Ce Giustizia

Legittimo il divieto di utilizzare in Italia dopo il 31 marzo 2007 la denominazione “vino Tocai” – Corte di giustizia delle Comunità europee, Sezione II, Sentenza 12/05/2005

Il divieto di utilizzare in Italia la
denominazione "Tocai" dopo il 31 marzo 2007, risultante dallo scambio
di lettere concernente l’art. 4 dell’accordo tra la Comunità europea e la
Repubblica d’Ungheria sulla tutela e il controllo reciproci delle denominazioni
dei vini, non è in contrasto con la disciplina delle denominazioni omonime
stabilita dall’art. 4, n. 5, dell’accordo medesimo.
Il diritto di proprietà non
osta al divieto imposto agli operatori interessati della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia di utilizzare il termine "Tocai" nella menzione
"Tocai friulano" o "Tocai italico" per la designazione e la
presentazione di taluni vini italiani di qualità prodotti in una regione
determinata alla fine di un periodo transitorio con scadenza 31 marzo 2007,
risultante dallo scambio di lettere concernente l’art. 4 dell’accordo tra la
Comunità europea e la Repubblica d’Ungheria sulla tutela e il controllo
reciproci delle denominazioni dei vini che è allegato a tale accordo ma non
figura nell’accordo stesso. Gli artt. 22-24 dell’accordo sugli aspetti dei
diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, che figura
all’allegato I C dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del
commercio, approvato a nome della Comunità europea, per le materie di sua
competenza, con decisione del Consiglio 22 dicembre 1994, 94/800/CE, devono
essere interpretati nel senso che, in un caso quale quello della causa
principale, relativo ad un’omonimia tra un’indicazione geografica di un paese
terzo e la denominazione che riprende il nome di un vitigno utilizzato per la
designazione e la presentazione di determinati vini comunitari che ne derivano,
tali disposizioni non esigono che quella denominazione possa continuare ad
essere utilizzata in futuro nonostante la doppia circostanza che essa sia stata
utilizzata in passato dai rispettivi produttori o in buona fede o per almeno
dieci anni prima del 15 aprile 1994 e che indichi chiaramente il paese, la
regione o la zona di origine del vino protetto in modo da non indurre in errore
i consumatori.

 

Sentenza  della Corte di giustizia delle
Comunità europee del 12 maggio 2005

 

Nel procedimento C-347/03,

avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 234
CE, proposta alla Corte dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con
ordinanza 9 giugno 2003, pervenuta in cancelleria
il 7 agosto 2003, nella causa
dinanzi ad esso pendente tra

Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia e Agenzia regionale per lo sviluppo
rurale (ERSA)

e

Ministero delle Politiche Agricole e Forestali,

in presenza di:

Regione Veneto,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W.A. Timmermans (relatore), presidente di sezione, dalla
sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. R. Schintgen, G. Arestis e J. Klučka,
giudici,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16
dicembre 2004,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla validità e
sull’interpretazione della decisione del Consiglio 23 novembre 1993, 93/724/CE,
concernente la conclusione di un accordo tra la Comunità europea e la Repubblica
d’Ungheria sulla tutela e il controllo reciproci delle denominazioni dei vini
(GU L 337, pag. 93; in prosieguo: l'”accordo CE-Ungheria sui vini”), e del
regolamento (CE) della Commissione 29 aprile 2002, n. 753, che fissa talune
modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio per quanto riguarda la
designazione, la denominazione, la presentazione e la protezione di taluni
prodotti vitivinicoli (GU L 118, pag. 1).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito della controversia tra, da un
lato, la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e l’Agenzia regionale per lo
sviluppo rurale (ERSA) (in prosieguo, congiuntamente: “la Regione e l’ERSA”) e,
dall’altro, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.

3 La controversia ha ad oggetto una domanda di annullamento del decreto
ministeriale 26 settembre 2002, concernente condizioni nazionali per
l’utilizzo, in deroga al disposto dell’art. 19, n. 1, lett. c), del regolamento
(CE) n. 753/2002,
dei nomi di varietà di vite e dei loro sinonimi comprendenti un’indicazione
geografica, elencati nell’allegato II del citato regolamento, che possono
figurare nell’etichettatura dei VQPRD [vini di qualità prodotti in una regione
determinata] e vini IGT [indicazioni geografiche tipiche] italiani (GURI 21
ottobre 2002, n. 247, pag. 3; in prosieguo: il “decreto 26 settembre 2002”),
nella parte in cui esclude l’utilizzo del termine “Tocai” nella menzione “Tocai
friulano” o nel suo sinonimo “Tocai italico” per la designazione e la
presentazione di taluni vini italiani, in particolare dei vini di qualità
prodotti in una regione determinata (in prosieguo: i “v.q.p.r.d.”), alla fine
di un periodo transitorio che scade il 31 marzo 2007.

Contesto normativo

Diritto internazionale

La convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati

4 L’art. 48, n. 1, della convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati del 23
maggio 1969 dispone quanto segue:

“Uno Stato puo’ invocare un errore in un trattato come vizio del suo consenso a
vincolarsi a quel trattato se l’errore riguarda un fatto o una situazione che
quello Stato supponeva esistente al momento in cui il trattato è stato
concluso e che costituiva una base essenziale del consenso di quello Stato a
vincolarsi al trattato”.

5 Ai sensi dell’art. 59 della stessa convenzione:

“1. Si ritiene che un trattato abbia avuto termine qualora tutte le parti del
trattato abbiano concluso successivamente un trattato sullo stesso argomento e:

a) se risulta dal trattato successivo o è in altro modo accertato che era
intenzione delle parti di regolare la materia in questione con tale trattato; o

b) se le disposizioni del trattato successivo sono incompatibili con quelle del
trattato precedente in modo tale che non sia possibile applicare due trattati
contemporaneamente.

( )”.

La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali

6 L’art. 1 del protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sottoscritta
a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la “CEDU”), cosi’ recita:

“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno
puo’ essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica
e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto
internazionale.

Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di
mettere in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso
dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento
delle imposte o di altri contributi o delle ammende”.

Il diritto derivato dall’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del
commercio

7 L’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al
commercio (in prosieguo: l'”accordo ADPIC”, in lingua inglese “TRIPs”), che
figura all’allegato 1 C
dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (in
prosieguo: l'”accordo OMC”), è stato approvato a nome della Comunità europea,
per le materie di sua competenza, con decisione del Consiglio 22 dicembre 1994,
94/800/CE (GU L 336, pag. 1).

8 L’art. 1, n. 2, dell’accordo ADPIC, intitolato “Natura e ambito degli
obblighi”, dispone quanto segue:

“Ai fini del presente accordo, l’espressione “proprietà intellettuale”
comprende tutte le categorie di proprietà intellettuale di cui alla parte II,
sezioni da 1 a
7″.

9 Gli artt. 22-24 dell’accordo ADPIC figurano nella parte II dello stesso
accordo, dedicata alle “Norme relative all’esistenza, all’ambito e
all’esercizio dei diritti di proprietà intellettuale”, nella sezione 3 di tale
titolo, relativa alle “Indicazioni geografiche”.

10 Ai sensi dell’art. 22 di tale accordo, intitolato “Protezione delle
indicazioni geografiche”:

“1. Ai fini del presente accordo, per indicazioni geografiche si intendono le
indicazioni che identificano un prodotto come originario del territorio di un
membro, o di una regione o località di detto territorio, quando una
determinata qualità, la notorietà o altre caratteristiche del prodotto siano
essenzialmente attribuibili alla sua origine geografica.

( )”.

11 L’art. 23 dell’accordo ADPIC, intitolato “Protezione aggiuntiva delle
indicazioni geografiche per i vini e gli alcolici”, cosi’ recita:

“1. Ciascun membro prevede i mezzi legali atti a consentire alle parti
interessate di impedire l’uso di un’indicazione geografica che identifichi dei
vini per vini non originari del luogo indicato dall’indicazione geografica in
questione, o di un’indicazione geografica che identifichi degli alcolici per
alcolici non originari del luogo indicato dall’indicazione geografica in
questione ( ).

( )

3. Nel caso di indicazioni geografiche omonime relative a vini, la protezione
viene accordata a ciascuna indicazione ( ). Ciascun membro determina le
condizioni pratiche alle quali le indicazioni omonime in questione saranno
distinte l’una dall’altra, tenendo conto della necessità di fare in modo che i
produttori interessati ricevano un trattamento equo e che i consumatori non
siano tratti in inganno.

( )”.

12 L’art. 24 dello stesso accordo, intitolato “Negoziati internazionali.
Eccezioni”, dispone quanto segue:

“1. I membri convengono di avviare negoziati al fine di aumentare la protezione
di singole indicazioni geografiche ai sensi dell’articolo 23. ( )

( )

3. Nell’attuare la presente sezione, un membro non puo’ diminuire la protezione
delle indicazioni geografiche vigente nel suo ambito immediatamente prima della
data di entrata in vigore dell’accordo OMC.

4. Nessuna disposizione della presente sezione obbliga un membro ad impedire
l’uso continuato e simile di una particolare indicazione geografica di un altro
membro che identifichi vini o alcolici, in relazione a prodotti o servizi, da
parte di suoi cittadini o di residenti nel suo territorio che abbiano
utilizzato tale indicazione geografica in modo continuato per gli stessi
prodotti o servizi o per prodotti o servizi ad essi affini nel territorio di
detto membro (a) per almeno 10 anni prima del 15 aprile 1994 o (b) in buona
fede prima di tale data.

( )

6. ( ) La presente sezione non obbliga in alcun modo un membro ad applicarne le
disposizioni in relazione ad un’indicazione geografica di qualsiasi altro
membro per vini per i quali la pertinente indicazione sia identica alla
denominazione comune di una varietà d’uva esistente nel territorio di detto
membro alla data di entrata in vigore dell’accordo OMC.

( )”.

L’accordo di associazione CE-Ungheria

13 L’accordo europeo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e
i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d’Ungheria, dall’altra,
concluso ed approvato a nome della Comunità con decisione del Consiglio e
della Commissione 13 dicembre 1993, 93/742/Euratom, CECA, CE (GU L 347, pag. 1;
in prosieguo: l'”accordo di associazione CE-Ungheria”), è stato firmato il 16
dicembre 1991 a
Bruxelles e, conformemente al suo art. 123, secondo comma, è entrato in vigore
il 1° febbraio 1994.

14 In attesa dell’entrata in vigore dell’accordo di associazione CE‑Ungheria,
l’accordo interinale tra la Comunità economica europea e la Comunità europea
del carbone e dell’acciaio, da un lato, e la Repubblica d’Ungheria, dall’altro,
sul commercio e sulle questioni connesse, è stato concluso ed approvato a nome
della Comunità con decisione del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/230/CEE (GU L
116, pag. 1; in prosieguo: l'”accordo interinale CE‑Ungheria”). Tale accordo è
stato sottoscritto il 16 dicembre 1991 a Bruxelles ed è entrato in vigore il 25
febbraio 1992.

L’accordo CE-Ungheria sui vini

15 L’accordo CE-Ungheria sui vini, sottoscritto a Bruxelles il 29 novembre
1993, è stato concluso ed approvato a nome della Comunità con decisione
93/724 ed è entrato in vigore il 1° aprile 1994.

16 Il primo “visto” della decisione 93/724 cosi’ recita:

“visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare
l’articolo [133]”.

17 Il primo e il terzo ‘considerando’ della detta decisione sono del seguente
tenore:

“considerando che la conclusione dell’accordo negoziato tra la Comunità
europea e la Repubblica d’Ungheria sulla tutela e il controllo reciproci delle
denominazioni dei vini consentirà di combattere più efficacemente la
concorrenza sleale nell’esercizio del commercio, di tutelare meglio il
consumatore e di promuovere gli scambi di vino tra le due parti contraenti; che
è pertanto opportuno approvare l’accordo suddetto;

( )

considerando che, trattandosi di un accordo le cui disposizioni sono
direttamente connesse alle misure disciplinate dalla politica commerciale [e]
agricola comune, [in particolare dalla normativa comunitaria del settore
vitivinicolo,] è necessario attuare tale accordo sul piano comunitario”.

18 Ai sensi dell’art. 1 della stessa decisione:

“Sono approvati a nome della Comunità l’accordo tra la Comunità europea e la
Repubblica d’Ungheria sulla tutela e il controllo reciproci delle denominazioni
dei vini e il protocollo, gli scambi di lettere e le dichiarazioni ad esso
allegati.

Il testo degli atti di cui al primo comma è accluso alla presente decisione”.

19 Il primo “visto” dell’accordo CE-Ungheria sui vini enuncia quanto segue:

“visto l’accordo europeo che istituisce un’associazione tra le Comunità
europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d’Ungheria,
dall’altra, firmato a Bruxelles il 16 dicembre 1991”.

20 L’art. 1 dell’accordo CE-Ungheria sui vini cosi’ recita:

“Le parti contraenti convengono, sulla base della reciprocità, di tutelare e
di controllare

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