Civile

Illecita la condotta del coniuge che tace “problemi della sfera sessuale” – CASSAZIONE CIVILE, Sezione I, Sentenza n. 9801 del 10/05/2005

Sussiste un obbligo
reciproco di lealtà, correttezza e solidarietà fra le persone che hanno
deciso di legarsi in matrimonio. Tale obbligo, esistente anche prima del
matrimonio stesso, si sostanzia inoltre in un obbligo di informazione su ogni
circostanza inerente le proprie condizioni psicofisiche idonea a compromettere
la possibilità di costituire quella comunione materiale e spirituale alla
quale il matrimonio è rivolto. L?inadempimento di tali obblighi di
informazione puo’ dar luogo, quando sia tale da compromettere uno dei diritti
fondamentali della persona, quale
il
diritto ad una normale vita sessuale, alla responsabilità
civile di uno dei futuri coniugi verso l?altro.

Vedi anche:  https://www.litis.it/giunews/news.asp?id=1078 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli
Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISCUOLO
Alessandro – Presidente

Dott. LUCCIOLI Maria
Gabriella – rel. Consigliere

Dott. RORDORF Renato
– Consigliere

Dott. CECCHERINI
Aldo – Consigliere

Dott. PANZANI
Luciano – Consigliere

ha pronunciato la
seguente:

sentenza

sul ricorso proposto
da:

(…) elettivamente
domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE 173, presso l’avvocato LILIANA TERRANOVA,
rappresentata e difesa dall’avvocato CATALANO ANTONINO, giusta procura in calce
al ricorso;

– ricorrente –

contro

(…)

– intimato –

e sul 2^ ricorso n.
21279/02 proposto da:

(…) elettivamente
domiciliato in ROMA VIA VIGLIENA 2, presso l’avvocato ANTONIO IELO,
rappresentato e difeso dall’Avvocato CONIGLIARO SERGIO, giusta procura in calce
al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e
ricorrente incidentale –

contro

(…)

– intimata –

avverso
la sentenza n. 555/01
della Corte d’Appello di PALERMO, depositata il 19/06/01;

udita la relazione
della causa svolta nella Pubblica udienza del 18/04/2005 dal Consigliere Dott.
Maria Gabriella LUCCIOLI;

udito il P.M. in
persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MACCARONE Vincenzo che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso principale per guanto di ragione; per
l’assorbimento o il rigetto del ricorso incidentale.

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza del 4
marzo – 21 aprile 1998 il Tribunale di Palermo rigettava la domanda con la
quale (…) dopo aver ottenuto dall’autorità ecclesiastica la dispensa dal
matrimonio contratto con (…) e dallo stesso Tribunale la sentenza di divorzio
per inconsumazione, aveva chiesto che l’ex coniuge fosse condannato al
risarcimento del danno patrimoniale e non patrimomale subito a causa della sua
condotta illecita e contraria ai canoni di lealtà, correttezza e buona fede,
per non averla informata prima delle nozze delle sue condizioni
fisico-psichiche o della sua incapacità coeundi, e per aver omesso dopo il
matrimonio, onde evitare che le sue condizioni di salute fossero conosciute da
terzi, di sottoporsi alle opportune cure.

Proposto appello
dalla (…) ed
appello incidentale dal (…) in ordine alla disposta compensazione delle
spese, con sentenza del 2 maggio – 19 giugno 2001 la Corte di Appello di
Palermo rigettava entrambe le impugnazioni e compensava le spese del grado.

Osservava in
motivazione la Corte territoriale, quanto alla condotta posta in essere
precedentemente alle nozze, che il dovere di informazione asseritamente violato
presupponeva la consapevolezza da parte del (…) della sua malformazione; che
tale circostanza poteva ritenersi acquisita in giudizio; che il predetto aveva
volontariamente disatteso l’obbligo di comunicare alla fidanzata i suoi
problemi sessuali; che parimenti certo era che la (…) non avrebbe contratto le
nozze se fosse stata di essi informata; che tuttavia, trovando il danno
ingiusto dedotto la propria fonte nella celebrazione di un matrimonio infelice,
tale evento non poteva che essere disciplinato dai corrispondenti istituti del
diritto di famiglia, non residuando margini per l’applicazione della norma
generale di cui all’art. 2043 c.c. Osservava in particolare che il mancato
assolvimento del debito coniugale da parte del marito, determinato da causa
patologica, non costituiva in sè fatto doloso o colposo al quale collegare la
lesione dell’interesse della (…) a vedersi realizzata come donna, come moglie
e come possibile madre, essendo stata in realtà tale aspirazione frustrata
dalla malattia del marito, al medesimo non addebitabile; nè detta aspirazione
avrebbe potuto realizzarsi ove ella avesse saputo preventivamente della
malformazione del futuro coniuge. E pertanto l’unico evento suscettibile di
essere evitato ove il promesso sposo avesse informato la fidanzata sarebbe
stato il matrimonio stesso, ma tale evenienza era emendabile solo mediante
annullamento per errore essenziale sulle qualità personali o con il divorzio
per mancata consumazione, conseguito appunto nella specie.

Aggiungeva che a
diversa soluzione avrebbe potuto pervenirsi se la (…) avesse esercitato, nel
prescritto termine annuale, l’azione di nullità del matrimonio, sanzionando
gli artt. 129 bis e 139 c.c. la reticenza del coniuge cui sia addebitabile la
nullità.

Rilevava infine, in
relazione alla successiva condotta del (…) oggetto di denuncia, che il
mancato ricorso a cure specialistiche non si configurava come illecito civile,
non solo perchè in qualche misura il predetto aveva cercato di farsi curare,
quanto perchè l’esercizio del diritto sancito dall’art. 32 Cost, in base al
quale nessuno puo’ essere obbligato a sottoporsi a trattamento sanitario, non
puo’ valutarsi come fonte di responsabilità aquiliana, ed anzi ha carattere
preminente rispetto al dovere della traditio corporis nascente dal matrimonio.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la (…) deducendo sei
motivi. Il (…) ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso
incidentale fondato su un unico motivo.

 

Motivi della decisione

 

Va innanzi tutto
disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, ai sensi
dell’art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo
del proprio ricorso la (…) denunciando erronea e falsa applicazione degli
artt. 122 e 129 bis c.c., violazione dell’art. 2043 c.c., violazione degli
artt. 115 e 116 c.c., omissione e/o insufficienza di motivazione, sostiene che
la sentenza impugnata ha erroneamente scisso la condotta del (…) prospettata
come fonte di responsabilità civile in due distinte frazioni, relative al
periodo precedente e a quello successivo al matrimonio, traendo da tale
scissione altrettanto erronee conseguenze, atteso che con l’azione proposta era
stato dedotto un unico comportamento illecito e l’ingiustizia dei danni dallo
stesso derivati.

Più in particolare,
richiamato il principio secondo il quale solo l’impotenza perpetua costituisce
causa di nullità del matrimonio, osserva la ricorrente che la Corte di Appello
avrebbe dovuto accertare, a fronte delle contestazioni del (…) ed in accoglimento di istanza
dell’appellante, se l’impotenza denunciata avesse natura permanente o fosse
emendabile con le opportune cure e se nel procedimento dinanzi all’autorità
ecclesiastica, che aveva concesso la dispensa super rato, fosse emerso che
l’inconsumazione era riferibile ad impotenza perpetua del coniuge.

Con il secondo
motivo si deduce che la sentenza impugnata, nell’affermare che la (…)
disponeva dell’alternativa di chiedere l’annullamento del matrimonio,
beneficiando dei contributi economici previsti dalla relativa disciplina, o
ottenere il divorzio, con esclusione di ogni pretesa risarcitoria, stante la
possibilità di ottenere l’assegno divorzile, ha disatteso la consolidata
giurisprudenza che attribuisce a detto assegno funzione assistenziale, e non
risarcitoria, ed ha violato i principi elaborati in sede di legittimità circa
la risarcibilità del danno ingiusto.

Con il terzo motivo,
denunciando erronea e falsa applicazione degli artt. 122 e 129 bis c.c.,
violazione dell’art. 2043 c.c.) si sostiene che la sentenza impugnata non ha
spiegato la ragione per la quale l’azione risarcitoria sarebbe incompatibile
con la pretesa indennitaria a tutela del coniuge di buona fede prevista
dall’art. 129 bis c.c. nel caso di annullame

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