Indennità di accompagnamento: è sufficiente un “lieve handicap mentale” -Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Sentenza n. 1268 del 21/01/2005
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Applicazione estensiva
dell’istituto con la nuova tappa interpretativa del Palazzaccio
Avere un lieve deficit mentale che consente di vestirsi e lavarsi autonomamente
ma non, ad esempio, di prendere all’ora giusta le medicine che servono per
mantenere la salute sotto controllo, è una condizione che consente di ottenere
l’indennità di accompagnamento anche se non è compromessa la capacità di
svolgere i cosiddetti atti della vita quotidiana, indicati come criterio guida
per la concessione del beneficio economico (circa 400 euro al mese) introdotto
dalla legge 18/1980 e successive modifiche.
Lo ha sottolineato la sezione lavoro della Cassazione con la sentenza 1268/05,
depositata il 21 gennaio scorso.
Con questa decisione la Suprema corte ha accolto il ricorso di una signora con
ritardo mentale – la sua situazione cognitiva era pari a quella di una bambina
di sette anni – e sofferente anche di epilessia alla quale il Tribunale di
Napoli aveva riconosciuto la pensione di inabilità ma non il diritto
all’indennizzo per l’accompagnamento. Ad avviso dei giudici di merito, il
beneficio non andava concesso in quanto "il diritto a detta indennità sorge
allorquando lo svolgimento anche dei più semplici e frequenti atti della vita
quotidiana sia suscettibile di creare concreti, seri e gravi pericoli all’integrità
fisica dell’individuo, e non allorquando – come nella fattispecie in oggetto –
questa condizione non si verifichi per essere l’invalido in condizione di
svolgere in situazione di accettabile autonomia, la quasi totalità degli atti
del quotidiano". Contro questa tesi, il difensore della signora – innanzi ai
Supremi giudici – ha obiettato che era stata fatta una "non corretta
individuazione da parte del giudice d’appello del concetto di autonomia, perchè
cio’ che va ricercato ai fini della indoneità al compimento degli atti
quotidiani, impeditiva del diritto all’accompagnamento, non è la mera capacità
esecutiva dell’atto ma la capacità di autonomamente comprendere quando quell’atto
deve essere compiuto". In altri termini – concludeva il legale – "non deve
ritenersi capace di compiere autonomamente gli atti quotidiani della vita chi si
veste, si lava, si pettina, si muove, si nutre solo se qualcuno lo sollecita ad
eseguire tali atti". E la Cassazione ha pienamente condiviso questo punto di
vista e ha affermato il seguente principio di diritto in base al quale: "L’indennità
di accompagnamento, prevista quale misura assistenziale diretta anche a
sostenere il nucleo familiare, va riconosciuta, alla stregua dell’articolo 1
della legge 18/1980, a coloro che, pur capaci di compiere materialmente gli atti
elementari della vita quotidiana (quali il mangiare, il vestirsi, il pulirsi
ecc.), necessitano di un accompagnatore per versare – in ragione di gravi
disturbi della sfera intellettiva e cognitiva addebitabili a forme avanzate di
gravi stati patologici – nella incapacità di rendersi conto della portata dei
singoli atti che vanno a compiere e dei modi e tempi in cui gli stessi debbano
essere compiuti, di comprendere la rilevanza di condotte volte a migliorare – o
quanto meno, a stabilizzare o non aggravare – il proprio stato patologico
(condotte volte ad osservare un giornaliero trattamento farmacologico), e di
valutare la pericolosità di comportamenti suscettibili di arrecare danni a sè
o ad altri".
Cosi’ la sentenza impugnata è stata annullata con rinvio a nuovi giudici che
dovranno uniformarsi all’orientamento fissato dagli "ermellini" e favorevole a
concedere l’indennizzo in discussione anche a chi puo’ compiere gli atti
quotidiani ma non è in grado di prendere da solo le medicine.
Fonte:
www.dirittoegiustizia.it
salve a mia zia la commissione ha riconosiuto il 100% di disabilita’ per deficit cognitivo nas con tratti fobici ossessivi in sordomuta’ senza indennita’ di accompagnamento..persona ultrasessantacinquenne