Norme & Prassi

La Ue ordina la confisca dei beni se il reato è punito con il carcere (Consiglio UE, decisione quadro 2005/ 212/ Gai in Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea » del 15 marzo 2005, L 68)


Con l’obiettivo di impedire che i proventi di attività illecite tornino alla criminalità, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la decisione quadro 2005/ 212/ Gai, sulla confisca di beni, strumenti e proventi di reato ( pubblicata nella « Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea » del 15 marzo 2005, L 68).
Con questa decisione vincolante, ma non dotata di efficacia diretta, che gli Stati dovranno recepire entro il 15 marzo 2007, il Consiglio mira a imporre regole comuni per l’utilizzo della confisca dei beni collegati a ogni reato sanzionato con la reclusione superiore ad un anno. Si abbandona quindi l’applicazione parziale, limitata ad alcuni reati, propria della Convenzione del Consiglio d’Europa dell’ 8 novembre 1990, e si prevede un alleggerimento dell’onere della prova sull’origine dei beni.
L’intervento dell’Unione è giustificato, nell’ambito del terzo pilastro e come tassello per la costruzione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, dalla mancata previsione della confisca come privazione definitiva di un bene in tutti gli Stati membri.
In linea con la proposta della Danimarca, il Consiglio ha articolato il suo intervento in due direzioni, prevedendo la confisca solo per illeciti che comportano una pena detentiva. Da un lato, in via generale, ha disciplinato la confisca di beni direttamente provenienti da un reato e dall’altro lato ha previsto la misura anche per beni non direttamente collegati all’illecito, ma al soggetto che ha commesso alcuni crimini inclusi in un elenco tassativo.
Per quanto riguarda la prima ipotesi, gli Stati sono tenuti ad adottare norme interne per assicurare la confisca totale o parziale di strumenti o proventi di reati punibili con una pena privativa della libertà superiore a un anno o di beni il cui valore corrisponda a tali proventi. Solo per i reati fiscali è consentito il ricorso a procedure diverse da quelle penali per sottrarre all’autore del reato i proventi che ne derivano.
Accanto a questo regime ordinario, il Consiglio ha previsto un cosiddetto potere esteso di confisca per i beni detenuti da una persona condannata per reati previsti in alcune decisioni quadro e legati alla partecipazione a un’organizzazione criminale, alla falsificazione di monete, al riciclaggio di denaro, alla tratta di esseri umani, al favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali, allo sfruttamento sessuale dei bambini e pornografia infantile, al traffico illecito di stupefacenti, al terrorismo. Questo potere esteso puo’ essere esercitato dallo Stato solo se il reato è punibile con pene detentive massime comprese tra 5 e 10 anni e per il riciclaggio di capitali fino a 4 anni e se, in ogni caso, il reato ha « natura tale da produrre profitto economico » . In questo contesto, sono previste presunzioni, con un’attenuazione dell’onere della prova sull’origine dei beni posseduti dall’autore del reato. Il giudice, infatti, se ritiene che il valore di un bene è sproporzionato rispetto al reddito legittimo della persona condannata, deve procedere alla confisca se « è pienamente convinto che il bene in questione sia il provento di attività criminose della persona condannata stessa » . E’ inoltre stabilito il diritto di confiscare i beni di persone con le quali il colpevole dei reati indicati ha « le relazioni più strette » . Allo stesso modo, non sfuggono i beni trasferiti a una persona giuridica sulla quale il condannato esercita un controllo.
Rimane fuori dalla disciplina della decisione quadro la regolamentazione delle richieste di confisca provenienti dalle autorità di altri Stati e la loro esecuzione in tutto il territorio comunitario.
Marina Castellaneta, Il Sole 24 Ore

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