Civile

Nessuna incostituzionalità per l’inoppugnabilità delle sentenze del Giudice di Pace – CASSAZIONE CIVILE, Sezione I, Sentenza n. 393 del 11/01/2006


GIUDICE DI PACE ” SENTENZA PRONUNCIATA SECONDO
EQUITA’ ” REGIME DELLE IMPUGNAZIONI ” QUESTIONE DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE ”
MANIFESTA INFONDATEZZA


 

La Corte affronta il tema della identificazione
del valore della domanda rimessa alla parte, con effetti sul regime della
impugnazione della sentenza resa dal giudice di pace. Com’è noto, in base agli
artt. 339, terzo comma, e 113, secondo comma, cod. proc. civ., sono da ritenere
inappellabili (e percio’ immediatamente ricorribili per cassazione) tutte le
sentenze pronunciate dal giudice di pace in controversie non eccedenti il valore
di milleecento euro, a prescindere dal fatto che esse siano pronunciate secondo
diritto o secondo equità, ed a fine deve considerarsi non il contenuto della
decisione ma solamente il valore della controversia, da determinarsi applicando
analogicamente le norme di cui agli artt. 10 e ss. cod. proc. civ. in tema di
competenza. La Corte dichiara manifestamente infondata la questione di
legittimità dell’art. 339, terzo comma, cod. proc. civ., in combinato disposto
con gli artt. da 10 a 14 del medesimo codice, sollevata, in riferimento all’art.
25, primo comma, Cost., sul rilievo che la norma denunciata consentirebbe
all’attore di circoscrivere artificiosamente l’entità della propria domanda,
cosi’ da farla rientrare nei limiti entro cui il giudice di pace decide secondo
equità, pur quando invece il valore effettivo della controversia superi tale
limite, con l’effetto di precludere alla controparte la possibilità del ricorso
in appello dinanzi al tribunale territorialmente competente. La Corte ” nel
ribadire che al fine di identificare il valore della domanda (cui si correla il
regime dell’eventuale successiva impugnazione) deve aversi riguardo a quanto in
concreto richiesto dall’attore, anche a prescindere dall’oggetto
dell’accertamento che il giudice debba eventualmente compiere quale antecedente
logico per decidere il fondamento della domanda ” ritiene che non sia
ravvisabile alcuna violazione dell’art. 25, primo comma Cost. nel fatto che,
essendo la formulazione della domanda nella disponibilità della parte, anche la
determinazione della misura di quello che l’attore intende giudizialmente
richiedere è rimessa alla sua scelta; e cio’ in quanto il precetto
costituzionale implica che il giudice debba essere precostituito secondo criteri
generali ed astratti stabiliti dalla legge, ma non esclude certo che siffatti
criteri possano essere formulati dal legislatore in relazione al contenuto della
domanda che la parte, nella sua discrezionalità, decida di volta in volta di
azionare.

 


Allegato Pdf:

CASSAZIONE CIVILE, Sezione I,

Sentenza n. 393
del 11/01/2006 (Presidente G. Losavio, Relatore R.
Rordorf)

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