Corte Costituzionale

Possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimaldelli, la norma dell’art. 707 c.p non viola i principi di materialità e offensività -; CORTE COSTITUZIONALE, Sentenza n. 265 del 07/07/2005

Il
principio di necessaria offensività costituisce, insieme a quello di
legalità, un caposaldo del nostro sitema sanzionatorio penale. La norma
penale, in sostanza, deve essere interpretata in modo da limitare la
punibilità ai fatti offensivi del bene giuridico, in ossequio alla
insopprimibile esigenza di ancorare, anche visivamente, la responsabilità
penale alla offesa reale dell’interesse protetto, nel quadro di un diritto
penale specificamente finalizzato a proteggere i più rilevanti beni giuridici e
centrato sulla tassativa descrizione dei fatti costituenti reato.  In sostanza, non è punibile chi ha commesso
un fatto previsto come reato nel caso in cui esso non abbia determinato
concretamente la offesa dell’interesse protetto. Orbene, l’applicazione di
detto principio trova il suo momento più “critico” a proposito dei reati di
pericolo, laddove l’individuazione di una effettiva ofensività è molto piu
complessa a motivo del fatto che il bene giuridico è solo “potenzialmente”
minacciato, concretizzandosi, in sotanza il “pericolo di un pericolo”. 

 

In take contesto, con
due ordinanze di identico tenore, il Tribunale di Viterbo
ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3, 13, 24, secondo comma, 25, secondo
comma, 27, primo, secondo e terzo comma, della Costituzione, della legittimità
costituzionale dell’art. 707 del codice penale (Possesso ingiustificato di
chiavi alterate o di grimaldelli) adducendo la violazione dei principà® di
ragionevolezza e di eguaglianza, della presunzione di non colpevolezza, della
finalità rieducativa della pena e del diritto di difesa, ma, soprattutto,il
contrasto con i principà® di materialità e offensività del reato,
riconducibili all’art. 25, secondo comma, anche in collegamento con gli artt. 13
e 27, primo, secondo e terzo comma,
Cost., dalla cui violazione discenderebbe la lesione degli altri parametri
evocati.

La Corte, richiamando la propria giurisprudenza
in materia, ha escluso che possa raffigurarsi una violazione del principio di
materialità, il quale, a giudizio del rimettente, consisterebbe nel fatto che
la fattispecie in esame non descrive una condotta oggettivamente apprezzabile,
ma dei meri “stati soggettivi”, in quanto la condotta esteriore, ravvisabile
nel possesso di alcune cose, costituirebbe soltanto un fatto “indiziante, anche
in connessione con determinate condizioni personali, di reati non accertati od
ancora da compiere”. La Corte ha pero’ chiarito che il reato di cui all’art.
707 cod. pen. “presuppone una necessaria condotta, di cui il possesso attuale
di determinate cose che, quoad personam,
inducono al sospetto, non è che una conseguenza”, ribadendo poi, in
conformità a quanto sostenuto in dottrina, che “il possesso concreta già una
condotta o, comunque, fa seguito ad una condotta, tanto è vero che se il
possesso non è volontario [ ], il reato non sussiste”. In effetti, sotiene la
Corte, la fattispecie in esame è caratterizzata non solo da una condotta
positiva, rappresentata, appunto, dal possesso ” ovviamente cosciente e
volontario
di chiavi o di “strumenti atti ad
aprire o a sforzare serrature”, ma anche dalla presenza di un requisito
‘negativo’, costituito dalla mancanza di elementi idonei a giustificare
l’attuale destinazione di tali oggetti.

Quanto alla asserita violazione del principio
di offensività, ad avviso del rimettente l’art. 707 cod. pen. incriminerebbe,
in mancanza di un pericolo concreto, la mera “violazione del dovere di
obbedienza”, e configurerebbe “una sorta di reato d’autore” a carico di chi ha
riportato precedenti condanne per delitti determinati da motivi di lucro o per
contravvenzioni concernenti la prevenzione di delitti contro il patrimonio, a
prescindere dall’offesa o dalla messa in pericolo di un interesse penalmente
rilevante.

    Ma la
Corte ha già avuto modo in passato di precisare che il principio di
offensività opera su due piani, rispettivamente della previsione normativa,
sotto forma di precetto rivolto al legislatore di prevedere fattispecie che
esprimano in astratto un contenuto lesivo, o comunque la messa in pericolo, di
un bene o interesse oggetto della tutela penale (“offensività in astratto”), e
dell’applicazione giurisprudenziale (“offensività in concreto”), quale
criterio interpretativo-applicativo affidato al giudice, tenuto ad accertare
che il fatto di reato abbia effettivamente leso o messo in pericolo il bene o
l’interesse tutelato (v. sentenze numeri 360 del 1995, 263 e 519 del 2000, ove
viene appunto definita la duplice sfera di operatività, in astratto e in
concreto, del principio di necessaria offensività, quale criterio di
conformazione legislativa delle fattispecie incriminatrici e quale canone
interpretativo per il giudice).

    Ove
si tenga presente, da un lato, che il soggetto attivo deve essere persona già
condannata per delitti determinati da motivi di lucro o per contravvenzioni
concernenti la prevenzione di delitti contro il patrimonio, dall’altro che la
condotta si sostanzia nel fatto che l’agente “è colto in possesso di chiavi
alterate o contraffatte, ovvero di chiavi genuine o di strumenti atti ad aprire
o a sforzare serrature”, senza essere in grado di giustificarne l’attuale
destinazione, la fattispecie in esame
come del resto si
ricava dalla intitolazione della sottosezione in cui la stessa è collocata
mira evidentemente a prevenire, sotto
forma di reato di pericolo, la commissione di delitti contro il patrimonio.
Appare infatti non irragionevole la previsione che quel determinato soggetto,
colto in possesso di quei determinati strumenti, stia per commettere reati
contro il patrimonio mediante violenza sulle cose (quali, ad esempio, furti in
alloggi, in altri luoghi muniti di difese a tutela della proprietà, ovvero su
autovetture).

   
L’insieme degli elementi costitutivi descritti dall’art. 707 cod. pen.
consente pertanto di concludere che la norma è volta a tutelare, sotto forma
di esposizione a pericolo, un interesse penalmente rilevante, nel rispetto del
principio dell’offensività in astratto.

    E’
poi rimesso al giudice uno scrutinio particolarmente rigoroso circa la
sussistenza del requisito dell’offensività in concreto, verificando la
specifica attitudine funzionale degli strumenti ad aprire o forzare serrature
(v. ordinanza n. 36 del 1990, nonchè sentenza n. 370 del 1996), e valutando
soprattutto quando gli strumenti di cui
l’imputato è colto in possesso non denotino di per sè tale univoca
destinazione
le circostanze e le
modalità di tempo e di luogo che accompagnano la condotta, dalle quali
desumere l’attualità e la concretezza del pericolo di commissione di delitti
contro il patrimonio.

 

(Marco .Martini, 11 luglio 2005)

 

CORTE COSTITUZIONALE, Sentenza n. 265 del 07/07/2005

Giudizio

 

Presidente

CAPOTOSTI

  Relatore

NEPPI MODONA

Camera di Consiglio del

04/05/2005

  Decisione del

23/06/2005

Deposito del

07/07/2005

  Pubblicazione in G. U.

 

 

Ordinanze di rimessione

704/2004   822/2004  

Massime:

 

 

 

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