Giustizia privata, pubbliche virtù: il mercato dei giudici di pace
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Napoli il tribunale
respinge la richiesta di risarcimento di un Gdp che esercitava nello stesso
ufficio in cui la figlia era avvocato. Il "trucco" della competenza per
territorio derogabile. Le incompatibilità (ignorate) e le ispezioni (assenti)
Il tribunale di Napoli ha respinto la richiesta di risarcimento danni avanzata
da un giudice di pace del capoluogo campano nei confronti di un avvocato che
aveva "osato" presentare un esposto alla presidenza della Corte d’Appello
segnalando che la figlia di quel giudice esercitava la professione di avvocato
nello stesso circondario, e davanti allo stesso ufficio, in cui il padre era
giudicante.
Al di là del merito della sentenza (disponibile nei documenti correlati) la
vicenda obbliga a riproporre – in particolare all’attenzione del Csm – la
questione dei controlli sulle incompatibilità in questa anomala forma di
giustizia privata all’italiana.
Il caso di Napoli
Nel 2001 il giudice di pace Giuliano Polito chiede oltre 51mila euro di danni
morali all’avvocato Alberto Majone che, nel luglio del 2000, aveva segnalato
agli uffici giudiziari che il giudice esercitava le sue funzioni nello stesso
circondario in cui la figlia era avvocato. Il giudice di pace sostiene di aver
ricevuto gran danno da questa segnalazione e, soprattutto, afferma che il
contenuto dell’esposto è falso, perchè già nel febbraio precedente egli aveva
fatto richiesta di trasferimento (ha preso poi possesso di analogo incarico a
Castellammare di Stabia), tanto che il procuratore generale della Corte
d’appello "ha archiviato" l’esposto. Il tribunale sottolinea che le cose non
stanno proprio cosi’. Tanto per cominciare non è vero che l’avvocato Majone ha
chiesto agli uffici giudiziari di avviare un procedimento disciplinare nei
confronti del giudice di pace, come invece Polito afferma nell’atto di citazione
(e che un giudice non sia preciso nel leggere gli atti fa meraviglia). In
secondo luogo, non è vero che il procuratore generale ha archiviato, ma
semplicemente ha preso atto che, dopo la riforma delle incompatibilità della
fine del 1999, il giudice di pace ha fatto richiesta di trasferimento (la legge
stessa dava 60 giorni di tempo per fare domanda e evitare cosi’ la decadenza) e
cio’ ha bloccato il procedimento di decadenza dall’incarico. "Ma certo non ha
eliminato la sussistenza della situazione di incompatibilità da cui è sorta la
necessità della domanda", sottolinea il tribunale. In sintesi, l’avvocato che
ha presentato l’esposto ha riferito circostanze giuste al momento giusto:
richiesta di risarcimento respinta (la sentenza è depositata quasi un anno fa,
è definitiva, ed essendo stata pronunciata in nome del popolo italiano è
conoscibile e pubblicabile e ai sensi delle esenzioni in tema di privacy
previste per la stampa non siamo obbligati ad omettere i nomi: giova precisarlo
perchè c’è sempre qualcuno che ci prova…).
La precedente denuncia di Diritto & Giustizia
Lo scorso anno D&G denuncio’ i gravissimi casi di falso contenzioso sui sinistri
stradali costruiti a tavolino da un manipolo di giudici di pace della provincia
di Caserta che, oltre ad accordarsi con alcuni avvocati, venivano remunerati,
per l’attività giudiziaria, con decine di milioni (di lire) a carico dello
Stato. In seguito a quella denuncia il Csm (caso unico) ha avviato controlli
diretti, i giudici di pace si sono dimessi e il salmo è finito in gloria
(nessuno è stato perseguito per i reati commessi). Il fenomeno, nonostante gli
sforzi moralizzatori di tutte le componenti dell’avvocatura, della magistratura
e delle istituzioni, è ben lontano dallo scomparire.
Alla luce di quanto accaduto nel caso portato all’esame del tribunale di Napoli,
crediamo che sia necessario un nuovo intervento del Csm.
I controlli
Ma non solo: il ministro della Giustizia, tanto sollecito a inviare ispettori
quando un magistrato emette sentenze "non gradite al popolo", dovrebbe pensare a
un’ispezione, attenta, negli uffici dei giudici di pace in occasione della quale
gli ispettori farebbero cosa intelligente se verificassero con gli albi forensi
alla mano, gli eventuali casi di incompatibilità.
Le regole, e le sanzioni, per le incompatibilità sono – o dovrebbero essere –
note. In ogni caso ne trattiamo nell’articolo accanto.
Ma prima di un’ispezione del ministero, o di un controllo del Csm, bisognerebbe
chiedersi cosa abbiano fatto, cosa stiano facendo e cosa faranno i presidenti di
Corte d’appello, i procuratori generali, i presidenti di tribunale, i vertici
degli stessi uffici del giudice di pace. E, dal momento che siamo abituati alla
loro inerzia (incolpevole, naturalmente: hanno tanto da fare) – spesso surrogata
dall’encomiabile attività di monitoraggio e controllo dell’avvocatura e delle
associazioni di categoria – auspichiamo che il problema venga preso in carico
dagli organi associativi dei giudici di pace, dall’Organismo unitario
dell’avvocatura e – ora che il giudice di pace ha competenze penali – dagli
uffici delle Camere penali territoriali e dell’Unione delle camere penali.
Qualche tempo fa, da umili cronisti, abbiamo assistito – nell’ufficio del
giudice di pace di Napoli – a questa scena: udienza in corso, una delle parti
non è presente quando il giudice chiama la causa. Dopo qualche minuto compare
in aula un altro giudice di pace, che ha l’ufficio pochi metri più avanti. Ha
in mano un’istanza di rinvio dell’udienza. La deposita sul tavolo del collega
dicendo: scusa collega, mia figlia non è potuta venire, qui c’è un’istanza di
rinvio che mi ha affidato.
Siamo sicuri che si tratta di un caso isolato. Ma vorremmo averne le prove.
La scelta del giudice di pace
Incompatibilità e conflitti di interesse sono sempre presenti (d’altronde, di
cio’ gli uffici dei giudici di pace non rappresentano l’unico esempio italiano).
Come non bastasse, le regole processuali – applicate al contenzioso per sinistri
stradali – favoriscono le degenerazioni anche a voler dare il giudice al di
sopra di ogni sospetto. Quando un avvocato sa di un giudice di pace
particolarmente "benevolo" nel liquidare i danni anche in base a sommarie – e
spesso false (ma al giudice cio’ non risulta) – testimonianze e documentazioni,
decide di citare la controparte a comparire innanzi a quel giudice. Che non è
quello del luogo del sinistro nè quello di uno dei convenuti. Siamo in tema di
litisconsorzio necessario tra assicurato e assicurazione. Ma quasi sempre –
soprattutto quando il sinistro è inventato – uno dei due consorti nella lite
non si costituisce. E allora l’eccezione di incompetenza per territorio
presentata da uno solo non basta per evitare il giudice che l’attore ha
inopinatamente scelto. Scegliersi il giudice nasconde sempre qualcosa. E’ una
distorsione che va evitata con una modifica normativa.
La modifica del litisconsorzio necessario
Sarebbe opportuno – diremmo indispensabile – intervenire o sulla legge 990/69 o
sul Cpc introducendo una deroga, per i giudizi innanzi ai giudici di pace
limitatamente ai procedimenti relativi a danni da circolazione stradale, al
combinato disposto degli articoli 33 e 38 Cpc.
In questi casi la competenza per territorio non puo’ essere derogabile, al
contrario di quanto attualmente previsto ex articolo 38 Cpc. Dunque si puo’
citare a comparire innanzi al giudice del luogo in cui si è verificato il
fatto, o del luogo di residenza o domicilio di uno dei convenuti (assicurato o
assicurazione). Punto. Mettendo fine al "balletto" alla ricerca del giudice
"comodo" (o amico, o collega di studio).
Se si dovesse ritenere "difficile" una modifica di tal fatta (nonostante se ne
siano approvate di ben peggiori, sia nel processo civile che in quello penale,
recentemente), allora ecco la soluzione B: sciogliere questa anomala forma di
litisconsorzio necessario meramente processuale – nella sostanza la mancata
presentazione di uno dei due non pregiudica nè se stesso nè l’altro – e
consentire l’ammissibilità dell’eccezione di incompetenza per territorio anche
se la presenta una sola delle parti citate.
Cio’ eviterebbe altre due degenerazioni, molto frequenti nella prassi:
1) indipendentemente dai casi in cui un attore – talvolta d’accordo con il
giudice di pace e perfino con l’ufficiale giudiziario addetto alle notifiche,
oltre che con il liquidatore della compagnia di assicurazione – cita a comparire
qualcuno per un sinistro mai verificatosi e per giunta fa risultare come
avvenute le notifiche che invece non sono mai state eseguite e alla prima
udienza il giudice, dopo aver debitamente nominato un Ctu anch’egli
"raccomandato", liquida danno, spese e onorari a carico di un’assicurazione che
si troverà condannata senza saperlo, si verifica che attore e convenuto siano
entrambi d’accordo ai danni dell’assicurazione. E allora vanno dal giudice che
si sono scelti (o per amicizia o perchè sanno che è "largo di manica") in un
qualunque luogo d’Italia e in questo caso, nonostante la compagnia si
costituisca ed eccepisca l’incompetenza territoriale, non c’è spazio per
l’eccezione: il foro è quello convenzionale, che va rispettato.
2) Le compagnie, per tentare di arginare il fenomeno (accade di rado perchè
anche le assicurazioni trovano in tutto questo un comodo alibi all’aumento delle
tariffe), incaricano gli agenti di farsi firmare il mandato ad agire in giudizio
anche dall’assicurato. Ma in questi casi quando sono tutti onesti e rigorosi la
firma viene posta dinanzi all’agente invece che dinanzi all’avvocato (e questo
è già una violazione delle regole), nell’ipotesi peggiore la firma
dell’assicurato viene falsificata dall’agente.
Permettere l’eccezione di incompetenza ad una sola delle parti eviterebbe il "pactum
sceleris" di cui al punto 1 e la necessità dei rimedi "artigianali" del punto
2.
I ritardi nella notifica delle sentenze
Un ultimo suggerimento, agli ispettori del ministro: a Napoli, ad esempio
(citiamo Napoli perchè rappresenta il caso più clamoroso, ma anche altri
uffici del giudice di pace non sono da meno) il tempo che intercorre tra il
deposito di una sentenza e la notifica del biglietto di cancelleria che avvisa
del deposito è di circa DUE ANNI. Questo vuol dire che quando l’assicurazione,
o l’assicurato – magari vittime di un accordo truffaldino – scoprono di essere
stati condannati in contumacia, sono ampiamente scaduti tutti i termini
possibili per qualunque tipo di impugnazione o opposizione. E dunque è stata
avviata intanto anche la procedura esecutiva, con un ulteriore aumento delle
spese.
Abbiamo elencato gli interrogativi. Ora aspettiamo risposte. In nome di una
giustizia che non sia privata e che non si nasconda dietro pubbliche virtù
(apparenti). (robor)
Fonte:
www.dirittoegiustizia.it