Non soggette a revocatoria le rimesse effettuate dal terzo fideussore sul conto dell’imprenditore poi fallito – CASSAZIONE CIVILE, Sezioni Unite, Sentenza n. 16874 del 12/08/2005
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La Corte di Cassazione, con
sentenza n. 16874 del 12.08.2005, ha stabilito che le rimesse effettuate dal
terzo fideiussore sul conto corrente dell’imprenditore, poi fallito, non sono
revocabili quando il terzo non ha messo il debitore in condizione di avere la
disponibilità della somma.
Innanzittutto ” in
relazione a tale materia ” è stato evidenziato un consolidato orientamento
giurisprudenziale in base al quale il pagamento del debito del fallito da parte
di un terzo puo’ essere revocato soltanto qualora abbia comportato una lesione
della par condicio creditorum, ossia quando il terzo abbia eseguito il pagamento
avvalendosi, direttamente o indirettamente, del denaro del fallito, ovvero
quando, prima del fallimento, il terzo abbia utilmente effettuato la rivalsa.
In relazione a tale
orientamento è sorto un contrasto, sul quale le Sezioni unite sono state
chiamate a pronunciarsi. Da un lato viene messo in luce il principio
dell’autonomia contrattuale, in virtù del quale è consentito che il
fideiussore di uno scoperto di conto corrente bancario estingua il proprio
debito fideiussorio in modo indiretto (cioè mediante accredito della somma sul
conto del fallito) anzichè mediante versamento diretto della banca. In replica
agli orientamenti contrari, si afferma che quando il credito della banca è
esigibile la rimessa effettuatadal terzo sul conto corrente del debitore poi
fallito è un atto neutro e si ripete che il principio di autonomia contrattuale
consente al fideiussore di uno scoperto di conto corrente di estinguere la
propria obbligazione in modo indiretto, ossia mediante accreditamento della
somma sul conto del debitore. In sostanza, il fideiussore di regola è obbligato
in solido col debitore principale al pagamento del debito e quindi è titolare
passivo di un’obbligazione autonoma propria, ancorchè accessoria e di contenuto
identico rispeto all’obbligazione principale. Ha pertanto un interesse diretto
ad adempiere la propria obbligazione di garanzia, allo scopo di evitare le
conseguenze cui sarebbe esposto per effetto dell’inadempimento.
Conseguentemente, il pagamento eseguito dal garante al creditore non incide
negativamente sul patrimonio del debitore principale poi fallito e non viola la
par condicio creditorum.
Si deve quindi considerare
la tesi propugnata dall’otientamento prevalente, secondo cui il versamento
eseguito da un terzo sul conto corrente bancario del debitore poi fallito
costituisce ex se un atto neutro, con valenza meramente contabile. Il suo
significato giuridico non puo’ essere fissato in modo unitario, ma deve essere
valutato alla stregua dei singoli negozi giuridici nei quali di volta in volta
trova causa. Occorre verificare il negozio giuridico, nel quale la rimessa trova
causa, allo scopo di stabilire se il pagamento sia o meno dovuto,se sia
annullabile e o revocabile e distinhueremo all’interno delle rimesse, se queste
siano riferibili al correntista, al terzo debitore del fallito ovvero al terzo
che sia anche debitore della banca. In altre parole,non è sufficiente fermarsi
alla modalità formale, in sè neutra, della rimessa, ma è necessario aver
riguardo al titolo e alla causa di essa, allo scopo di accertarne le conseguenze
giuridiche ( tra cui l’eventuale revocabilità). Le Sezioni Unite, dunque,
concludono affermando Il principio secondo cui “In tema di azione revocatoria
fallimentare, le rimesse effettuate dal terzo fideiussore sul conto corrente
dell’imprenditore, poi fallito, non sono revocabili ai sensi dell’art. 67, comma
secondo, della legge fallimentare, quando risulti che attraverso la rimessa il
terzo non ha posto la somma nella disponibilità giuridica e materiale del
debitore, ma ha adempiuto in qualità di terzo fideiussore l’obblogazione di
garanzia nei confronti della banca creditrice”.
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CASSAZIONE CIVILE, Sezioni Unite, Sentenza n. 16874 del 12/08/2005