Legittima la “doppia soglia” del punteggio nel concorso notarile -; TAR LAZIO, Sezione I, Sentenza n. 4070 del 23/05/2005
Un concorso, come quello notarile, per la preparazione del
quale è richiesta una notevole specializzazione coniugata ad un accentuato
tecnicismo, tende, invero, ad accertare che il candidato abbia una preparazione
complessiva adeguata alle complesse funzioni che costituiscono il proprium della professione notarile,
preparazione che deve risultare decisamente più che sufficiente e alla quale
corrisponde la votazione minima di 105 (per le prove scritte), ferma restando,
naturalmente, la necessità di accertare, prima di ogni cosa, il possesso, da
parte del concorrente, di una preparazione che faccia intravedere, almeno in
via ipotetica, la possibilità di un esito positivo della valutazione (in tal
senso rileva il punteggio di 90).
La previsione di una doppia soglia non pare dar vita ad una
contraddizione intrinseca ovvero ad un contrasto con principi costituzionali,
sicchè la paventata questione di costituzionalità si appalesa manifestamente
infondata.
TAR LAZIO, Sezione I, Sentenza
n. 4070 del 23/05/2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sez. I,
composto dai signori
Corrado Calabro’
Presidente
Nicola Gaviano Consigliere
Mario Alberto di Nezza Referendario
rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 5313/2002 R.g. proposto
da
TAFURI Francesco, rappresentato e difeso dagli avv.ti Mario
Sanino, Carlo Celani e Gian Luca Lemmo, con gli stessi elettivamente domiciliato
in Roma, Viale Parioli n. 180
contro
il Ministero di grazia e giustizia, in persona del Ministro
in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso
i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è ex lege domiciliato; la Commissione di concorso per la nomina a
duecento posti di notaio indetto con decreto del 10 dicembre 1999, in persona del
presidente p.t.
nei confronti di
Cupini Daniela, non costituita in giudizio
e con l’intervento ad opponendum di
Albore Massimo, Paladini Stefano, Paladini Art, Paladini
Marco, Davide Stefania, Manzo Claudio, di Tuoro Giuseppe, Ferrara Egidio, Manfrè
Rossella, Volpe Claudio, Corona Alessandra, Cucciniello Barbara, De Bonis
Cristalli Adele, Tordiglione Roberto, Serpico Michelina, Fontana
Francesco Maria, Narciso
Donato e Marotta Olga, tutti rappresentati e difesi dall’avv. Andrea Abbamonte,
presso il cui studio in Roma, Via degli Avignonesi n. 5, hanno eletto domicilio
per l’annullamento
del provvedimento di non ammissione del ricorrente a
sostenere le prove orali; di ogni altro atto collegato, connesso e conseguente,
ivi inclusi, per quanto di ragione, il bando di gara, i verbali tutti della
commissione giudicatrice, la graduatoria provvisoria degli idonei, la
determinazione di non ammissione adottata in data 13.07.01 (verbale n. 1 e
2/88), i verbali nn. 6, 7, 8 e 9.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in
giudizio dell’amministrazione e l’atto di intervento;
viste le memorie depositate dalle
parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti di causa;
sentiti alla pubblica udienza del
1° dicembre 2004, relatore il dott. Mario Alberto di Nezza, gli avv.ti Sanino e
Lemmo e l’avv. dello Stato Ferrante;
ritenuto e considerato in fatto e
diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato al Ministero
della giustizia, alla Commissione giudicatrice del concorso a duecento posti di
notaio indetto con decreto del 10.12.1999 e alla dott.ssa Daniela Cupini il 29
aprile 2002, depositato il successivo 15 maggio, il dott. Francesco Tafuri,
premettendo di aver partecipato alle prove scritte dell’anzidetto concorso, ha
impugnato il giudizio negativo in proposito espresso dalla commissione
giudicatrice, che aveva assegnato ai suoi elaborati valutazioni in astratto
sufficienti (pari a 97 punti) ma inferiori alla soglia globale (105 punti)
occorrente ai fini dell’ammissione alle prove orali.
A sostegno del gravame ha
prospettato i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati
profili.
Si è costituita in resistenza
l’amministrazione.
Con ordinanza resa nella camera di
consiglio del 12 giugno 2002 è stata accolta l’istanza cautelare; il
provvedimento interinale è stato successivamente riformato in appello.
Con atto notificato il 9-10
settembre 2002, depositato il successivo 17 settembre, sono intervenuti i
suindicati vincitori del concorso.
Depositate dalle parti ulteriori
memorie in vista della discussione del merito, all’udienza del 1° dicembre 2004
la causa è stata infine trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’infondatezza del ricorso, con
il quale sono prospettate in prevalenza censure già affrontate e risolte dalla
Sezione nell’ambito di analoghe controversie instaurate da altri candidati non
ammessi a sostenere le prove orali del concorso per cui è causa (cfr. sentt.
nn. 146 e 156 entrambe del 13 gennaio 2004), esime il Collegio dalla
valutazione delle questioni preliminari di rito.
2.1. Con il primo e l’ultimo mezzo
di gravame (nn. 1 e 11), che possono essere trattati congiuntamente in ragione
della unitarietà di impostazione, il ricorrente assume l’illegittimità dei
verbali della commissione giudicatrice in quanto recanti l’indicazione dei voti
attribuiti da ciascuno dei commissari agli elaborati con riferimento al solo
punteggio aggiuntivo, e non anche in relazione alla valutazione di 90 punti
individuata dalla legge quale “minimo richiesto per l’approvazione”. Dall’art.
24 r.d. n. 1953 del 1926 si desumerebbe infatti la necessità di indicare,
anche per detto “punteggio minimo”, i singoli voti attribuiti individualmente e
nominativamente da ciascuno dei commissari. La rilevata omissione comporterebbe
altresi’ l’ulteriore violazione della norma di legge che impone la
verbalizzazione “di tutte le operazioni di concorso”.
Le censure sono infondate.
Giova riportare il testo del citato
art. 24.
Dopo aver precisato che “per
ciascuna delle prove scritte ed orali ogni commissario dispone di dieci punti”
(1° comma), tale disposizione sancisce che “prima dell’assegnazione dei punti”
la Commissione deliberi “per ciascuna prova, a maggioranza di voti, se il
candidato meriti di ottenere il minimo richiesto per l’approvazione.
Nell’affermativa, ciascun commissario dichiara se e quali punti oltre il minimo
intende assegnare al candidato: il voto attribuito al lavoro è costituito dal
minimo sommato agli altri punti eventualmente assegnati” (2° comma); essa
prescrive, infine, che “non è ammesso agli orali il concorrente che non abbia
riportato almeno trenta punti in ciascuna delle prove scritte e non meno di centocinque
nel complesso delle prove stesse”.
Dalla disposizione appena riportata si desume con chiarezza che
rispetto a ciascun elaborato concorsuale la Commissione deve deliberare
unitariamente, a maggioranza, sul punto del riconoscimento o meno del minimo
occorrente per l’approvazione, e solo in caso di esito positivo va poi
effettuato un interpello individuale dei singoli commissari, affinchè ciascuno
di loro si esprima sul “se” assegnare punti in più del detto minimo, e su
“quanti” punti in concreto attribuire.
Ne segue che non occorreva
palesare, per la prima fase valutativa (collegiale), le posizioni individuali
dei commissari.
Quanto ai vizi della
verbalizzazione, occorre premettere che, secondo un condivisibile orientamento,
“non è prescritta la verbalizzazione della votazione assegnata da ciascun
commissario ai fini della legittimità della valutazione delle prove orali di
un pubblico concorso, essendo presunta l’unanimità e uniformità del punteggio
assegnato, salvo che risulti il dissenso da parte di taluno dei commissari, ai
quali solo spetta di invalidare per tale motivo la verbalizzazione della
seduta” (Cons. Stato, sez. VI, 20 luglio 1995, n. 764), mentre, sotto un
profilo più generale, “in mancanza di diverse disposizioni del bando o dei
criteri fissati dalla commissione esaminatrice, l’onere di verbalizzazione
delle operazioni di concorso (di cui all’art. 14 d.p.r. 9 maggio 1994 n. 487) è
sufficientemente garantito dall’indicazione del giudizio finale della
commissione” (TAR Calabria, 3 aprile 1998, n. 252).
La doglianza si appalesa pertanto
infondata, dal momento che se, per un verso, nessuna norma impone che ogni
operazione compiuta dalla commissione debba essere verbalizzata a pena di
nullità o di invalidità della stessa (o comunque che debba essere fatta
espressa e minuziosa descrizione, nel verbale, delle operazioni di lettura e di
correzione degli elaborati, e di conseguente attribuzione del voto), nulla
induce a ritenere, per altro verso, che nella fattispecie in questione la lettura
degli elaborati e l’assegnazione del voto non siano state collegiali.
2.2. Con il secondo motivo di
gravame il ricorrente assume l’illogicità del giudizio negativo conseguito,
alla luce del punteggio – 33 e 34 ” riportato da due delle tre prove scritte.
La votazione riportata dimostrerebbe, infatti, che la