Lavoro

Legittimo il licenziamento di una infermiera che sbaglia il dosaggio di un medicinale da somministrare ad un paziente -; CASSAZIONE CIVILE, Sezione Lavoro, Sentenza n. 13317 del 21/06/2005

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Legittimo il
licenziamento di una infermiera che sbaglia il dosaggio di un medicinale da
somministrare ad un paziente. Lo ha stabilito La Sezione Lavoro della Corte di
Cassazione nella sentenza n. 13317/2005. Siffatto comportamento, unitamente alla
condotta aggressiva ed ingiuriosa  successivamente tenuta verso la caposala e le
colleghe che la avevano rimproverata, costituisce un giustificato motivo di
risoluzione del rapporto di lavoro.

 


 CASSAZIONE CIVILE, Sezione Lavoro, Sentenza n. 13317 del 21/06/2005


SENTENZA


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Ospedale
pediatrico del Bambin Gesù di Roma ha licenziato per giustificato motivo
soggettivo, con preavviso, la infermiera professionale D.G. A. L., previa
rituale contestazione dei seguenti due addebiti: aver il giorno 20 maggio 1997
preparato (e consegnato per la somministrazione), una terapia con dosaggio
superiore a quello prescritto; avere il 22 maggio successivo, in relazione
all’episodio precedente, tenuto una condotta aggressiva ed ingiuriosa verso la
caposala e le colleghe.


L’impugnazione del licenziamento è stata respinta dal primo giudice e, in sede
di appello, dalla Corte d’Appello di Roma con sent. 25 giugno/ 17 ottobre 2002
n. 2783, che all’esito di un’ampia istruttoria testimoniale ha ritenuto i fatti
accertati ed il loro disvalore proporzionato al provvedimento solutorio assunto.

Avverso tale
sentenza ha proposto ricorso per cassazione la D. G., con cinque motivi.

L’Ospedale
intimato si è costituito con controricorso, resistendo; ha depositato memoria
ai sensi dell’art. 378 c.p.c.


MOTIVI DELLA
DECISIONE

Con i primo
motivo la ricorrente, deducendo omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione su punto decisivo della controversia (art. 360, n. 5 c.p.c.),
censura la sentenza impugnata per la valutazione delle risultanze istruttorie
relative al primo episodio; contestato il sovradosaggio, che sarebbe affermato
solo dalla madre del bambino, mentre si trattava di una bolla d’aria; sostiene
che vi era la prassi per cui gli infermieri non somministravano direttamente il
farmaco al bambino ricoverato, ma lo consegnavano ala madre.

Contestato
poi il secondo episodio, che sarebbe affermato dalla sola caposala.

Il motivo è
palesemente infondato.

La deduzione
di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione
conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito
della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio,bensi’ la sola
facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della
coerenza logico- formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al
quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio
convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità
e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo,
quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad
esse sottesi, dando, cosi’, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi
di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge).

Ne consegue
che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione,
insufficienza, contraddittorietà della medesima, puo’ legittimamente dirsi
sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile
traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della
controversia, prospettato dalle partii o rilevabile di ufficio, ovvero quando
esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate,
tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico- giuridico
posto a base della decisione (Cass. 9 febbraio 2004 n. 2399; Cass. Sez. Un. 27
dicembre 1997 n. 13045; Cass. Sez. Un. 11 giugno 1998 n. 5802; Cass. 22 ottobre
1993 n. 10503).

La ricorrente
si limita a prospettare una diversa ricostruzione dei fatti, senza evidenziare
alcun vizio logico della sentenza impugnata, che appare ampiamente e
congruamente motivata.

Con il
secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt.
39 e 42, comma 6, lett. f) e g) del contratto collettivo; difetto di motivazione
travisamento di fatto in relazione ai fatti oggetto della previsione
contrattuale.

Il motivo è
inammissibile, non essendo consentito a questa Corte di legittimità il
sindacato diretto dei contratti collettivi.

Con il terzo
motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt.
421, 2° comma, e 424 c.p.c., si duole che il giudice d’appello non abbia accolto
la richiesta di esperimento giudiziario e7o di consulenza tecnica d’ufficio, e
non l’abbia disposta d’ufficio.

Valgono le
considerazioni del primo motivo.

Sono infine
infondati il quarto motivo, con cui la ricorrente afferma che il giudice del
merito viola il principio istituzionale secondo cui jura novit curia, ed il
quinto motivo, con cui la ricorrente ritorna sulla valutazione delle prove e
sulla proporzionalità della sanzione, senza offrire alcun argomento
suscettibile di formare oggetto di sindacato di legittimità.

Il ricorso va
pertanto respinto.

Le spese
processuali seguono la soccombenza e vengono liquidate in Euro 32, 00 oltre Euro
millecinquecento per onorari di avvocato.


PQM

Rigetta il
ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese del presente giudizio
liquidate in Euro 32,00 oltre Euro millecinquecento per onorari di avvocato,
oltre spese generali, IVA e CPA..

Roma, 16 gen.
2004.

Depositata in
Cancelleria il 21 giugno 2005.

 

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