Iraq, oggi al via il processo a Saddam
Baghdad, 19
Ottobre- Inizia oggi a Baghdad il primo processo contro Saddam Hussein. L’ex
rais e sette dei suoi più stretti collaboratori dovranno rispondere di crimini
contro l’umanità per l’uccisione di 143 sciiti del villaggio di Dujail nel
1982, massacrati per rappresaglia in seguito a un fallito tentativo di uccidere
lo stesso Saddam. L’ex presidente iracheno potrebbe essere anche condannato a
morte, secondo il codice penale iracheno in base al quale si svolge il processo,
il primo contro esponenti del passato regime.
L’ex didattore dovrà rispondere in tutto di 12 imputazioni per crimini di
guerra e contro l’umanità, compreso il massacro di migliaia di curdi, nel 1988,
durante l’operazione al Anfal. Ma il Tribunale speciale iracheno ha deciso
d’iniziare con un primo processo per il massacro di Dujail, ritenendo di
disporre di un caso chiaro e ampiamente documentato.
Sono molte infatti le informazioni circa quello che è effettivamente successo
quell’8 luglio 1982 a Dujail. Quel giorno, dalla fitta vegetazione che
sovrastava il paese, uomini armati appartenenti al gruppo Dawa aprirono il fuoco
conto il corteo presidenziale. Saddam usci’ illeso dall’imboscata e decise di
vendicarsi dando ordine ai sui elicotteri di sparare sui frutteti. 900 abitanti,
tra cui molti bambini, furono deportati in un lager situato in mezzo al deserto,
al confine con l’Arabia Saudita. 143 persone, nove delle quali avevano tra i 13
e i 15 anni, furono invece impiccate ad Abu Graib al termine d’un finto
processo. Infine l’ex rais fece radere al suolo i frutteti e ordino’ che nessuna
palma fosse mai ripiantata nel paese.
L’udienza di oggi, come tutte le successive, sarà trasmessa in televisione e
non c’è dubbio che sarà seguita da milioni di persone in Iraq e nel mondo
arabo, dove nessun leader è stato mai processato pubblicamente. Per molti in
Iraq vedere l’ex raiss sul banco degli imputati, e soprattutto ascoltare la sua
condanna, sarà il segno che il suo regime è veramente finito. Ma Saddam ne
approfitterà probabilmente per cercare di delegittimare il nuovo corso iracheno
e di mettere in difficoltà gli americani, che lo sostennero all’epoca della
guerra contro l’Iran. L’ex presidente iracheno, catturato dai soldati
statunitensi mentre si nascondeva in una tana sotterranea, è in carcere dal 13
dicembre 2003. Il luogo di detenzione è rimasto a lungo segreto, ma ormai è
noto che si tratta di una cella di tre metri per quattro a camp Cropper, un
compound circondato da alte mura all’interno della base americana di camp
Victory, vicino all’aeroporto di Baghdad.
Il Tribunale speciale iracheno per i crimini del defunto regime è stato
istituito nel dicembre 2003 dalla Coalition provisional authority,
l’amministrazione ad interim guidata dagli americani che allora guidava il
Paese, ed è stato mantenuto dai successivi governi iracheni. E’ formato da più
sezioni, ciascuna con cinque magistrati. Le Nazioni Unite non hanno collaborato
alla sua organizzazione, nè alla formazione dei magistrati, perchè contrarie
alla pena di morte. Gli americani hanno avuto un ruolo molto esteso nella sua
organizzazione, stanziando i 138 milioni di dollari serviti a trasformare in
tribunale un ex quartier generale del partito Baath e a mantenere uno staff di
50 esperti statunitensi, australiani e britannici: avvocati, inquirenti, medici
legali e archivisti dell’ufficio di collegamento. La forte presenza americana e
britannica rischia tuttavia di offrire al procedimento contro Saddam l’immagine
di processo dei vincitori, che potrebbe minarne la legittimità agli occhi
dell’opinione pubblica araba.
La difesa dell’ex dittatore, alla quale aveva aderito una folla di 1500 legali
di tutto il mondo in cerca di notorietà, è stata assunta in luglio da un solo
avvocato, scelto dall’ex dittatore. Si tratta di Khalil Dulaimi, un sunnita di
42 anni con una limitata esperienza di processi di quest’ampiezza, originario di
Ramadi, una delle roccaforti dell’insurrezione. L’avvocato ha incontrato cinque
volte Saddam nel carcere di Camp Cropper. Si prevede che chiederà un rinvio,
affermando di non aver avuto tempo sufficiente a esaminare le carte processuali,
e che giocherà appunto la carta dell’illegalità del tribunale