Corte Costituzionale

Opposizione al fallimento. Il giudice non ha l’obbligo di astenersi se ha composto il collegio che ha dichiarato il fallimento – CORTE COSTITUZIONALE, Sentenza n. 460 del 23/12/2005

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E’ infondata, nei sensi di cui in motivazione,
la questione di legittimità costituzionale dell’art. 51, c. 1, n. 4, c.p.c.,
sollevata, in riferimento agli articoli 24 e 111 Cost., nella parte in cui ”
stabilendo che “il giudice ha l’obbligo di astenersi” se “ha conosciuto” della
causa “come magistrato in altro grado del processo” ” non prevede, per il
magistrato che abbia fatto parte del collegio che ha deliberato la sentenza
dichiarativa di fallimento, l’obbligo di astensione dal partecipare al giudizio
di opposizione alla stessa sentenza.
La Corte, all’esito di una complessa motivazione relativa anche all’analisi del
diritto vivente, ha concluso nel senso che l’obbligo di astensione ” la cui
violazione è idonea a rendere nulla la sentenza per vizio di costituzione del
giudice solo se sia tempestivamente proposta la ricusazione e questa venga
erroneamente respinta ” presuppone che il procedimento svolgentesi davanti al
medesimo ufficio giudiziario sia solo apparentemente “bifasico”, mentre in
realtà ” per le caratteristiche decisorie e potenzialmente definitive del
provvedimento che chiude la prima fase e per la sostanziale identità di
valutazioni da compiersi in entrambe le fasi nel rispetto del principio del
contraddittorio, ancorchè realizzato con modalità deformalizzate ” si articola
in due momenti, il secondo dei quali assume il valore di vera e propria
impugnazione, e acquista, pertanto, i caratteri essenziali di “altro grado del
processo”.

 


CORTE
COSTITUZIONALE, Sentenza n. 460 del 23/12/2005


(Presidente A. Marini – Relatore R. Vaccarella)


 

RITENUTO IN FATTO

1.” Nel corso di un giudizio di opposizione a dichiarazione di fallimento,
promosso dinanzi al Tribunale ordinario di Grosseto, il giudice istruttore ha
sollevato, con ordinanza del 20 settembre 2004, questione di legittimità
costituzionale, in riferimento agli articoli 24 e 111 della Costituzione,
dell’art. 51, primo comma, numero 4, del codice di procedura civile, nella parte
in cui non prevede l’obbligo di astensione dal partecipare al giudizio di cui
all’art. 18 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento,
del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione
coatta amministrativa), per il magistrato che abbia fatto parte del collegio che
ha deliberato la sentenza dichiarativa di fallimento.

1.1.” In punto di fatto, il giudice a quo riferisce che egli aveva partecipato
alla deliberazione della sentenza dichiarativa del fallimento di una società in
accomandita semplice e del socio illimitatamente responsabile di essa ed era
stato, poi, designato dal presidente quale giudice istruttore della causa di
opposizione, proposta dal socio fallito ai sensi dell’art. 18 del r.d. n. 267
del 1942 (“legge fallimentare”).

1.2.” In punto di diritto, il giudice rimettente osserva che, secondo
l’orientamento della giurisprudenza di legittimità ” costituente “diritto
vivente”, in quanto consolidato, costante nel tempo e univoco ” il magistrato
che sia stato componente del collegio che ha deliberato la sentenza dichiarativa
di fallimento non è obbligato ad astenersi dal partecipare al giudizio di
opposizione avverso la medesima sentenza (Cass. 19 settembre 2000, n. 12410;
Cass. 23 ottobre 1998, n. 10527; Cass. 20 febbraio 1978, n. 801).

1.3.” Quanto alla rilevanza della questione, il giudice rimettente osserva che
l’eventuale accoglimento della eccezione di incostituzionalità comporterebbe
per lui l’obbligo di astensione ai sensi dell’art. 51, primo comma, numero 4,
cod. proc. civ.

1.4.” Quanto alla legittimazione a sollevare la questione, il giudice rimettente
rileva che la norma denunciata deve essere applicata dal giudice tenuto ad
astenersi e non già dal capo dell’ufficio, posto che quest’ultimo, nelle
ipotesi di astensione obbligatoria, non ha il potere di autorizzare o meno
l’astensione, ma deve solo prenderne atto e provvedere alla sostituzione del
giudice astenutosi.

1.5.” Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice a quo
ricorda che la Corte costituzionale ha avuto modo di affermare che ” sebbene nel
processo civile non siano applicabili le regole sulle incompatibilità
soggettive per precedente attività tipizzata svolta nello stesso procedimento
penale, in considerazione delle particolarità e delle diversità dei sistemi
processuali ” il principio di imparzialità-terzietà della giurisdizione ha
pieno valore costituzionale con riferimento a qualunque tipo di processo
(sentenze n. 387 del 1999, n. 51 del 1998, n. 326 del 1997).

In particolare, la Corte ha osservato che “esigenza imprescindibile, rispetto ad
ogni tipo di processo, è solo quella di evitare che lo stesso giudice, nel
decidere, abbia a ripercorrere l’identico itinerario logico precedentemente
seguito; sicchè, condizione necessaria per dover ritenere una incompatibilità
endoprocessuale è la preesistenza di valutazioni che cadano sulla stessa res
iudicanda” (sentenza n. 387 del 1999).

Orbene, poichè nel processo civile la garanzia dell’imparzialità-terzietà del
giudice si attua, per scelta del legislatore, attraverso gli istituti
dell’astensione e della ricusazione, la ratio della disposizione dell’art. 51,
primo comma, numero 4, cod. proc. civ. ” rileva il giudice rimettente ” è
quella di evitare che l’itinerario logico già seguito per l’emanazione di un
provvedimento sia ripercorso dallo stesso magistrato in sede di gravame, perchè
cio’ lederebbe la garanzia dell’alterità del giudice dell’impugnazione.

Simile esigenza è certamente ravvisabile nel giudizio di opposizione alla
sentenza dichiarativa di fallimento, giacchè tale pronuncia è suscettibile di
acquistare valore di giudicato.

Sebbene la dichiarazione di fallimento venga emessa al termine di un giudizio a
cognizione sommaria, mentre la sentenza sull’opposizione è pronunciata
all’esito di un giudizio a cognizione piena, sussiste l’esigenza di garantire la
terzietà del giudice dell’opposizione, posto che cio’ che rileva a tal fine non
è la natura piena o sommaria della cognizione, quanto la funzione decisoria che
caratterizza la sentenza di fallimento.

In proposito, il giudice rimettente osserva che la principale argomentazione con
cui la dottrina e la giurisprudenza prevalenti escludono per il giudice
dell’esecuzione l’obbligo di astenersi dal giudizio di opposizione agli atti
esecutivi, avente ad oggetto un provvedimento emesso dallo stesso giudice, è
proprio l’assenza di poteri decisori in capo al giudice dell’esecuzione, cui
spettano solo poteri ordinatori di direzione e controllo del procedimento
esecutivo.

1.6.” Il giudice a quo ritiene che non sia possibile una interpretazione
adeguatrice della norma denunciata alla luce della sentenza della Corte
costituzionale n. 387 del 1999.

Rileva, infatti, che la Corte di cassazione si è pronunciata successivamente
alla citata sentenza e ha ribadito il proprio orientamento circa la non
configurabilità neppure in astratto di una incompatibilità fra il giudice che
ha dichiarato il fallimento e il giudice dell’opposizione (Cass. 19 settembre
2000, n. 12410), lasciando cosi’ intendere di non ritenere estensibili al
giudizio ex art. 18 della legge fallimentare le argomentazioni con cui si è
sostenuta un’interpretazione costituzionalmente orientata riguardo
all’opposizione in materia di repressione della condotta antisindacale, di cui
all’art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della
libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività
sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento).

Osserva, inoltre, che la richiamata sentenza del giudice delle leggi attribuisce
un significato interpretativo fondamentale al dato normativo rappresentato da
cio’, che nella disciplina originaria del procedimento di repressione della
condotta antisindacale era prevista una prima fase davanti al pretore ed una
successiva eventuale fase, a seguito di opposizione, davanti al tribunale, per
cui “non si poteva dubitare della sussistenza di una duplicità di fasi
processuali, la seconda delle quali avanti al Tribunale assumeva tutte le
caratteristiche di un ulteriore grado di giudizio” (cosi’, ancora, la sentenza
n. 387 del 1999).

Tale argomentazione non puo’ essere estesa alla fattispecie in esame, in quanto
la legge fallimentare ha sempre previsto la competenza del tribunale, in
composizione collegiale, e per la dichiarazione di fallimento e per il giudizio
di opposizione.

In conclusione, ad avviso del giudice rimettente, la norma denunciata, “secondo
l’interpretazione consolidata in termini di diritto vivente, viola gli artt. 24
e 111 della Costituzione per la lesione del diritto alla tutela giurisdizionale,
sotto il profilo di esclusione della terzietà e della imparzialità del
giudice”.

2.” E’ intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha
concluso per l’infondatezza della questione.

La difesa erariale osserva che, se non puo’ sorgere dubbio che vi è
incompatibilità in ipotesi di passaggio tra “gradi” del medesimo giudizio, ove
per “grado” si intende la duplicazione di valutazioni ricadenti sulla medesima
res iudicanda per l’assolvimento di una funzione di controllo propriamente
impugnatorio, la questione in esame riguarda, invece, la possibilità di
estendere la disciplina dell’art. 51, primo comma, numero 4, cod. proc. civ.
all’ipotesi di successione tra mere “fasi” di un unico procedimento, ove per
“fase” si intende un fenomeno del tutto diverso dal controllo impugnatorio.

La Corte costituzionale si è più volte pronunciata nel senso di ravvisare
incompatibilità del giudice, in materia fallimentare, solo in relazione alla
funzione impugnatoria e non anche in ipotesi di mera successione di una fase
all’altra nell’ambito del medesimo grado di giudizio.

Cosi’, quanto al reclamo ex art. 26 della legge fallimentare, la Corte ha
ritenuto costituzionalmente legittima la partecipazione del giudice delegato
alla decisione sul reclamo avverso un suo provvedimento, sul rilievo che il
reclamo endofallimentare non è qualificabile come un ulteriore grado di
giudizio, in quanto esso “rimane nell’ambito della stessa fase processuale,
essendo da considerarsi come un momento dell’iter della procedura concorsuale,
le cui peculiarità impongono speciali esigenze di continuità” (sentenza n. 363
del 1998).

Analogamente, quanto al giudizio di opposizione allo stato passivo (artt. 98 e
99 della legge fallimentare), la Corte ha escluso l’incostituzionalità della
normativa che investe il giudice delegato dell’istruzione della causa, ribadendo
il principio che la continuità interna della procedura deve essere garantita
dalla unitarietà del giudicante (sentenze n. 363 del 1998, n. 94 del 1975, n.
158 del 1970; ordinanza n. 304 del 1998). Inoltre, la Corte ha evidenziato come
la diversa intensità della cognizione del giudice delegato nella fase di
verifica dei crediti, sommaria e “fondata su materiale probatorio di natura
esclusivamente cartolare” (ordinanza n. 167 del 2001), rispetto a quella piena
del successivo giudizio di opposizione, non solo dimostra che essa non ricade
sulla medesima res iudicanda, ma conferma la natura non impugnatoria della
seconda fase.

Le medesime argomentazioni ” ad avviso dell’Avvocatura ” si attagliano
all’opposizione alla dichiarazione di fallimento, essendo questa pronunciata
all’esito di un procedimento sommario, mentre la sentenza sull’opposizione è
emessa all’esito di un giudizio a cognizione piena, che permette l’acquisizione
di ulteriori elementi probatori attraverso qualsiasi mezzo di prova nell’ambito
di un contradddittorio pieno tra le parti.

Detta opposizione, pertanto, non rappresenta un grado di giudizio ulteriore, ma
determina soltanto l’apertura di una fase eventuale a cognizione piena del
medesimo giudizio di primo grado, tant’è vero che la sentenza che la definisce
è soggetta agli ordinari mezzi di impugnazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.” Il giudice istruttore del Tribunale ordinario di Grosseto dubita della
legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 24 e 111 della
Costituzione, dell’art. 51, primo comma, numero 4, del codice di procedura
civile, nella parte in cui ” stabilendo che “il giudice ha l’obbligo di
astenersi” se “ha conosciuto” della causa “come magistrato in altro grado del
processo” ” non prevede l’obbligo di astensione dal partecipare al giudizio di
opposizione di cui all’art. 18 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267
(Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione
controllata e della liquidazione coatta amministrativa), per il magistrato che
abbia fatto parte del collegio che ha deliberato la sentenza dichiarativa di
fallimento, assumendo che cio’ comporta “lesione del diritto alla tutela
giurisdizionale, sotto il profilo di esclusione della terzietà e della
imparzialità del giudice”.

2.” La questione non è fondata.

2.1.” Il rimettente ” designato dal presidente del tribunale quale giudice
istruttore nel giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento,
deliberata da un collegio del quale era stato componente ” assume che un
costante ed univoco indirizzo giurisprudenziale di legittimità gli impedirebbe
di astenersi, laddove a tanto sarebbe tenuto in ossequio al principio della
terzietà ed imparzialità del giudice di cui agli artt. 24 e 111 Cost.

L’art. 51, primo comma, numero 4, cod. proc. civ. ” osserva il rimettente ”
configura l’obbligo del magistrato di astenersi soltanto se, per quel che
interessa in questa sede, egli della causa “ha conosciuto come magistrato in
altro grado del processo”: norma che, secondo il “diritto vivente” costituito da
numerose decisioni della Corte di cassazione, non si attaglierebbe all’ipotesi
in esame.

2.2.” Va premesso che la norma sull’astensione obbligatoria è costitutiva di un
dovere in capo al magistrato che si trovi in una delle situazioni previste dai
numeri da 1 a 5 del primo comma dell’art. 51 cod. proc. civ.; dovere a presidio
del quale, ove il magistrato non si astenga, la legge preve

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