne consegua
l’inefficacia del provvedimento oggetto della convalida (fattispecie nella quale
la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza di convalida recante la seguente
motivazione: “ritenuto che sussistono i presupposti indicati di cui al 1 comma
dell’art. 6 legge 13/12/1989 n. 401 per l’emissione dell’ordinanza da parte del
Questore”)

 


CASSAZIONE
PENALE, Sezioni Unite, Sentenza n. 4443 del 03/02/2006

(Presidente
N. Marvulli, Relatore A. Cortese)


 

FATTO

Con provvedimento del 26 gennaio 2005, emesso ai sensi dell’art. 6 comma 2 legge
13 dicembre 1989 n. 401, e notificato all’interessato il successivo 2 febbraio,
alle ore 18.20, il Questore di Bolzano disponeva nei confronti di S. M. il
divieto di assistere, per la durata di un anno, agli incontri sportivi della HC
Milano e della HC Bolzano, nonchè di accedere a tutti gli impianti sportivi del
territorio nazionale, ospitanti le suddette squadre di hockey, compresi i luoghi
interessati alla sosta, transito e trasporto dei partecipanti o assistenti alle
competizioni medesime. Con lo stesso provvedimento era prescritto allo S.M. di
presentarsi presso la Stazione dei Carabinieri di Meda mezz’ora prima
dell’inizio delle partite di campionato – in sede o in trasferta – delle
suddette squadre, ovvero mezz’ora dopo l’inizio degli incontri in caso di orario
posticipato o anticipato o di partita agonistica fuori campionato.

Il provvedimento veniva adottato dopo che il predetto era stato segnalato dalla
P.S. quale autore di episodi di violenza verificatesi nel corso dell’incontro di
hockey tra HC Bolzano e HC Milano il 4 gennaio 2005 presso il locale palazzo del
ghiaccio. Lo S.M. veniva descritto dal Questore come “elemento pericoloso” per
l’ordine e la pubblica sicurezza in occasione di manifestazioni sportive, in
quanto a seguito dei suddetti episodi non si era dissociato dalle azioni
violente del gruppo, ma incitava con grida e gesta i facinorosi agli scontri con
l’opposta tifoseria.

In data 5 febbraio 2005, il Gip del Tribunale di Bolzano, su richiesta del P.M.
del 4 febbraio, convalidava il provvedimento del Questore, cosi’ motivando:
“ritenuto che sussistono i presupposti indicati di cui al 1 comma dell’art. 6
legge 13/12/1989 n. 401 per l’emissione dell’ordinanza da parte del Questore”.

In data 16 febbraio era notificato all’interessato il provvedimento di
convalida.

Avverso l’ordinanza di convalida del Gip, con atto depositato il 23 febbraio
2005 presso la cancelleria del Tribunale di Udine, ricorreva per cassazione
l’avv. R. Bussinello del foro di Verona, difensore di fiducia di S.M.,
deducendo:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 6 comma 3 l. 13 dicembre 1989 n.
401 e succ. modd., sotto i profili del difetto di motivazione del decreto del
P.M. contenente la richiesta di convalida del provvedimento del questore e del
rispetto dei termini prescritti;

2) difetto o mancanza di motivazione della convalida del Gip in ordine ai
presupposti prescritti e alla pericolosità del soggetto interessato;

3) difetto di motivazione in ordine alle ragioni di necessità ed urgenza che
giustificano l’adozione della misura;

Cio’ premesso, il ricorrente chiedeva l’annullamento con ogni conseguenza di
legge dell’ordinanza gravata.

La terza Sezione, assegnataria del ricorso, con ordinanza pronunciata
all’udienza camerale del 4 luglio 2005, ne rimetteva la decisione alle Sezioni
Unite penali.

La Corte osservava preliminarmente come tutti i ricorsi presentati si
presentassero fondati prima facie limitatamente alle carenze motivazionali dei
singoli provvedimenti di convalida, non contenendo questi ultimi alcuna
valutazione, neppure generica, in ordine ai presupposti soggettivi ed oggettivi
richiesti dalla legge per l’imposizione dell’obbligo di cui al secondo comma
dell’art. 6 della l. 401/1989. Richiamava a tal riguardo gli arresti
giurisprudenziali formatisi in ordine alla necessità di un’adeguata verifica
dei presupposti giustificativi dell’atto, ovvero delle ragioni di necessità e
di urgenza, della pericolosità concreta ed attuale del soggetto, dell’attribuibilità
al medesimo delle condotte addebitate e della loro riconducibilità alle ipotesi
previste dalla norma, (tutti presupposti indicati da Sez. Un. 27/10/2004, dep.
12/11/2004, n. 44273, ric. Labbia).

La stessa Corte, peraltro, osservava che l’annullamento del provvedimento, a
causa della strutturale carenza motivazionale, poneva il giudice di legittimità
di fronte ad un’opzione circa la tipologia della relativa pronuncia –
annullamento “con” o “senza” rinvio – in merito alla quale erano state adottate
da parte della Corte Suprema divergenti soluzioni interpretative.

Il Collegio riteneva quindi opportuno investire della questione le Sezioni
Unite.

Con decreto del 28 luglio 2005 il Primo Presidente assegnava i citati ricorsi
alle Sezioni Unite, fissandone la trattazione all’udienza camerale del 29
novembre 2005.

DIRITTO

Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di violazione e falsa
applicazione dell’art. 6 comma 3 l. 13 dicembre 1989 n. 401 e succ. modd., sotto
i profili del difetto di motivazione del decreto del P.M. contenente la
richiesta di convalida del provvedimento del questore e del rispetto dei termini
prescritti.

Per quanto concerne l’eccezione di invalidità della richiesta del P.M. per
difetto di motivazione, si osserva che la stessa è sollevata in modo generico e
ipotetico, in quanto si ammette nel ricorso la non cognizione del decreto del
P.M.

Nella ratio della norma decadenziale in esame, peraltro, è evidente lo scarso
rilievo che assume la motivazione (solo incidentalmente prevista) del
provvedimento di richiesta del P.M., che è un mero atto di impulso, inteso a
innescare, con le scansioni perentorie prescritte, il pronto e completo
controllo del giudice sulla sussistenza dei presupposti per la limitazione della
libertà personale del destinatario del provvedimento del Questore.

Il P.M., in definitiva, non deve far altro che svolgere una sommaria delibazione
sulla sussistenza di tali presupposti, al solo fine di verificare se inoltrare o
no la richiesta di convalida al giudice. Dal suo decreto deve pertanto
semplicemente risultare che tale delibazione è stata effettuata, e tanto è
dato riscontrare in atti con riferimento al caso di specie.

In relazione al mancato rispetto dei termini prescritti, la relativa eccezione,
in relazione al termine per l’adozione del provvedimento di convalida da parte
del GIP, è nel ricorso meramente enunciata ma non riceve alcuno sviluppo. E, in
effetti, nella specie, non vi è alcuna incertezza sul rispetto del termine di
legge, posto che la convalida risulta emessa il giorno successivo alla richiesta
del P.M. e, quindi, sicuramente entro il prescritto termine di 48 ore.

Circa il termine di 48 ore dalla notifica del provvedimento questorile, previsto
per la presentazione della richiesta del P.M., il ricorrente rileva che non vi
è certezza sul suo rispetto, considerato che la notifica avvenne il 02.02.2005
alle ore 18,20 e la richiesta risulta presentata il 04.02.2005 in ora non
conosciuta.

In argomento la giurisprudenza ha affermato:

— da un lato, che l’intempestività della richiesta del P.M. e della convalida
del giudice non puo’ presumersi per la sola circostanza che tali atti, pur
regolarmente datati, non contengano l’indicazione dell’ora in cui sono stati
assunti (Cass. Sez.. I, 7/11/2003, n. 46250, Capecchi);

— dall’altro, che l’assoluta incertezza sulla tempestività della convalida ne
verrebbe ad inficiare ab origine la legittimità, in applicazione analogica del
principio del “favor rei”, (Cass. Sez. III, 4/12/2001, ric. Chiorino; Sez. I,
28/4/1999, n. 3282, ric. Para ed altri).

Ora, benchè nella specie non si rinvengano in atti elementi che consentano di
accertare con esattezza l’ora di presentazione della richiesta del P.M., puo’
attendibilmente ritenersi che il termine di 48 ore prescritto dalla legge sia
stato rispettato. In tal senso, invero, depongono sia la circostanza che, per
essere tardiva, la richiesta del P.M. avrebbe dovuto essere presentata fuori
dell’orario di ufficio della cancelleria (e cioè dopo le ore 18,20 del
04.02.2005), sia la specifica attestazione del GIP circa il rispetto dei
“termini dettati dall’art. 6 comma 3” della L. 401/1989.

Sgombrato il campo dalle eccezioni preliminari, esaminiamo ora i rilievi
attinenti al provvedimento del GIP.

Al riguardo il ricorrente lamenta la carenza di motivazione dell’ordinanza di
convalida, in ordine alla verifica dei presupposti (ivi compresi quelli della
pericolosità del soggetto interessato e delle ragioni di necessità ed urgenza)
richiesti per l’applicazione della misura.

Le censure appaiono fondate.

L’ordinanza impugnata, invero, reca la seguente motivazione: “ritenuto che
sussistono i presupposti indicati di cui al 1 comma dell’art. 6 legge 13/12/1989
n. 401 per l’emissione dell’ordinanza da parte del Questore”.

Tale motivazione è sicuramente carente rispetto a quanto imposto dalla “ratio”
e dallo scopo dell’intervento giurisdizionale in questione, cosi’ come
definitivamente puntualizzati dalla giurisprudenza costituzionale e di
legittimità.

Il Giudice delle leggi ha avuto modo di qualificare la misura prevista dal comma
2 dell’art. 6 L. 301/1989 come un provvedimento di tipo preventivo “idoneo ad
incidere sulla libertà personale del soggetto tenuto a comparire, facendola
pertanto rientrare a pieno titolo nelle previsioni dell’art. 13 della
Costituzione (sentenza n. 193 del 1996).

Nel sottolineare (nella sentenza n. 143 del 1996) la sostanziale analogia fra la
procedura prescelta dal legislatore per disciplinare le modalità della
convalida della misura prevista dall’art. 6 comma 2 l. cit. e quella prevista
dall’artt. 390 c.p.p. per la convalida dell’arresto o del fermo, la stessa Corte
ha precisato che il giudizio di convalida effettuato dal giudice per le indagini
preliminari deve presentare le seguenti caratteristiche: deve concretarsi in un
controllo pieno, ovvero tale da coinvolgere la personalità del destinatario, le
modalità di applicazione (sentenza n. 143 cit.), la ragionevolezza ed "esigibilità"
della misura (sentenza n. 136 del 1998), e deve svolgersi nel rispetto delle
garanzie della difesa (sentenza n. 144 del 1997).

Le Sezioni unite di questa Corte, con la sentenza 27/10/2004, n. 44273, ric.
Labbia, nel comporre il contrasto che si era profilato in giurisprudenza in
ordine ai limiti del controllo devoluto al giudice della convalida del
provvedimento adottato dal questore (era in particolare controverso se tale
controllo dovesse estendersi o meno alla verifica della pericolosità del
soggetto interessato), hanno fatto proprie le indicazioni ermeneutiche del
Giudice delle leggi (sent. n. 136 del 1998 cit. e sent. n. 512 del 2002),
assegnando al controllo del giudice carattere “pieno”, ossia esteso alla
verifica in concreto, anche sotto il profilo della sufficienza indiziaria,
dell’esistenza dei presupposti richiesti dalla legge. Secondo la ricostruzione
della S.C., la prescrizione imposta dal Questore ai sensi dell’art. 6, comma 2
l. 401/1989 deve qualificarsi come “misura di prevenzione” (diretta in
particolare ad evitare la consumazione di reati attinenti alla tutela
dell’ordine pubblico in occasione di manifestazioni di carattere sportivo da
parte di soggetti che, per precedenti condotte, siano ritenuti socialmente
pericolosi), che – come tutti i provvedimenti provvisori restrittivi della
libertà che l’autorità di polizia puo’ adottare a norma dell’art. 13, terzo
comma, Cost. – deve avere natura necessariamente “servente” rispetto
all’intervento di competenza dell’autorità giudiziaria, da identificarsi nel
controllo di legalità devoluto al giudice della convalida. In tale
ricostruzione, solo l’atto motivato dell’autorità giudiziaria viene a
costituire il provvedimento idoneo a incidere definitivamente sulla posizione
soggettiva della persona, mentre quello dell’autorità di polizia, in quanto
servente, non puo’ che avere “effetti anticipatori e preparatori”.

La convalida, quindi, non puo’ che rivestire la natura di “pieno controllo di
legalità sull’esistenza dei presupposti legittimanti l’adozione del
provvedimento da parte dell’autorità amministrativa, compresi quelli che la
natura di misura di prevenzione richiede”, non differenziandosi, nella sostanza,
da quello previsto per altri provvedimenti provvisori attribuiti alla competenza
dell’autorità amministrativa (quale in particolare quello avente ad oggetto
l’arresto operato dalla polizia).

I presupposti legittimanti l’adozione del provvedimento del questore, sulla cui
sussistenza deve esplicarsi il controllo giudiziale sono stati dalla S.C.
individuati segnatamente: nel “fumus” di attribuibilità delle condotte alla
persona sottoposta alla misura; nella riconducibilità di tali condotte alle
ipotesi previste dalla norma; nelle ragioni di “necessità ed urgenza” che hanno
indotto il questore ad adottare il provvedimento; nella valutazione di
sussistenza della pericolosità del soggetto cui è applicata la misura (il
giudice della convalida dovrà in particolare verificare se i fatti indicati dal
questore possano costituire indice sicuro dell

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