Attualità

Papa Benedetto XVI: ”Dio non sia bandito dalla vita pubblicà’

Roma 2
Ottobre – Un mondo privo di Dio è un mondo nel quale prevalgono l’arbitrio e
l’oppressione, lo spargimento di sangue e l’ingiustizia, i poteri e gli
interessi di parte. Se Dio viene tollerato solo come fatto privato, se viene
espulso dalla vita pubblica, la società smarrisce la bussola della misericordia
e dell’amore verso il prossimo. E’ questo un problema che investe in primo luogo
l’occidente e la Chiesa in Europa, nodo nevralgico del cattolicesimo, luogo
chiave del pontificato di Benedetto XVI. E’ stata un’omelia dai tratti forti
quella con la quale Ratzinger ha aperto questa mattina l’XI assemblea generale
ordinaria del sinodo dei vescovi, la grande assise della Chiesa che si
prolungherà fino al 23 ottobre. Il Papa ha disegnato i contorni salienti dello
stato della fede nel mondo, e in particolare nel cuore dell’occidente, e ha
spiegato con chiarezza che senza Dio si smarrisce anche la strada del diritto,
strumento di giustizia per i popoli della terra. Al contrario l’uomo è tentato
”di usurpare il dono della creazionè’, di levarlo dalle mani di Dio per
servire egoisticamente solo i propri interessi.

L’immagine chiave usata dal Papa durante l’omelia, che per altro richiama le
prime parole pronunciate da Ratzinger appena eletto, è quella della vigna del
Signore, dell’uva buona e dell’uva cattiva, immagine che ricorre nell’antico
come nel nuovo testamento. ”Sono un umile servitore nella vigna del Signorè’,
aveva detto Benedetto XVI quando si affaccio’ dal balcone della basilica
vaticana per salutare i fedeli che festeggiavano la sua elezione. E oggi è
tornato su questa metafora essenziale delle Scritture che racchiude, nella
visione di Ratzinger, i tratti fondanti del messaggio cristiano. ”Il vino
esprime la squisitezza della creazione – ha spiegato il pontefice – ci dona la
festa nella quale oltrepassiamo i limiti del quotidiano: il vino ‘allieta il
cuorè. Cosi’ il vino e con esso la vite sono diventati immagine anche del dono
dell’amore, nel quale possiamo fare qualche esperienza del sapore del Divino”.

Alternando l’interpretazione fra antico e nuovo testamento, Benedetto XVI ha
spiegato come il venir meno dell’uomo al proprio impegno verso Dio produca l’uva
cattiva. ”Nell’Antico Testamento – ha detto Benedetto XVI – in primo piano c’è
l’accusa per la violazione della giustizia sociale, per il disprezzo dell’uomo
da parte dell’uomo. Sullo sfondo appare pero’ che, con il disprezzo della Torah,
del diritto donato da Dio, è Dio stesso che viene disprezzato; si vuole
soltanto godere del proprio poterè’. Poco prima aveva spiegato come l’uva
selvatica produca ”lo spargimento di sangue e l’oppressione che fanno gemere la
gente sotto il giogo dell’ingiustizià’. Il Dio negato dall’uomo, il Dio
cacciato dalla vita pubblica e ridotto a fatto privato nell’epoca contemporanea
è simbolo dell’egoismo di quanti vogliono ”gustare da soli i frutti della
terrà’. E’ una sorta di preoccupato allarme rispetto alle ideologie e ai valori
prevalenti nel mondo di oggi, quello lanciato dal Pontefice nel corso
dell’omelia. ”Noi uomini -ha detto il Pontefice – ai quali la creazione, per
cosi’ dire, è affidata in gestione, la usurpiamo”. ”Vogliamo esserne i
padroni in prima persona e da soli” ha proseguito Benedetto XVI, ”vogliamo
possedere il mondo e la nostra stessa vita in modo illimitato. Dio ci è
d’intralcio. O si fa di Lui una semplice frase devota o Egli viene negato del
tutto, bandito dalla vita pubblica, cosi’ da perdere ogni significato”. ”La
tolleranza, che ammette per cosi’ dire Dio come opinione privata – ha spiegato
Ratzinger – ma gli rifiuta il dominio pubblico, la realtà del mondo e della
nostra vita, non è tolleranza ma ipocrisia. Laddove pero’ l’uomo si fa unico
padrone del mondo e proprietario di se stesso, non puo’ esistere la giustizià’.
”Là puo’ dominare solo l’arbitrio del potere e degli interessi”, ha aggiunto
Benedetto XVI. ”Certo, si puo’ cacciare il Figlio fuori della vigna e ucciderlo
– ha poi detto – per gustare egoisticamente da soli i frutti della terra. Ma
allora la vigna ben presto si trasforma in un terreno incolto calpestato dai
cinghiali”.

La Chiesa d’Europa e l’occidente sono per queste ragioni a rischio. L’abbandono
di Dio, il venir meno all’impegno verso di lui e i suoi doni, la silenziosa
apostasia dell’Europa come la chiamo’ Giovanni Paolo II, rappresentano un
problema e una sfida decisivi per la Chiesa di Roma e per il sinodo che si
riunirà nei prossimi giorni. Il Papa ha evocato, in termini biblici, la
punizione di Dio verso gli uomini e verso la stessa Chiesa incapaci di rinnovare
la fede attraverso una nuova conversione. Eppure la speranza risorge perchè
”Dio non falliscè’. Di particolare significato, in questo senso, le parole
conclusive dell’omelia con le quali Benedetto XVI ha voluto dare impulso a una
visione positiva e ricca di possibilità per il futuro: ”Se rimaniamo uniti a
Lui allora porteremo frutto anche noi, allora anche da noi non verrà più
l’aceto dell’autosufficienza, della scontentezza di Dio e della sua creazione,
ma il vino buono della gioia in Dio e dell’amore verso il prossimo”

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