Giustizia, la Camera approva la riforma dell’ordinamento
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La Camera ha
votato la fiducia al nuovo ordinamento di riforma della giustizia. Il governo
incassa 284 voti a favore. I contrari sono stati 219 contrari, e 4 gli astenuti.
Con questo voto il ddl Castelli diviene legge dello Stato. ”Questa riforma la
vuole la Costituzione. Nessun governo, nessuna maggioranza era riuscita a farla.
E’ la dimostrazione che questa maggioranza e questo governo hanno riportato il
Parlamento alla sua centralità. E’ un altro impegno mantenuto dalla Casa delle
libertà. Credo che il Paese oggi abbia fatto un serio passo avanti”. E’ il
primo commento che arriva proprio dal ministro della Giustizia,
Roberto Castelli,
dopo l’approvazione definitiva da parte della Camera della riforma
dell’ordinamento giudiziario.
L’Udc non ha
preso parte alle dichiarazioni di voto. I centristi, pero’, hanno votato la
fiducia al provvedimento. ”Ci sono cose che non vanno bene ma la riforma è da
approvare. Qualche problema c’è, ma non c’è bisogno di alcuna enfasi. La
riforma la voteremo”, aveva spiegato in Transatlantico il vicesegretario
vicario dell’Udc e viceministro alle Infrastrutture Mario Tassone. Critico il
commento dopo il voto dell’Anm.
La legge delega di riforma dell’ordinamento giudiziario ”non contribuirà a
rendere più efficiente la giustizia nel nostro Paese, ma servirà soltanto a
burocratizzare la magistratura e a rendere meno libero e indipendente il ruolo
dei giudici e dei pubblici ministeri”. L’Associazione
nazionale magistrati ribadisce il suo punto di vista su quella
che giudica una ”pessimà’ riforma: ”Pur nel rispetto che si deve ad una legge
approvata dal Parlamento, è evidente che il progetto da essa delineato è
inesorabilmente destinato a fallirè’, mette in guardia il ‘sindacato delle
toghè. ”E’ una legge anacronistica -denuncia ancora una volta l’Anm- che
riporta indietro nel tempo la giurisdizione e la magistratura, ripetendo modelli
in vigore prima della Costituzione e giustamente poi accantonati”. Duro anche
il commento del leader dell’Italia dei Valori
Antonio di Pietro. Che dopo la
votazione ha detto: ”Quello di oggi non è un voto sulla riforma della
Giustizia, ma una dichiarazione di resa, l’estremo gesto ricattatorio dal bunker
nel quale si è rifugiata questa maggioranza, che su questo delicatissimo tema
ha sempre rifiutato il dialogo, ed ha imposto, per debolezza, una decisione
ricattatoria allo scopo di evitare la ritrosia morale di qualche parlamentare
nel segreto dell’urnà’.
Deluso il ministro Gianni
Alemanno dal fatto che si è dovuto ricorrere al voto di
fiducia. ”C’è amarezza – ha detto l’esponente di An – per il fatto che questa
riforma è stata fatta senza una condivisione e serenità nei confronti della
magistraturà’. ”Le grandi riforme -ha sottolineato ancora il ministro- si
dovrebbero fare con un consenso molto più allargato, purtroppo non ci siamo
riusciti. Speriamo di riuscirlo a fare per i successivi interventi legislativi”.
Le novità
del provvedimento, dal concorso unico alle carriere
Concorso
unico per entrare in magistratura, ma con l’obbligo se si sceglie la funzione di
pm o di giudice; possibilità di far carriera più velocemente attraverso
concorsi per titoli ed esami; colloqui di idoneità psico-attitudinale
"nell’ambito dell’orale" dei concorsi; obbligo per il pg della Cassazione di
avviare l’azione disciplinare; istituzione della scuola della magistratura.
Questi i punti cardine della legge delega di riforma dell’ordinamento
giudiziario. Il provvedimento, sul quale oggi alla Camera il governo ha posto la
fiducia, ha subito alcune modifiche negli ultimi passaggi dopo il rinvio al
Parlamento disposto dal presidente della Repubblica.
Separazione delle funzioni:
Per entrare in magistratura il concorso resta unico, ma viene introdotto
l’obbligo di indicare già nella domanda di ammissione se si voglia ricoprire la
funzione di pm o di giudice. Scelta che diventa definitiva dopo cinque anni. Per
passare da una funzione all’altra, i magistrati dovranno sostenere un esame
orale e frequentare un corso presso la scuola della magistratura, il cui
giudizio finale spetta al Csm, e sarà necessario anche cambiare distretto
giudiziario.
Concorsi:
All’avanzamento in carriera legato all’anzianità viene affiancato un sistema di
concorsi per titoli ed esami per far carriera più velocemente. La prova si
svolgerà su un caso pratico. Il concorso è obbligatorio per chi voglia
svolgere funzione diverse da quelle di primo grado. Anche in questo caso il
giudizio finale sulla frequentazione al corso della scuola della magistratura
spetta al Csm. Tra le novità introdotte dal Parlamento, una prevede che l’esito
dei corsi di formazione alle funzioni di secondo grado e alle funzioni di
legittimità abbia una validità di sette anni, salva la facoltà per il
magistrato di partecipare in questo periodo ad un nuovo corso.
Colloqui psico-attitudinali:
Nell’ambito dell’orale del concorso , i magistrati dovranno sostener anche
"colloqui di idoneità psico-attitudinali".
Azione disciplinare:
Il pg della Cassazione ha l’obbligo, e non più la facoltà, di esercitare
l’azione disciplinare nei confronti di un magistrato. Il ministro potrà opporsi
al ‘non luogo a procederè a conclusione dell’istruttoria, ma soltanto nel caso
in cui sia stato lui a promuovere l’azione disciplinare. Il termine della
prescrizione è di un anno e non più due come previsto in origine dal ddl.
Partecipazione politica:
I magistrati non possono iscriversi a partiti nè partecipare ad "attività di
centri politici o affaristici che ne possano condizionare l’esercizio delle
funzioni o appannare l’immagine".
Scuola della magistratura:
Ha il compito di occuparsi della formazione dei giovani magistrati, gli uditori
giudiziari, ma anche di organizzare corsi di aggiornamento professionale. Gode
di una autonomia contabile, giuridico e funzionale. Il comitato direttivo è
composto da sette membri: due sono magistrati ordinari nominati dal Csm; altri
due sono il primo presidente e il pg della Cassazione, o loro sostituti; uno è
un avvocato nominato dal Consiglio nazionale forense, uno un professore
universitario nominato dal Consiglio universitario nazionale; uno è nominato
dal ministro della Giustizia. Il giudizio finale sulla partecipazione dei
magistrati ai suoi corsi resta, secondo le ultime modifiche apportate, al Csm.
Procure: Il
procuratore capo decide i criteri di organizzazione dell’ufficio e di
assegnazione dei procedimenti tra i magistrati. In caso di divergenze o
inosservanze dei criteri indicati, puo’ revocare l’assegnazione di un fascicolo
e, in questo caso, dorà inviare al pg della Cassazione il provvedimento di
revoca, assieme alle sua valutazioni sull’operato del magistrato. Dovrà anche
segnalare, obbligatoriamente, al Consiglio giudiziario i comportamenti che
contrastano con le sue disposizioni.
Istituzione manager:
Presso le Corti di Appello di Roma, Milano, Napoli e Palermo è prevista la
figura di un direttore tecnico – un manager – cui sono affidate l’organizzazione
e la gestione dei servizi non aventi carattere giurisdizionale. Tra i suoi
compiti, la gestione e il controllo delle risorse umane, finanziarie e
strumentali relative ai servizi tecnico-amministrativi degli uffici giudicanti e
requirenti del distretto. Dovrà anche razionalizzare e organizzare il loro
utilizzo e programmare la necessità di nuove strutture tecniche e logistiche,
provvedere al loro costante aggiornamento e pianificare il loro utilizzo in
relazione al loro carico esistente, e alla sua prevedibile evoluzione.
Anno giudiziario:
La relazione annuale sullo stato dell’amministrazione della giustizia, svolta in
Cassazione, viene affidata al primo presidente, non più al pg. Analogamente,
anche nei distretti di Corte d’Appello le relazioni inaugurali vengono
pronunciate dai presidenti e non più dai procuratori generali. In entrambi i
casi resta ferma la facoltà, per il pg e i procuratori generali, di prendere
comunque la parola, facoltà valevole anche per i rappresentanti
dell’Avvocatura. Il Parlamento, venendo incontro ai rilievi di Ciampi, ha
modificato le norme relative al ministro della Giustizia: "Entro il ventesimo
giorno dalla data di inizio di ciascun anno giudiziario – recita il
provvedimento – il ministro della Giustizia dà comunicazione alle Camere
sull’amministrazione della giustizia del precedente anno, nonchè sugli
interventi da adottare ai sensi dell’articolo 110 della Costituzione e sugli
orientamenti e i programmi legislativi del governo in materia giudiziaria".
Quattro, sostanzialmente, sono stati i rilievi del Capo dello Stato al disegno
di legge di riforma dell’ordinamento giudiziario, oltre ad alcune considerazioni
di carattere generale. In particolare, Ciampi aveva espresso perplessità sulle
parti del ddl riguardanti: la relazione del ministro sull’amministrazione della
giustizia, l’inaugurazione dell’anno giudiziario "sulle linee di politica
giudiziaria per l’anno in corso"; sull’istituzione dell’ufficio regionale di
monitoraggio dei procedimenti, che avrebbe comportato "un grave condizionamento
dei magistrati nell’esercizio delle loro funzioni". E ancora, sulla facoltà del
ministro di impugnare le delibere del Csm riguardanti il conferimento o la
proroga di incarichi direttivi dei magistrati; ed, infine, sulla "menomazione
dei poteri del Consiglio superiore della Magistratura" che scaturirebbe da
alcuni passaggi contenuti nella riforma, come il nuovo sistema concorsuale per
l’accesso alla magistratura. Di conseguenza, queste le modifiche apportate al
provvedimento:
Relazione del ministro:
Le nuove norme modificate prevedono che "entro il 20esimo giorno dalla data di
inizio di ciascun anno giudiziario, il ministro della Giustizia rende
comunicazione alle Camere sull’amministrazione della giustizia del precedente
anno, nonchè sugli interventi da adottare ai sensi dell’art. 110 della
Costituzione e sugli orientamenti e i programmi legislativi del governo in
materia di giustizia".
Ufficio di monitoraggio dei
procedimenti: Il Parlamento ha rinunciato alla sua
istituzione, depennando le relative norme dal disegno di legge.
Potere ministro su incarichi:
Il ministro puo’ adire alla giustizia amministrativa nei confronti di un
provvedimento, non in relazione all’assetto del rapporto tra ministro e Csm ma
solo nel caso in cui i conferimenti degli incarichi da parte del Csm presentino
vizi di legittimità.
Concorsi: Le
nuove norme prevedono, fermo restando le competenze del Csm, che sia per quanto
riguarda la frequenza al corso di formazione alla Scuola della magistratura che
il sostenimento dell’esame dinnanzi alla commissione, si sostituisce al giudizio
o all’esito positivo, il concetto di idoneità, rimesso in via finale alla
valutazione del Csm.
Incarichi direttivi:
Le norme prevedono che "non possono essere conferiti incarichi direttivi
giudicanti e requirenti di legittimità a magistrati che abbiano meno di 2 anni
di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo prevista
dall’art. 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, e non possono
essere conferiti incarichi direttivi giudicanti e requirenti di primo e di
secondo grado a magistrati che abbiano meno di 4 anni di servizio prima della
data di ordinario collocamento a riposo prevista dal citato art. 5 del regio
decreto legislativo n. 511 del 1946. Tale disposizione si applica anche alle
procedure per il conferimento degli incarichi direttivi in corso alla data di
entrata in vigore della presente legge".