Civile

Separazione. Niente addebito per il marito che fa le vacanze da solo – CASSAZIONE CIVILE, Sezione I, Sentenza n. 23071 del 16/11/2005

La
separazione coniugale non puo’ essere addebitata al marito solo per il fatto che
questi usciva da solo la sera e trascorreva le vacanze da solo. E’ quanto ha
stabilito la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione respingendo il
ricorso di una signora che chiedeva l’addebito della separazione all’ex marito a
causa della sua infedeltà coniugale, sostenendo che questa fosse dimostrata
dalle frequenti uscite dell’uomo da solo e dal fatto che aveva trascorso le
vacanze da solo. Secondo la Suprema Corte un simile comportamento non puo’
essere di per sè indice di infedeltà coniugale, occorrendo in proposito prove
concrete; nè causa dell’intollerabilità della convivenza coniugale puo’ essere
considerata la tendenza del marito a fare battute sulla moglie in presenza degli
amici, essendo in tali occasioni le frasi pronunciate per scherzo.

 


CASSAZIONE
CIVILE, Sezione I, Sentenza n. 23071 del 16/11/2005 (Presidente: G. Lo Savio;
Relatore: C. De Chiara )

LA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE I
CIVILE

SENTENZA

SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO

Il sig. V. S.
propose, con ricorso depositato il 16 ott. 1997, domanda di separazione dalla
moglie sig.ra A. C., dichiarandosi disposto a sostenere economicamente il figlio
sino al completamento degli studi universitari ed a versare alla moglie un
assegno di L. 750.000 mensili.

La sig.ra C.
si oppose alla separazione e chiese pronunciarsene, comunque, l’addebito a
carico del marito; chiese, altresi’, l’assegnazione della casa coniugale ed un
assegno, per se ed il figlio maggiorenne convivente, di 2.500.000 mensili.

Istruita la
causa con documenti e testimonianze, l’adito Tribunale di Udine pronunzio’ la
separazione, addebitandola al sig. S., che condanno’, altresi’, a versare alla
moglie un assegno di 800.000 L. mensili.

Sul gravame
principale del S., che censurava la pronunzia dell’addebito a suo carico, e
quello incidentale della C., che chiedeva l’aumento dell’assegno riconosciutole,
la Corte di appello di Udine, con sentenza del 23 settembre 2002, ha riformato
parzialmente la sentenza di primo grado, rigettando, in accoglimento
dell’appello principale, la domanda di addebito a carico del S.; ha confermato,
per il resto, la sentenza impugnata, rigettando l’appello incidentale.

In punto
addebito della separazione per violazione del dovere di rispetto, la Corte ha
esaminato le condotte mediante le quali il sig. S. aveva, secondo la sentenza di
primo grado, umiliato e maltrattato moralmente la moglie, nonostante questa gli
avesse perdonato l’infedeltà per una relazione extraconiugale del 1990.

Ha osservato
in proposito: che l’abitudine del S. di uscire da solo la sera, negli ultimi
anni prima della separazione, non si spiegava, come invece avevano adombrato le
testi escusse, con una sua relazione extraconiugale: tesi basata solo su voci e
sconfessata dalla stessa sig.ra C., la quale si doleva soltanto delle uscite
serali del marito, sicchè neppure il giudice di primo grado aveva ritenuto che
causa della rottura del matrimonio fosse l’infedeltà; che, se le testi avevano
sostenuto che il S. per più anni aveva trascorso da solo le vacanze estive, la
C., invece, lamentava nella comparsa di costituzione in giudizio che cio’ era
avvenuto solo nel 1997, dunque nell’immediata prossimità della richiesta di
separazione, senza sottolineare che era un’abitudine; che comunque tali due
condotte (uscite serali e vacanze trascorse da solo), quand’anche provate, erano
dalle stesse testimoni correlate all’esigenza di libertà dall’oppressione della
famiglia, manifestata dal S.; sicchè esse non già avevano cagionato la crisi
coniugale, dovuta al progressivo venir meno dell’affectio maritalis per altre
ragioni, ma ne erano, al contrario, l’espressione; che le frequenti affermazioni
di disistima del marito nei confronti della moglie in presenza di terzi, frasi
pronunciate, secondo le stesse testi che ne avevano riferito in giudizio, in
tono formalmente scherzoso, anche se la sig.ra C. mostrava di sentirsene offesa,
apparivano fatte senza intenzione offensiva ed erano apprezzate dagli amici come
battute scherzose, e certamente non era possibile considerarle motivo scatenante
della crisi coniugale e parole a fondamento dell’addebito: tanto cio’ era vero
che la sig.ra C. si era opposta alla separazione, evidentemente non ritenendo
intollerabile convivere con il marito, nonostante le sue battute di cattivo
gusto.

In punto
determinazione dell’assegno, sotto il profilo della sua idoneità a consentire
il mantenimento del pregresso tenore di vita, la Corte ha osservato che corretta
era la decisione del Tribunale (che lo aveva determinato in L. 800.000 mensili),
atteso che: ciascun coniuge era proprietario dell’alloggio in cui abitava, e
nessun rilievo aveva la circostanza che la C., per acquistare, a seguito della
separazione, la casa in cui viveva da sola in città, avesse dovuto vendere un
suo immobile in Lignano, ove la famiglia era soglia trascorrere le vacanze:
infatti anche per il marito era venuta meno, con la separazione, la possibilità
di godere di una casa per le vacanze; la C. percepiva uno stipendio di L.
2.300.000 mensili ed il S. di 5.500.000; sicchè, detratto da quest’ultimo
l’importo dell’assegno di L. 800.000 (che andava ad incrementare il reddito della
moglie), e le spese di mantenimento del figlio maggiorenne, i redditi dei due
coniugi finivano con l’equivalersi e consentivano ed entrambi di mantenere un
buon livello di vita; di certo un reddito netto mensile superiore a L. 3.000.000
consentiva alla sig.ra C. di mantenere inalterato il suo tenore di vita,
considerato che non doveva più sopportare il costo del mantenimento del figlio.

Avverso la
sentenza di appello ricorre per cassazione la sig.ra C., articolando due motivi.

Resiste con
controricorso il sig. S.

Entrambe le
parti hanno prodotto memorie.


MOTIVI DELLA
DECISIONE

Il primo
motivo di ricorso riguarda la statuizione di esclusione dell’addebito.

La
ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 151,secondo
comma, c.c., lamenta: in primo luogo, che la corte di appello abbia omesso la
necessaria valutazione complessiva dei reciproci comportamenti dei coniugi ed
abbia esaminato, invece, isolatamente ciascun comportamento del marito
escludendone non la sussistenza, bensi’ la rilevanza, isolatamente considerato,
ai fini dell’addebito della separazione; in secondo luogo, che anche procedendo
all’esame dei singoli argomenti spesi dalla Corte di merito si rivengono
numerose violazioni rilevanti ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.

Infatti: le
solitarie uscite serali del S. erano rilevanti per se stesse, e non solo in
quanto strumento per consumare l’ulteriore violazione dei doveri coniugali
costituita dalla relazione sentimentale con un’altra donna; il Giudice di primo
grado aveva correttamente valutato, in termini ovviamente negativi per il S.,
l’episodio pacifico di infedeltà di quest’ultimo, mentre la Corte dia Appello
non vi ha fatto cenno; il che configurerebbe una tipica ipotesi non solo di
violazione, ma anche di falsa applicazione dell’art. 151 secondo comma, c.c.; in
ogni caso, la teste G. aveva riferito di aver saputo da vari conoscenti che il
S. aveva ripreso la relazione extraconiugale con quella stessa donna cui si
riferiva il risalente, pacifico episodio di infedeltà; quanto alle ferie estive
trascorse da solo dal S., l’argomento addotto nella sentenza impugnata per
escludere che si trattasse di un’abitudine è irrilevante ed infondato:
irrilevante perchè nel capitolo di prova testimoniale articolato in proposito
dalla C. nella memoria istruttoria depositata in primo grado si fa espresso
riferimento a periodi di vacanza trascorsi da solo dal S, e dunque a una
pluralità di episodi; infondato perchè non costituisce confutazione del fatto
dedotto (ferie estive ripetutamente trascorse da solo); la esclusione della
rilevanza delle due condotte sin qui esaminate e l’interpretazione delle stesse
quali mere manifestazioni di disagio per la vita in comune, si fonda su un
presupposto non provato, provenendo tale interpretazione dal solo interessato
(le testimoni si erano limitate a riferire sue dichiarazioni); il che integra
vizio di motivazione della sentenza, costituito dall’aver assunto quale fatto
accertato l’esigenza di libertà del S., dall’aver da cio’ indotto un
preesistente stato di crisi coniugale non addebitabile al marito e dall’aver
considerato percio’ giustificati i comportamenti di lui, secondo un iter logico
nel quale la premessa è indimostrata e, dunque, non puo’ fondare alcuna
presunzione, peraltro in difetto dei requisiti della gravità, precisione e
univocità degli indizi; quanto alla condotta di maltrattamento morale nei
confronti della moglie mediante le battute pronunciate in presenza di terze
persone, è errata la motivazione della sentenza in punto di valutazione delle
testimonianze acquisite, giacchè una delle testi riferiva di punzecchiature, ma
molto pesanti e soltanto l’altra parlava di scherzo, ma nel senso che le battute
erano dal S. pronunciate non per scherzo, bensi’ come per scherzo; sicchè non
poteva dirsi che quelle battute erano apprezzate dagli amici come battute
scherzose e, conseguentemente, che non integrassero gli estremi per l’addebito;
quanto all’argomento della opposizione della sig.ra C. alla separazione, speso
dalla Corte di appello per negare la natura offensiva del comportamento del S.,
la domanda di addebito, nella specie contenuta nella stessa comparsa di
costituzione contenente l’opposizione, non è preclusa da quest’ultima, e nel
nostro ordinamento è sufficiente la volontà di uno solo dei coniugi a
provocare la separazione.

In ogni caso,
come efficacemente sostenuto dal giudice di primo grado, sarebbe paradossale che
il coniuge che ha violato i doveri del matrimonio traesse beneficio proprio
della debolezza dell’altro coniuge, che tali violazioni ha subito; la Corte di
appello, infine, non ha contestato il giudizio formulato dal Tribunale circa il
nesso causale sussistente tra il comportamento complessivo del marito e la
malattia (depressione) della moglie, in atti documentata e causata da
comportamento complessivo del marito.

Il motivo è
inammissibile.

La pronuncia
di addebito non puo’ fondarsi sulla sola violazione dei doversi che l’art. 143
cod. civ. pone a carico dei coniugi, essendo, invece, necessario accertare se
tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi
coniugale (ex multis Cass. 12130/2001, 279/2000, 2444/1999, 7817/1997) quella
che il ricorso definisce, genericamente, negazione della rilevanza a fondare
l’addebito è, appunto, nella sentenza impugnata, anzitutto negazione, più
specificamente, della efficienza causale dei comportamenti del S. rispetto alla
crisi coniugale e alla intollerabilità della convivenza.

Tale
valutazione dei giudici di merito si colloca su un piano diverso da quello della
valutazione comparativa, invocata dalla ricorrente, dei reciproci comportamenti
dei coniugi, la quale attiene, invece, alla giustificabilità dei comportamenti
di ciascuno.

La
ricorrente, pertanto, avrebbe dovuto censurare la sentenza sul punto della
esclusione del nesso causale tra i comportamenti del marito e la separazione, e
dedurre che quei comportamenti erano stati causa della separazione stessa,
perchè avevano reso intollerabile la convivenza.

Ella, invece,
lamenta soltanto la minimizzazione, da parte d

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