La modifica dell’orario di lavoro non può avvenire unilateralmente da parte del datore di lavoro -; CASSAZIONE CIVILE, Sezione Lavoro, Sentenza n. 7453 del 12/04/2005
Il datore di lavoro non puo’ unilateralmente
modificare l’orario di lavoro e le mansioni di un proprio dipendente senza che
siano state in precedenza delle intese bilaterali. E’ quanto afferma la sezione
Lavoro della Cortre di Cassazione nella sentenza qui leggibile integralmente.
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
LA CORTE SUPREMA
DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERCURIO Ettore – Presidente
Dott. DE LUCA Michele – rel. Consigliere
Dott. VIGOLO Luciano – Consigliere
Dott. MAZZARELLA Giovanni – Consigliere
Dott. VIDIRI Guido – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
CENTRO CLINICO COLLE CESARANO S.P.A., in persona
del Presidente del Consiglio di Amministrazione legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA ANAPO 29, presso lo studio
dell’avvocato MASSIMO GIZZI, rappresentato e difeso dagli avvocati BARTOLINI
CARLO, GIANNINO INNOCENTI, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
DELOGU GIOVANNA MARIA;
– intimata –
e sul 2^ ricorso n. 23046/02 proposto da:
DELOGO GIOVANNA MARIA, elettivamente domiciliata
in ROMA VIA GIUSEPPE FERRARI 2, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO ANTONINI,
che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
CENTRO CLINICO COLLE CESARANO S.P.A., in persona
del Presidente del Consiglio di Amministrazione legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA ANAPO 29, presso lo studio
dell’avvocato MASSIMO GIZZI, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLO
BARTOLINI, GIANNINO INNOCENTI, giusta delega in atti;
– controricorrente al ricorso incidentale –
avverso la sentenza n. 1523/02 della Corte
d’Appello di ROMA, depositata il 11/06/02 R.G.N. 3540/00;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 26/01/05 dal Consigliere Dott. Michele DE LUCA;
udito l’Avvocato ANTONINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. FUZIO Riccardo che ha concluso per il rigetto di
entrambi i ricorsi,
Svolgimento del
processo
Con la sentenza ora denunciata, la Corte
d’appello di Roma – in riforma della sentenza del Pretore della stessa sede in
data 2 marzo 2000, appellata dal Centro clinico Colle Cesarano s.p.a. –
rigettava la domanda proposta da Giovanna Maria Delogu contro la stessa
società, della quale era stata dipendente "con qualifica di assistente e
mansioni internistiche-cardiologiche" – per ottenere l’inquadramento nella
superiore qualifica di aiuto e pronunce consequenziali – mentre confermava la
sentenza appellata – nella parte in cui aveva dichiarato illegittimo, con ogni
conseguenza, il licenziamento intimato alla Delogu dalla società datrice di
lavoro – essenzialmente in base ai rilievi seguenti:
– "il medico aiuto, alla stregua del regolamento
sanitario interno (…), collabora direttamente col primario nell’espletamento
dei compiti a questo attribuiti, ha la responsabilità degli ammalati
affidatigli e risponde del suo operato al primario, che sostituisce in caso di
assenza o impedimento e nei casi di urgenza";
– stando alla sua stessa "prospettazione " –
confermata dalle prove testimoniali – la Delogu "lavorava in assoluta autonomia,
in quanto era l’unico medico dipendente del servizio di medicina interna di
tutti e tre reparti neuropsichiatrici (…)", effettuando, "oltre a diagnosi e
terapie internistiche, (…) tutti gli interventi ritenuti necessari o
sollecitati dal personale medico-psichiatrico, occupandosi (…) soltanto di
tutte le problematiche internistiche – "nel caso in esame, manca – pacificamente
– quel rapporto di collaborazione diretta tra primario ed aiuto, poichè la
Delogu, secondo la sua stessa tesi, agiva in autonomia – beninteso nell’ambito
delle sue mansioni, che sicuramente non erano di collaborazione (o a livello)
col primario – ed era direttamente responsabile delle sue iniziative";
– "manca, altresi’, l’affidamento degli
ammalati, i quali erano affidati ai reparti psichiatrici e che venivano seguiti
dalla Delogu solo per quanto riguarda gli ulteriori accertamenti di carattere
medico";
– va confermata, invece, al declaratoria di
illegittimità dell’impugnato licenziamento;
– "infatti è pacifico che la Delogu, per ben
diciassette anni, non svolse i turni di guardia ed osservo’ il medesimo orario e
le medesime mansioni, (mentre), peraltro, i turni di guardia venivano svolti
solo dal personale, che aveva specifica competenza in ordine alle malattie di
carattere psichiatrico, perle quali in genere avvenivano i ricoveri presso la
casa di cure appellante";
– "la decisione della Casa di cura – dopo ben
diciassette anni, nei quali il rapporto aveva trovato una stabile e consensuale
strutturazione – di mutare l’orario di lavoro, senza neppure indicare in che
giorni e in che orari la Delogu avrebbe dovuto recuperare le ore supplementari
svolte nei giorni di guardia, costituisce in effetti una unilaterale mutazione
delle condizioni essenziali del contratto, impossibile senza il consenso del
lavoratore";
– "non avendo la Delogu mai svolto turni di
guardia (peraltro notoriamente incompatibili con la sua attività presso la USL,
ben conosciuta dalla datrice di lavoro), essendo i detti turni, per il tipo di
attività richiesta, del tutto estranei alle mansioni svolte da sempre per la
società appellante, la decisione datoriale (…) appare come una violazione dei
principi di correttezza e buona fede e, conseguentemente, la decisione della
Delogu di non rispettare l’unilaterale decisione di controparte non è – di
certo – sanzionabile con l’espulsione dal posto di lavoro";
– inoltre "la Delogu non ha, in nessun modo,
messo in essere comportamenti di insubordinazione o rifiuto della disciplina
aziendale, posto che la Casa di cura non ha mai neppure comunicato il nuovo
orario di lavoro nel rispetto dei limiti di orario contrattuale";
– peraltro i compensi, per il lavoro prestato
presso la USL, non vanno detratti – quale aliunde perceptum – dal risarcimento
del danno da licenziamento illegittimo – spettante alla Delogu – in quanto quel
lavoro ed i relativi compensi è stato, da sempre, cumulato con il lavoro, in
favore della Casa di cura, e con le retribuzioni relative, alle quali va
commisurato il risarcimento.
Avverso la sentenza d’appello, il Centro clinico
Colle Cesarano s.p.a. propone ricorso per Cassazione affidato a due motivi.
L’intimata Giovanna Maria Delogu resiste con
controricorso e propone, contestualmente, ricorso incidentale – affidato ad un
motivo – al quale resiste, con controricorso, il ricorrente principale.
Motivi della
decisione
1. Preliminarmente, va disposta la riunione del
ricorso incidentale a quello principale, perchè proposti separatamente contro
la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.).
2.1. Con il primo motivo del ricorso principale
– denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 41
cost., 2103 c.c., 3 legge 15 luglio 1966, n. 604), nonchè vizio di motivazione
(art. 360, n. 3 e 5, c.p.c.) – il Centro clinico Colle Cesarano s.p.a. censura
la sentenza impugnata – per avere "ritenuto legittimo il rifiuto operato dalla
dottoressa Delogu di prestare la sua attività secondo i turni predisposti dalla
Casa di cura Centro clinico Colle Cesarano e, per converso, illegittimo il
licenziamento adottato dal datore di lavoro in conseguenza dello specifico
inadempimento contestato al lavoratore" – sotto profili diversi:
– "la Corte d’appello non ha indicato quali
siano le fonti del suo convincimento" – secondo cui "la Delogu non poteva
svolgere i turni di guardia in quanto incompatibili con l’attività prestata
alle dipendenze della USL, ben conosciuta dalla datrice di lavoro" – sebbene la
stessa circostanza fosse stata appresa dalla Casa di cura, solo dopo il
licenziamento, ed integrasse una "ipotesi di incompatibilità", che era stata
negata dalla lavoratrice – nella propria "dichiarazione di responsabilità" –
"mettendo a repentaglio l’esistenza stessa della Casa di cura (cfr. legge 30
dicembre 1991, n. 412, art. 74, comma 7)", – la circostanza che la Delogu "per
diciassette anni non aveva svolto turni di guardia" non incide sul "diritto del
datore di lavoro di organizzare le risorse umane di cui dispone,
costituzionalmente garantito dall’articolo 41 della costituzione" e, peraltro,
la Corte d’appello non chiarisce "le ragioni per le quali si possa affermare
l’intercorrenza di un accordo tra le parti, nel senso che la Delogu non avrebbe
dovuto mai svolgere attività in turni di guardia", nonostante le specifiche
contestazioni – sul punto – dell’attuale ricorrente principale, nel proprio atto
d’appello;
– "la Corte d’appello non spiega quali siano i
passaggi logici che l’hanno condotta ad affermare" – nonostante le specifiche
contestazioni dell’attuale ricorrente principale, nel proprio atto d’appello, e
le contrarie risultanza della deposizione del Direttore sanitario dottore Adolfo
Petiziol – che "i turni di guardia postulavano l’espletamento di attività
medica del tutto estranea alle mansioni svolte da sempre dalla Delogu
(assistente medico con mansioni inter