Pene più severe per l’omicidio di Desiree. Giovanni Erra ha avuto un ruolo di primo piano nell’organizzazione del branco -; CASSAZIONE PENALE, Sezione I, Sentenza n. 6775 del 22/02/2005
La pena di venti anni di
reclusione, inflitta dalla Corte di Appello di Brescia a carico di Giovanni
Erra, il principale imputato dell’omicidio di Desiree Piovanelli, uccisa
nell’estate di tre anni fa da un gruppo di quattro persone, deve essere
rideterminata tenendo conto dell’aggravante della violenza sessuale di gruppo.
La Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di
condanna emessa dalla Corte di Appello di Brescia nella parte in cui escludeva
l’applicazione delle aggravanti. Secondo la Suprema Corte, infatti, il
comportamento attivo tenuto dall’omicida nell’impedire alla ragazza di fuggire
era diretto ad evitare che la giovane desse l’allarme e quindi potesse
denunciare i gravi delitti commessi fino a quel momento, e quindi ad occultare o
conseguire l’impunità dei delitti di sequestro di persona e di violenza
sessuale, nonostante le evidenti tracce sul corpo della vittima.
Suprema Corte di Cassazione, Sezione Prima Penale,
sentenza n.6775/2005 (Presidente: M. Sossi; Relatore: G. Canzio)
RITENUTO IN FATTO
1.- La sera di sabato 28 settembre 2002 il padre di (omissis) denunziava la
scomparsa della figlia, studentessa quattordicenne, uscita di casa alle ore
15,30 circa. Il primo elemento utile per le indagini era costituito da un
messaggio SMS, pervenuto la mattina successiva al cellulare del fratello
(omissis), con il quale (omissis) comunicava che stava con "T.", cioè con
(omissis) cui era legata sentimentalmente, e che non intendeva tornare a casa.
Il messaggio si rivelava pero’ fuorviante e opera di altri soggetti perchè il
(omissis) in quel momento si trovava coi familiari nella caserma dei
Carabinieri. Si accertava anche che il messaggio era stato inviato da una cabina
telefonica stradale di Leno mediante una scheda prepagata smarrita dal titolare
nello scorso agosto a Iesolo, località in cui era in vacanza la famiglia B.
pure residente a Leno nei pressi dell’abitazione della famiglia P.. In effetti,
la perquisizione domiciliare eseguita il 4 ottobre portava al rinvenimento della
scheda telefonica in possesso del sedicenne (omissis), la cui tessera SIM
risultava peraltro essere stata utilizzata per fare due telefonate dal cellulare
di (omissis) dopo le ore 15,47 del 28 settembre.
Il (omissis) confessava di avere ucciso (omissis) con un coltello e
accompagnava i Carabinieri presso un vecchio e abbandonato cascinale -la cascina
Ermengarda- alla periferia di Leno, indicando lo sgabuzzino sito al primo piano,
ove era stato trascinato e giaceva il cadavere della ragazza. La polizia
giudiziaria documentava fotograficamente e procedeva al campionamento di diverse
fascette autobloccanti e di numerose macchie di sangue presenti nei diversi
locali, sulla base delle quali e dei rilievi medico-legali i Carabinieri del RIS
avrebbero poi enucleato la verosimile ipotesi ricostruttiva degli eventi, fatta
propria dai giudici di merito. Il (omissis) faceva altresi’ rinvenire presso
un’altra cascina i jeans e la giacca di (omissis), due rivestimenti del
cellulare della stessa, due fazzoletti sporchi di sangue e una confezione di
fascette, oltre un grosso coltello di acciaio per cucina. Gli accertamenti
medico-legali individuavano sul corpo della ragazza quattro lesioni da punta e
taglio, compatibili col coltello sequestrato, di cui due mortali all’emitorace
anteriore e posteriore sinistro, una pure potenzialmente letale al collo ma
provocata in limine vitae e un’altra alla regione lombare sinistra, oltre ad una
ferita toracica più superficiale ed a numerose contusioni, escoriazioni,
ecchimosi e ferite da difesa.
Coinvolto dal (omissis) nella vicenda, il giovane amico (omissis) faceva a
sua volta il nome di un terzo minorenne, (omissis), ed entrambi facevano quindi
il nome dell’odierno imputato, G. E., residente di fronte all’abitazione P., cui
attribuivano un preciso ruolo nella dinamica dei fatti, sia nella fase
deliberativa che in quella esecutiva. Esaminato su sua richiesta dal G.i.p.,
all’esito dell’audizione del (omissis) e del (omissis) in sede di incidente
probatorio, l’ (omissis) rendeva parziali ammissioni circa la partecipazione
all’incontro preliminare, in cui si era progettato di portare con un pretesto
(omissis) nella cascina abbandonata per abusarne sessualmente, e la sua
effettiva presenza nella medesima cascina il pomeriggio del 28 settembre.
Dall’analisi delle tracce ematiche rinvenute all’interno della cascina il
R.I.S. dei Carabinieri enucleava infine l’ipotesi di ricostruzione sequenziale
degli avvenimenti, posta a base della prospettazione accusatoria.
1.1.- Tenuto conto della sostanziale coerenza tra le risultanze delle
indagini tecniche e degli accertamenti medico-legali, le parziali ammissioni
dell’imputato e il nucleo fondamentale delle dichiarazioni accusatorie degli
imputati minorenni (omissis) e (omissis), il G.u.p. del Tribunale di Brescia,
investito del rito abbreviato, riteneva provata la presenza fisica e la
partecipazione diretta dell’ (omissis) a tutte le cadenze principali del fatto
criminoso e lo dichiarava colpevole dei delitti di violenza sessuale di gruppo e
di sequestro di persona, unificati nel vincolo della continuazione, nonchè del
delitto di omicidio pluriaggravato, oltre che del reato di spaccio di sostanze
stupefacenti, condannandolo, negate le attenuanti generiche e con la diminuente
del rito, alla pena dell’ergastolo, oltre al risarcimento dei danni a favore dei
genitori di (omissis), costituitisi parti civili.
1.2.- La Corte di assise di appello di Brescia, disattese le eccezioni
difensive di inutilizzabilità delle dichiarazioni parzialmente confessorie rese
dall’ (omissis) al G.i.p. e respinte le istanze di rinnovazione dell’istruzione
dibattimentale, pur ribadendo la tesi della partecipazione diretta dell’imputato
alle principali cadenze della vicenda criminosa, accoglieva parzialmente
l’appello dell’imputato relativamente all’esclusione delle aggravanti
dell’omicidio di cui agli artt. 576, comma 1 nn. 1 e 5, e 577, comma 1 n. 4,in
relazione agli artt. 61 nn. 1 e 2 c.p., sull’assunto che: l’aggravante dell’art.
576 comma 1 n. 5 si riferisce a figure di reato, quelle degli artt. 519-520-521,
ormai espunte dall’ordinamento a seguito della riforma dei reati sessuali di cui
alla legge n. 66 del 1996, e in ogni caso la violenza sessuale di gruppo
costituisce una fattispecie autonoma a concorso necessario, rispetto alla quale
non è dato rinvenire continuità normativa con le ipotesi abrogate; non era
configurabile nè provata la finalizzazione dell’omicidio all’occultamento
dell’abuso sessuale o ad assicurarsi l’impunità dal medesimo reato, poichè la
situazione era ormai uscita di controllo a causa dell’improvvisa furia omicida
del (omissis); la futilità del motivo, pertinente alla condotta del materiale
esecutore a fronte della reazione ingiuriosa della vittima, non si comunicava
per il suo carattere soggettivo al coimputato. Di talchè, con sentenza del
26/5/2004 la Corte distrettuale, concesse le attenuanti generiche ritenute
equivalenti alla residua aggravante della crudeltà di cui all’art. 61 n. 4 c.p.,
riduceva la pena ad anni 20 di reclusione (p.b. per l’omicidio anni 23 + anni 7
per il concorrente reato continuato di sequestro di persona e violenza sessuale
+ anni 2 per il reato di spaccio di stupefacenti = anni 32, ridotti ex art. 78
c.p. ad anni 30 – 1/3 per il rito abbreviato = anni 20), con conseguente revoca
della pubblicazione della sentenza e limitazione di durata pari a quella della
pena detentiva delle pene accessorie dell’interdizione legale e della
sospensione della potestà genitoriale; confermava nel resto la decisione di
primo grado.
2.- Avverso la predetta sentenza hanno proposto distinti ricorsi per
cassazione il difensore dell’imputato e il P.G. presso la Corte d’appello di
Brescia, cui hanno fatto seguito note di replica del primo e memoria difensiva
del procuratore speciale delle parti civili.
2.1.- Il difensore dell’imputato, dopo avere ribadito l’eccezione di
inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dallo stesso davanti al G.i.p.
all’esito dell’incidente probatorio fissato per l’audizione del (omissis) e del
(omissis), nonchè criticato la denegata rinnovazione dell’istruzione probatoria
mediante il riesame dei coimputati minorenni e la perizia psichiatrica sulla
fragile personalità dell’ (omissis), ha dedotto la manifesta illogicità della
motivazione in ordine alla individuazione del ruolo e dello specifico contributo
concorsuale dell’imputato. Le sequenze fattuali sarebbero state ricostruite e la
sua partecipazione alla vicenda criminosa affermata in forza di elementi
indiziari inattendibili, incerti e congetturali, in particolare circa l’apporto
operativo consistito nell’ostacolare la fuga della vittima e nel prestare aiuto
all’aggressore determinato ad ucciderla. In ogni caso, quantomeno ai fini
dell’ipotesi subordinata della diminuente di cui all’art. 116 c.p., secondo
l’alternativa ricostruzione dei fatti prospettata dalla difesa del ricorrente,
l’eventuale presenza dell’ (omissis) nella cascina si sarebbe verosimilmente
verificata quando la vittima era già stata colpita a morte e trovavasi
accasciata per terra ai piedi della scala, mentre la furibonda reazione del
(omissis), in preda ad una furia omicida, segnava ormai "un’invalicabile cesura
tra gli atti sessuali e la deviazione da essi verso approdi nemmeno immaginati",
diversi e più gravi rispetto al reato voluto, oltre ogni possibilità di
intervento dell’ (omissis) per arrestare l’esecuzione omicidiaria. Ha denunziato
inoltre la difesa dell’imputato l’erronea applicazione dell’aggravante della
crudeltà, poichè le efferate e atroci modalità esecutive dell’omicidio, per
il loro contenuto soggettivo, appartenevano esclusivamente alla sfera morale del
(omissis), determinato da una ormai incontenibile furia ad uccidere (omissis),
dalla quale era stato deriso e insultato. Quanto al sequestro di persona, se ne
è contestata la coesistenza con il delitto di violenza sessuale, la quale
avrebbe comportato di per sè una transitoria e funzionale limitazione della
libertà di movimento della vittima, senza un’apprezzabile soluzione di
continuità fra i segmenti dell’azione. Infine, sono stati censurati l’omesso
riconoscimento dell’attenuante della minima importanza della partecipazione alla
vicenda criminosa ex art. 114 c.p. e l’erroneo giudizio di equivalenza fra le
attenuanti generiche e l’unica, residua aggravante.
Il difensore delle parti civili ha replicato censurando l’inammissibilità
del ricorso dell’imputato, essendosi questi limitato a proporre una
ricostruzione alternativa degli eventi non consentita in sede di legittimità
ovvero ad avanzare richieste manifestamente infondate.
2.2.- Il P.G. presso la Corte d’appello di Brescia ha dedotto a sua volta:
a) la manifesta illogicità della motivazione quanto all’esclusione per
l’omicidio dell’aggravante del nesso teleologico, sul rilievo che l’uccisione
della ragazza aveva l’obiettivo di procurarsi l’impunità dai delitti di
sequestro di persona e di violenza sessuale facendo tacere per sempre la
vittima, sul cui corpo, pure in assenza di segni dei palpeggiamenti, erano
comunque visibili le tracce lesive (tagli, graffi, ecchimosi) dell’aggressione
subita;
b) l’erronea applicazione della legge penale quanto all’esclusione per
l’omicidio dell’aggravante di cui all’art. 576, comma 1 n. 5, c.p. in relazione
al contestuale delitto sessuale di gruppo, attesa la prospettata continuità
(non solo delle tradizionali condotte di violenza sessuale descritte negli artt.
609-bis e 609-ter, ma anche) della speciale e concorsuale figura criminosa di
cui all’art. 609-octies rispetto alle abrogate fattispecie di cui agli artt.
519-520-521, tuttora richiamate dall’art. 576 per un mero difetto di
coordinamento legislativo, con l’ulteriore conseguenza che l’illecito sessuale,
degradato ad aggravante dell’omicidio, sarebbe in questo assorbito componendo la
figura del reato complesso di cui all’art. 84 c.p.;
c) l’erronea applicazione della legge penale quanto all’esclusione per
l’omicidio dell’aggravante dei motivi abietti e futili, ritenuta per il suo
carattere soggettivo propria del (omissis) e non estensibile al coimputato
(omissis), che pure aveva contribuito al risultato finale condividendo
consapevolmente gli sviluppi dell’azione esecutiva del primo.
Ha postulato quindi il P.G. una rinnovata valutazione delle circostanze
aggravanti erroneamente escluse e un nuovo giudizio di comparazione tra le
stesse e le attenuanti generiche, la cui concessione a favore dell’imputato non
è stata tuttavia contestata.
All’atto di impugnazione del rappresentante della pubblica accusa ha
replicato la difesa dell’imputato, ribadendo la tesi della discontinuità
normativa fra le abrogate fattispecie degli artt. 519-520-521 c.p. e la nuova,
autonoma e speciale, fattispecie della violenza sessuale di gruppo, costruita
dalla dottrina e dalla giurisprudenza come reato plurisoggettivo a concorso
necessario: donde la non riferibilità dell’aggravante di cui all’art. 576 comma
1 n. 5 al delitto di cui all’art. 609-octies c.p.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3.- Vanno preliminarmente esaminate le eccezioni in rito sollevate dal
difensore dell’ (omissis), in punto di ritenuta utilizzabilità delle
dichiarazioni da questi rese nel corso di incidente probatorio davanti al G.i.p.
e di denegata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello, mediante
la riaudizione dei coimputati minorenni e la perizia psichiatrica sulla
personalità dell’imputato.
Ritiene il Collegio che la prima eccezione, oltre ad essere formulata in
termini generici, risulta manifestamente infondata, poichè l’ (omissis), dopo
avere espressamente e personalmente chiesto al G.i.p. di essere anch’egli
esaminato e posto a confronto con i coimputati minorenni (omissis) e (omissis),
per i quali era stato appena ultimato il relativo incidente probatorio, ha reso,
in sede di interrogatorio e di confronto con i suoi accusatori, dichiarazioni
parzialmente confessorie, avvalendosi dell’assistenza del difensore nel pieno
contraddittorio tra le parti, e accedendo poi al rito abbreviato, nel quale non
rileva comunque la dedotta, e pero’ insussistente, inutilizzabilità
"fisiologica" della prova (Cass., Sez. Un., 21/6/2000, Tammaro).
Quanto all’omessa rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, la Corte di
assise di appello ha puntualmente replicato alla sollecitazione difensiva con
rilievi fattuali attinenti alla completezza dei dati probatori già acquisiti ai
fini del decidere. Donde la valutazione, logica e incensurabile in sede di
legittimità, di superfluità dei richiesti mezzi di prova, atteso che, da un
lato, i coimputati minorenni erano già stati sentiti numerose volte nelle varie
fasi del processo, mentre i pur evidenti aspetti di fragilità della
personalità dell’ (omissis) e i denunziati "disturbi di ansia", correlati anche
all’abuso di alcool e di sostanze stupefacenti, non giustificavano neppure il
dubbio di una loro incidenza sulla normale capacità d’intendere e di volere
dell’imputato.
4.- La difesa ha denunziato la man