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TLC: chiamate in entrata e garanzie in caso di accesso. Provvedimento del 03/11/2005

L’abbonato o il titolare di
una carta prepagata può conoscere i dati personali relativi al traffico
telefonico in entrata, sms e mms compresi, solo se dimostra che queste
informazioni sono indispensabili per tutelare i propri diritti in sede penale in
quanto la loro mancata conoscenza determinerebbe un danno effettivo e concreto
al diritto di difesa. I dati conosciuti in questo modo non possono essere
utilizzati per altri scopi.

Lo ha chiarito il Garante
in un provvedimento di carattere generale (leggibile integralmente qui sotto)
 con il quale ha indicato ai  gestori telefonici le misure da adottare in caso
di richieste di accesso relative alle comunicazioni telefoniche "entranti". I
dati concernenti le chiamate ricevute sul proprio apparecchio di telefonia fissa
o mobile pongono delicate implicazioni per la riservatezza delle persone cui si
riferiscono. Oltre a riguardare gli abbonati o i titolari di una carta prepagata,
le telefonate  in entrata possono infatti coinvolgere anche altri soggetti, come
familiari, amici, membri di una comunità , dipendenti. Il Garante ha chiarito
quindi che la richiesta di conoscere dati sulle telefonate già  ricevute è
legittima solo se corredata da una  motivazione in cui sia specificata
l’intenzione di utilizzare i dati nell’ambito di un procedimento penale. Sono
escluse quindi richieste di accesso ai dati per controversie civili e di
volontaria giurisdizione. Dal mancato accesso deve derivare, poi, un
"pregiudizio effettivo e concreto" allo svolgimento delle indagini difensive: i
dati non possono essere richiesti perché semplicemente "utili". Al gestore del
servizio, che non necessita di un’autorizzazione dell’autorità  giudiziaria per
comunicare i dati, spetta l’obbligo di accertare con scrupolo l’identità  e la
legittimazione del richiedente e fornire un riscontro, anche se negativo, entro
quindici giorni dal ricevimento dell’istanza. In ogni caso da parte del gestore
potranno essere comunicati  solo alcuni dati relativi alle telefonate in
ingresso: numero del chiamante, data, ora di inizio e tipologia della
comunicazione, durata.

Il fornitore deve, inoltre,
farsi rilasciare una dichiarazione, scritta personalmente dall’interessato o
dall’avvocato cui ha conferito mandato, in cui si attesti la veridicità  di
quanto prospettato e si manifesti l’impegno a non utilizzare i dati per altre
finalità .

[doc. web n. 1189488]

Accesso ai
dati telefonici: garanzie per le chiamate in entrata – 3 novembre 2005



GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI
PERSONALI

Nella riunione odierna,
in presenza del prof. Francesco Pizzetti, presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti,
vicepresidente, del dott. Mauro Paissan e del dott. Giuseppe Fortunato,
componenti e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale;

VISTA la normativa
internazionale e comunitaria in materia di protezione dei dati personali
(direttive nn. 95/46/CE e 2002/58/CE),

VISTO il Codice in
materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196);

VISTO il Libro V,
titolo VI-bis ("Investigazioni difensive"), del Codice di procedura penale,
inserito dall’art. 11 della legge 7 dicembre 2000, n. 397;

VISTA la documentazione
in atti;

VISTE le osservazioni
formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del
Garante n. 1/2000;

Relatore il dott.
Giuseppe Fortunato;


PREMESSO:

Alcune segnalazioni
pervenute a questa Autorità  evidenziano questioni applicative riguardo ai
limiti entro i quali i fornitori dei servizi di comunicazione elettronica
accessibili al pubblico possono rispondere positivamente ad una richiesta di
accesso a dati personali relativi a comunicazioni telefoniche in entrata (art. 8, comma 2, lett. f) del Codice).

Il Garante rileva la
necessità  di richiamare in proposito l’attenzione dei predetti fornitori e
di impartire loro alcune prescrizioni tenendo conto della particolare
delicatezza delle questioni esaminate.



1. Dati personali e cautele in caso
di esercizio dei diritti

I dati
relativi al traffico telefonico in entrata sono dati di carattere personale.

Si tratta di
informazioni che pongono delicate implicazioni per gli interessati cui si
riferiscono. I dati personali relativi alle comunicazioni telefoniche in
entrata  possono, infatti, inerire non solo agli abbonati (o ai titolari di
schede prepagate: cfr. art. 4, comma 2,
lett. f), del Codice
), ma anche ad altri soggetti (persone
fisiche chiamanti o chiamate diverse dall’abbonato, quali ad esempio
familiari, amici, membri di una comunità , dipendenti).

La delicatezza delle
predette implicazioni ha riflessi anche sull’esercizio dei diritti da parte
degli interessati. Tale esercizio è infatti soggetto a particolari cautele, 
simmetriche ad altre garanzie previste per legge con riguardo alla diversa
problematica delle chiamate di disturbo (art.
127
).

Di regola, non è
consentito rivolgersi al fornitore di un servizio di comunicazione
elettronica per presentare ad esso, con riferimento ai dati telefonici, una
delle varie istanze ai sensi dell’art. 7. In particolare, non è consentito
ai dati identificativi di comunicazioni telefoniche in entrata.

In via di eccezione,
tuttavia, le richieste di esercizio dei diritti possono essere presentate,
ed evase positivamente, quando comprovano che la risposta ad esse da parte
del fornitore è necessaria per evitare
"un pregiudizio effettivo e concreto per lo svolgimento delle investigazioni
difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397" (art. 8, comma 2,
lett. 
f)).

L’esistenza di questo
presupposto è necessaria per l’esercizio di uno qualunque dei diritti e per
qualunque dato relativo al traffico telefonico in entrata (intendendosi per
dato relativo al traffico telefonico "qualsiasi dato sottoposto a
trattamento ai fini della trasmissione di una comunicazione su una rete di
comunicazione elettronica o della relativa fatturazione":
art. 4, comma 2, lett. h)
).

Nel presente
provvedimento viene peraltro presa in considerazione pi๠specificamente la
condotta che il fornitore deve seguire correttamente in caso di richiesta di
accesso.



2. Garanzie rispetto al diritto di
accesso

Il diritto
di accesso a dati personali relativi a comunicazioni telefoniche in entrata
non è di regola previsto ed è esercitabile soltanto in relazione a
particolari esigenze probatorie nel contesto penale.

Poiché si configura
come un’eccezione alla regola generale secondo cui l’accesso non è
consentito, la disposizione in esame (art. 8,
comma 2, lett. f)
) deve essere applicata sulla base di una
stretta interpretazione. La richiesta al fornitore è quindi legittima solo
se è corredata da una motivazione che indichi l’intenzione di utilizzare i
dati esclusivamente nell’ambito del procedimento penale (è, ad esempio,
esclusa per una controversia civile o attinente alla volontaria
giurisdizione).

Il richiedente deve
altresì comprovare la necessità  dell’accesso, documentando con idonei
elementi al fornitore che il mancato accesso determinerebbe un pregiudizio
effettivo  e concreto allo svolgimento delle investigazioni difensive (l. 7 dicembre 2000, n. 397).

Il pregiudizio che il
richiedente deve documentare deve essere non semplicemente ipotetico o
potenziale, ma reale e specifico.

Il fornitore non può
fornire positivo riscontro ad una richiesta dalla quale si desuma solo che
la conoscenza dei dati di traffico telefonico in entrata -che talvolta sono
già  acquisiti dall’autorità  giudiziaria nel procedimento penale- potrebbe
essere semplicemente utile o funzionale al diritto di difesa.

Il fornitore deve
munirsi anche di una dichiarazione sottoscritta personalmente
dall’interessato richiedente (e/o dal difensore cui sia stato conferito il
mandato per le indagini difensive), nella quale il dichiarante attesti,
sotto la propria responsabilità , la veridicità  di quanto prospettato e
manifesti l’impegno a non utilizzare i dati per finalità  e in ambiti non
consentiti.



3. Le verifiche da parte del
fornitore

Il fornitore
del servizio deve esaminare la richiesta e accertare l’esistenza dei
presupposti per l’accesso.

Nell’accertare la
rispondenza delle richieste di accesso al dettato normativo, il fornitore
del servizio deve verificare preliminarmente l’identità  e la legittimazione
dell’interessato richiedente.

L’accertamento va
condotto, in ogni caso, con particolare scrupolo.

Se la richiesta è
avanzata da soggetti non abbonati, o da titolari di schede pre-pagate di
telefonia mobile occorrerà  operare con una maggiore, specifica diligenza,
nel riscontrare la pertinenza dei dati al soggetto richiedente. Analoga
diligenza è necessaria nella considerazione del periodo temporale oggetto
della richiesta dei dati di traffico telefonico nei casi in cui questa
provenga da nuovi abbonati o da nuovi esclusivi utilizzatori di schede
prepagate.

Spetta all’interessato
richiedente indicare al fornitore tutti gli elementi utili per documentare
la pertinenza dei dati al richiedente medesimo e per consentire una
riscontro positivo alla richiesta. Deve essere fornita una descrizione anche
sintetica, ma puntuale e concreta delle circostanze di fatto cui la
richiesta si riferisce, corredata da una documentazione non generica.

Sebbene non sia
indispensabile che il richiedente documenti anche il numero di repertorio di
un procedimento penale, stante anche il fatto che le indagini difensive
possono essere avviate lecitamente prima di tale procedimento e per
l’eventualità  che esso sia instaurato (art.
391-nonies c.p.p
.), il fornitore deve essere posto in condizione
di verificare che la richiesta sia adeguatamente motivata in merito
all’esistenza del pregiudizio effettivo e concreto ad indagini difensive in
corso.

Il fornitore non deve
subordinare la risposta alla presentazione di una autorizzazione -non
prevista- dell’autorità  giudiziaria (art.
132, comma 3
), né opporre un diniego indifferenziato ad ogni
richiesta di accesso senza avere effett

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