Gli studenti-lavoratori hanno diritto a turni agevolati – CASSAZIONE CIVILE, Sezione Lavoro, Sentenza n. 20658 del 25/10/2005
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I
datori di lavoro devono agevolare gli studenti – lavoratori. E’ quanto afferma
la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione precisando che è lo stesso Statuto
dei Lavoratori a prevedere che i lavoratori studenti, iscritti e frequentanti
corsi regolari di studio hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la
frequenza ai corsi e la preparazione agli esami e non sono obbligati a
prestazioni di lavoro straordinario o durante i riposi settimanali, specificando
che coloro che devono sostenere prove di esame hanno diritto a fruire di
permessi giornalieri retribuiti. Il diritto allo studio, precisa la Cirte,
è riconosciuto e garantito dall’art. 34 della Costituzione e che l’art. 10
dello Statuto dei lavoratori ne costituisce la concreta estrinsecazione nel
campo del lavoro, traducendosi nell’incoraggiamento, mediante il riconoscimento
della peculiare posizione del dipendente che frequenti corsi di istruzione, di
quanti, pur esplicando le proprie energie alle dipendenze di terzi, intendano
destinare quelle residue all’arricchimento professionale o in genere culturale
della propria persona, i cui effetti si riverberano positivamente sulla
collettività.
CASSAZIONE
CIVILE, Sezione Lavoro, Sentenza n. 20658 del 25/10/2005
(Presidente:
V. Mileo; Relatore: V. Nobile)
LA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE
LAVORO
SENTENZA
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Con sentenza
del 21/12/1999 il Giudice del Lavoro del Tribunale di Sulmona accoglieva la
domanda proposta da A.A. nei confronti dell’ENEL Distribuzione s.p.a., intesa ad
ottenere la condanna della società al pagamento delle indennità corrispondenti
alla mancata concessione dei permessi retribuiti, ex art. 20, 3° comma, del
contratto collettivo di categoria, in ragione degli esami sostenuti, presso la
Scuola diretta a fini speciali in tutela delle risorse territoriali, organizzata
e gestita dalla Facoltà di Ingegneria dell’Università di L’Aquila, per il
conseguimento del diploma di esperto in tutela ambientale.
In specie il
Giudice rilevava che al di là del nomen juris attribuito al detto diploma, si
era di fronte ad un corso di studi gestito ed organizzato dalla Facoltà di
Ingegneria di L’Aquila di durata biennale e successivo alla scuola media
superiore, come tale rientrante tra le fattispecie contemplate dall’art. 20 del
c.c.n.l. e degli artt. 17 e 18 del medesimo contratto.
Con ricorso
del 6/9/2000 proponeva appello l’ENEL, osservando che il particolare trattamento
invocato dall’A. (in specie permessi orari retribuiti, nella misura di due ore
giornaliere, per un periodo massimo di 10 giorni per ogni esame universitario)
andava ben oltre la previsione di cui all’art. 10della legge n. 300 del 1970 ed
era accordato esclusivamente ai lavoratori che frequentavano corsi per il
conseguimento di laurea o diploma universitario.
Sosteneva,
quindi, la società appellante che il corso di studi frequentato dall’A. non
dava diritto al conseguimento di un titolo di studi qualificabile come diploma
universitario, mentre era, altresi’, dubitabile che il titolo de quo avesse
valore legale.
La Corte di
Appello di L’Aquila, con sentenza depositata il 22/1/2002, in accoglimento
dell’appello rigettava la domanda dell’A. e compensava le spese del doppio
grado.
In
particolare in giudici del gravame affermavano che il diploma di esperto in
tutela ambientale, rilasciato dalla scuola de qua, istituita con decreto
pettorale del 24/7/1989, ai sensi del d.p.r. n. 162 del 1982, non appariva
equiparabile ad un diploma universitario.
Rilevava
altresi’ la Corte territoriale che ancora non era stato emanato il decreto,
previsto dall’art. 9 del citato d.p.r., che avrebbe dovuto individuare le
professioni o quei concorsi nel pubblico impiego per i quali il diploma in
oggetto avrebbe avuto specifico valore abilitante.
Concludeva,
quindi, che allo stato della legislazione in materia, i diplomi rilasciati alle
scuole dirette a fini speciali non hanno ancora avuto una loro precisa
collocazione giuridica, tant’è che puo’ dubitarsi anche del valore legale di
siffatto diploma, se per titolo di studio avente valore legale deve intendersi
quello che consente la prosecuzione degli studi, la partecipazione a pubblici
concorsi o di abilitazione ad una professione.
Per la
cassazione della detta sentenza ha proposto ricorso l’A. con due motivi.
Ha resistito
con controricorso l’ENEL Distribuzione s.p.a.
MOTIVI DELLA
DECISIONE
Con il primo
motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della
legge n. 300 del 1970, degli artt. 1326 e seguenti c.c., con riferimento agli
artt. 17, 18 e 20 del c.c.n.l. per i dipendenti dell’ENEL, degli artt. 1, 5, 7,
e 9 del d.p.r. n. 162 del 1982, degli artt. 1, 2, 7, 9 e 16 della legge n. 341
del 1990, nonchè vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione,
il tutto in relazione all’art. 360, 1° comma n. 3 e n. 5 c.p.c.
In sostanza
il ricorrente, dopo aver erroneamente richiamato la normativa legale e quella
contrattuale in materia, ha dedotto che erroneamente la Corte di Appello ha
ritenuto che il diploma di esperto in tutela ambientale, conseguito dall’A., non
fosse equiparabile ad un diploma universitario, come previsto dall’art. 20 del
c.c.n.l. (dubitando persino che i diplomi delle scuole dirette a fini speciali,
in mancanza dei decreti previsti dall’art. 9 del d.p.r. n. 162 del 1982,
avessero valore legale), in tal modo violando la normativa legale d
interpretando non correttamente (in specie in violazione degli artt. 1362 e 1363
c.c.) la normativa contrattuale.
Il motivo è
fondato.
L’art. 10
della legge n. 300 del 1970 al primo comma prevede che i lavoratori studenti,
iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione
primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali pareggiate o
legalmente riconosciute o comunque abilitate al rischio di titoli di studio
legali, hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la
preparazione agli esami e non sono obbligati a prestazioni di lavoro
straordinario o durante i riposi settimanali.
Ai fini,
quindi, del riconoscimento del diritto in esame si deve definire come corso
regolare di studio quello istituito presso una delle scuole previste dal citato
comma primo, che richieda una regolare frequentazione per il conseguimento di
titolo di studio con valore legale (v. Cass. 28/11/1995 n. 12265).
Il secondo
comma dello stesso articolo, che qui interessa, stabilisce che i lavoratori
studenti, compresi quelli universitari, che devono sostenere prove di esame,
hanno diritto a fruire di permessi giornalieri retribuiti.
La norma
riguarda tutti i lavoratori studenti, compresi quelli universitari, e si
ricollega all’esigenza di accrescere la professionalità del lavoratore o più
in generale il suo patrimonio culturale, in armonia con i principi di cui agli
artt. 34 e 41 Cost. (v. Cass. 25/10/1991 n. 11342).
In
particolare, al riguardo questa Corte ha rilevato che: va in proposito ricordato
che il diritto allo studio è riconosciuto e garantito dall’art. 34 della
Costituzione e che l’art. 10 dello Statuto dei lavoratori ne costituisce la
concreta estrinsecazione nel campo del lavoro, traducendosi
nell’incoraggiamento, mediante il riconoscimento della peculiare posizione del
dipendente che frequenti corsi di istruzione, di quanti, pur esplicando le
proprie energie alle dipendenze di terzi, intendano destinare quelle residue
all’arricchimento professionale o in genere culturale della propria persona, i
cui effetti si riverberano positivamente sulla collettività.
Di certo
l’obbligo di retribuire i permessi giornalieri per sostenere prove di esame (la
sola agevolazione prevista per gli studenti universitari) costituisce eccezione
alla tradizionale impostazione del contratto di scambio e si pone, unitamente ad
altre norme dello Statuto, come temperamento dell’astratto equilibrio dei
contrapposti interessi delle parti giustificato da un’utilità sociale che
trascende i limiti del sinallagma rigidamente inteso, attenuando la rigida
corrispettività fra prestazione e retribuzione.
Se dunque lo
scopo della norma in esame si ricollega all’esigenza di accrescere la
professionalità del lavoratore o più in generale il suo patrimonio culturale,
non è possibile limitare la applicazione ad un unico corso di studi.. (v. Cass.
n. 11342 del 1991 cit., che ha affermato il diritto ai permessi retribuiti anche
per i lavoratori studenti universitari che abbiano già conseguito altro diploma
di laurea o titolo equipollente).
Nello stesso
quadro, ed evidenziando la differenza con le indicazioni contenute nel primo
comma dello stesso art. 10 (ai fini del beneficio ivi previsto), è stato anche
chiarito che, alla stregua dell’interpretazione letterale dell’intenzione del
legislatore, il secondo comma deve essere inteso nel senso che il diritto ai
permessi giornalieri retribuiti spetta a tutti i lavoratori che intendendo
dedicarsi allo studio per conseguire la possibilità di affrontare, senza remore
di carattere economico, gli esami per ottenere titoli riconosciuti
dall’ordinamento giuridico statale, senza che la categoria dei soggetti
legittimati possa essere limitata ai soli studenti iscritti e frequentanti corsi
regolari di studio in scuole statali, pareggiate o comunque abilitate al
rilascio di titoli di studio legali (v. Cass. 14/1/1985 n. 52, che ha
riconosciuto il beneficio in esame, di cui al secondo comma del citato art. 10,
anche al lavoratore studente autodidatta, candidato all’esame in qualità di
privatista).
Per la
disciplina legale è sufficiente quindi, che si tratti di studenti, in specie
universitari, che debbano sostenere prove di esame per il conseguimento di un
titolo di studio riconosciuto.
Il
trattamento contrattuale, più favorevole, previsto dal c.c.n.l. di categoria,
riconosce, poi, (il testo è riportato in ricorso) ai lavoratori che frequentino
corsi per il conseguimento di uno dei seguenti titoli di studio: laurea, diploma
universitario, diploma di scuola media superiore o diploma di qualifica di
istituto professionale, nei periodi precedenti agli esami, permessi orari
retribuiti nella misura di due ore giornaliere per un periodo massimo di dieci
giorni per ogni esame universitario, oppure di trenta giorni per gli esami di
diploma di scuola media superiore o di istituto professionale (art. 20).
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