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Sanzionabile l’avvocato che usa frasi sconvenienti – CASSAZIONE CIVILE, Sezioni Unite, Sentenza n. 138 del 10/01/2006

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Sanzionabile con un avvertimento l’avvocato che manca di rispetto ad una
impiegata usando espressioni sconvenienti. Le Sezioni Unite Civili della Corte
di Cassazione hanno infatti confermato la sanzione disciplinare inflitta dal
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati a carico di un avvocato del foro di
Caltagirone che, rivolgendosi ad una dipendente del Consiglio dell’Ordine
intenta a fare fotocopie, pretendeva di avere la precedenza, usando le seguenti
espressioni: "Lei non sa chi sono io…Qui è diventato tutto un mercato…Una
volta si diceva: prego, avvocato, si accomodi…".
Secondo la Suprema Corte tali espressioni, ritenute "sconvenienti" a seguito
della denuncia della dottoressa, giustificano la sanzione disciplinare
dell’avvertimento, che infatti era stata confermata anche dal Consiglio
Nazionale Forense.

 


CASSAZIONE
CIVILE, Sezioni Unite, Sentenza n. 138 del 10/01/2006

 (Presidente:
G. Prestipino; Relatore: L.F. Di Nanni)

SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO

Il Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati preso il Tribunale di Caltagirone, ricevuto un
esposto contro il proprio iscritto avvocato N. V., delibero’ l’apertura di un
procedimento disciplinare a carico dell’avvocato V., al quale contesto’ la
violazione dell’art. 5 comma primo e n. 2 del codice deontologico forense
perchè in data 18 settembre 1998 ( ), rivolgendosi alla dott. C. P., inveniva
contro la dott. C. R. intenta a farsi fare delle fotocopie privandola del titolo
di dottoressa ed usando nei confronti della stessa le seguenti espressioni
sconvenienti ed offensive: Chi è questa deficiente? ( ) si deve mettere da
parte per darmi la precedenza. Lei non sa chi sono io? Si informi! Certa gente
che non sa nemmeno leggere e scrivere ed entra qui; qui è diventato un mercato.
Lei non ha educazione, una volta ridiceva: prego avvocato si accomodi ed ora è
diventato un mercato. Si giri dalla parte del muro che le fa più onore.

Compiuta
l’istruttoria, all’avvocato V. è stata irrogata la sanzione disciplinare
dell’avvertimento.

L’avvocato N.
V. ha impugnato la decisione davanti al Consiglio nazionale forense, dolendosi
dei seguenti fatti: l’esposto presentato contro di lui non gli era stato
comunicato; la prima convocazione davanti al Consiglio dell’ordine non conteneva
la sommaria enunciazione dei fatti; l’incolpazione contestata era difforme da
quella deliberata; l’atto di citazione per il giudizio non indicava il
nominativo del relatore; la contestazione non conteneva l’indicazione del codice
deontologico; la relazione dei fatti nell’udienza in cui era stata deliberata la
sanzione era stata svolta da un consigliere non delegato; alla deliberazione
della sanzione avevano partecipato consiglieri già intervenuti nella fase
predibattimentale; la decisione non era stata redatta dal consigliere relatore;
i sottoscrittori della decisione (presidente e segretario) non si erano
dichiarati estensori; negli atti non erano indicati i termini prescritti
dall’art. 38 della legge professionale.

Il Consiglio
Nazionale Forense, rilevato che alcuna delle censure costituiva violazione di
norme procedimentali, con deliberazione del 21 marzo 2005, ha rigettato
l’impugnazione.

L’avvocato N.
V. ha proposto ricorso per cassazione ed ha depositato memoria.

Gli intimati,
Consiglio dell’Ordine di Caltagirone, Procuratore generale presso la Corte di
Cassazione e Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Caltagirone, no
hanno svolto attività difensiva.


MOTIVI DELLA
DECISIONE

Il ricorso,
articolato in cinque motivi, è rigettato in base alle considerazioni di seguito
esposte.

Con il primo
motivo, l’avvocato V. si riferisce ai motivi di appello con i quali aveva
denunciato; che alla deliberazione della sanzione avevano partecipato componenti
del Consiglio dell’ordine già intervenuti nella fase predibattimentale; che l’incolpazione
era stata più volte mutata nel tempo; che il Consiglio dell’ordine gli aveva
comunicato con ritardo l’esposto presentato contro di lui.

Il Consiglio
Nazionale Forense ha dichiarato: che non ricorreva alcuna incompatibilità nella
fase decisionale per i consiglieri che avevano svolto attività nella fase
preliminare del procedimento disciplinare.

Il ricorrente
sostiene che la censura da lui sollevata è stata rigettata senza motivazione e
che i mutamenti della contestazione gli avevano impedito di svolgere
compiutamente le sue difese.

Il motivo non
è fondato.

L’art. 56,
terzo comma, del r.d.l. 27 nov. 1933, n. 1578, come modificato dalla legge 15
nov. 1973 n. 304, consente l’impugnazione davanti alla Corte di cassazione a
sezioni unite delle decisioni adottate in materia disciplinare dal Consiglio
Nazionale Forense per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge.

Ne deriva,
secondo consolidata giurisprudenza di queste sezioni unite, che l’accertamento
dei fatti, l’apprezzamento della loro rilevanza rispetto alle incolpazione
formulate e la scelta della sanzione appartengono all’esclusiva competenza degli
organi disciplinari forensi, le cui determinazioni sfuggono al controllo di
legittimità.

Il vizio di
motivazione, in particolare, ricorre soltanto quando la motivazione manchi o non
possa essere logicamente ricostruibile o ancora sia priva di congruenza logica
rispetto ai fatti accertati dal giudice, quali risultano dalla decisione
impugnata: sentenze, 11 mar. 2002 n. 3529 e 2 apr. 2003, n. 5075, tra le tante.

La
giustificazione, che non sussiste alcuna incompatibilità nella fase decisionale
per i consiglieri che hanno svolto attività nella fase preliminare del
procedimento disciplinare, come si legge nella decisione impugnata, è
motivazione sufficiente a sorreggere il giudizio di infondatezza dell’eccezione
di incompatibilità, poichè la motivazione, implicitamente, sa nella mancanza
di norme specifiche in contrario e non in una valutazione di fatti.

A queste
considerazioni si aggiunga la natura amministrativa dei procedimenti che si
svolgono davanti ai consigli dell’ordine degli avvocati, la quale non consente
l’applicazione delle disposizioni proprie dei procedimenti che si svolgono
davanti agli organi della giustizia ordinaria o amministrativa in tema di
incompatibilità.

Il denunciato
mutamento delle contestazioni, che non avrebbero consentito all’interessato di
svolgere le sue difese, in osservanza del principio di autosufficienza dell’atto
di impugnazione, doveva essere specificato nel ricorso per cassazione nei
termini nei quali si era realizzato, per consentire a questa Corte la verifica
dell’avvenuta violazione del diritto di difesa.

Di queste
specificazioni non v’è traccia nel ricorso.

Il Consiglio
Nazionale Forense, infine, ha dato atto che all’avvocato V. fu data tempestiva
comunicazione della presentazione dell’esposto contro di lui.

Con il
secondo motivo l’avvocato V. si riferisce ai punti della decisione in cui il
Consiglio Nazionale Forense ha ricostruito i fatti.

Con questo
motivo puo’ essere esaminata anche la censura contenuta nel quinto motivo, con
il quale l’avvocato V. torna nuovamente sulla ricostruzione dei fatti.

Il
ricorrente, in entrambi i casi, sostanzialmente, sostiene che questi non sono
stati valutati correttamente.

La censura è
inammissibile.

Esaminando il
precedente terzo motivo sono stati già indicati i limiti entro i quali puo’
essere denunciata la ricostruzione dei fatti.

Le
considerazioni riportate possono essere utilizzate anche a proposito del secondo
e del quinto motivo del ricorso, con la precisazione che in questa sede non puo’
essere compiuta una ennesima ricostruzione dei fatti rispetto a quanto accertato
dal Consiglio Nazionale Forense.

Con il terzo
motivo, il ricorrente denuncia che, nella contestazione dell’imputazione, il
Consiglio dell’Ordine aveva fatto riferimento al codice deontologico, il quale
non è norma giuridica, anzichè all’art. 38 del r.d.l. 27 nov. 1933 n. 1578,
che è la sola norma che regola la materia disciplinare.

La censura è
inammissibile, perchè nuova, come si ricava dall’esposizione dei motivi di
appello contro la decisione del Consiglio dell’Ordine.

Nel giudizio
che si è svolto davanti al Consiglio Nazionale Forense, infatti, la censura non
ha formato oggetto di decisione, perchè a questo non devoluta con l’atto di
appello, il contenuto del quale è stato ricostruito nello svolgimento del
processo.

Con il quarto
motivo l’avvocato V. si duole della mancata riunione dei procedimenti.

Anche questa
censura è nuova e vale il giudizio di inammissibilità già espresso a
proposito del motivo precedente.

Nessuna
pronuncia deve essere adottata in ordine alle spese di questo giudizio, essendo
soccombente l’unica parte che vi ha svolto attività difensiva.


P.Q.M.

La Corte di
cassazione a sezioni unite, rigetta il ricorso.

Roma, 1 dic.
2005.

Depositata in
Cancelleria il 10 gennaio 2006.

 

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