Attualità

Casa e fallimenti, tutele da rafforzare, Primi dubbi dopo il varo del decreto legislativo sulle bancarotte immobiliari

Fra i punti
deboli la possibilità, lasciata aperta nel testo all’esame del Parlamento, di
eludere la norma interponendo una società di trading

 

di
Angelo Busani

 

U na norma
attesa e ispirata da principi giusti. Ma la cui applicazione pratica non
mancherà di suscitare problemi, che non sempre il dettato della legge
consentirà di risolvere.
Il Consiglio dei ministri ha aggiunto l’ultimo tassello, approvando il 18
febbraio scorso lo schema di decreto legislativo « in tema di tutela dei diritti
degli acquirenti di immobili da costruire » , in adempimento della legge delega
210/ 2004; lo schema ( che si puo’ leggere sul sito del Sole 24 Ore, www.
ilsole24ore.
com/ norme) è attualmente al vaglio delle competenti Commissioni parlamentari.
Entrerà in vigore dopo 15 giorni dalla sua pubblicazione sulla « Gazzetta
Ufficiale » , prevista tra diverse settimane), tuttavia, già a una prima
lettura si presenta oltremodo difficoltoso e suscettibile di difficoltà
interpretative e operative.
Da quando si applica la nuova normativa. Le regole della legge 210 si
applicheranno ai contratti che abbiano a oggetto edifici per la cui costruzione
sarà richiesto il relativo provvedimento abilitativo comunale dopo l’entrata in
vigore del decreto legislativo in parola ( articolo 4 della bozza di decreto).
Quindi, la nuova normativa non si applicherà ai contratti aventi a oggetto
immobili per la cui costruzione sia già stato richiesto il relativo
provvedimento abilitativo comunale alla data di entrata in vigore del decreto
legislativo nè tantomeno ai pagamenti già effettuati o ancora dovuti in base a
detti contratti.
Per gli acquirenti che siano già incappati in situazioni di crisi di imprese
costruttrici la nuova disciplina prevede la concessione di indennizzi per le
somme perdute, a patto che dette situazioni di crisi non fossero ancora concluse
al 31 dicembre 1993 e non si siano aperte posteriormente all’entrata in vigore
della legge 210/ 2004.
I contratti interessati dalla nuova disciplina. I primi dubbi sorgono già
all’articolo 1 del decreto, ove si definiscono i contratti che dovranno essere
accompagnati da fideiussione, a pena di nullità: la nuova norma si rivolge al «
contratto che abbia come finalità il trasferimento non immediato della
proprietà o di altro diritto reale di godimento su un immobile da costruire o
di un atto avente le medesime finalità » e che sia stipulato da un soggetto
qualificabile come « costruttore » .
Se la legge avesse fatto riferimento al « contratto preliminare » che contenesse
la promessa di stipula di un contratto definitivo avente a oggetto il
trasferimento della proprietà di beni immobili da costruire o di diritti reali
su immobili da costruire, non si sarebbe probabilmente sollevata, se non in
minima parte, alcuna perplessità operativa.
Invece le poche cose certe che dalla normativa sopra riportata possono evincersi
sono le seguenti: a) deve trattarsi di un contratto in cui un soggetto,
definibile come « costruttore » , assume la qualità di parte venditrice; b)
deve trattarsi di un contratto avente a oggetto un « immobile da costruire » .
Non sembra invece importare chi sia la parte acquirente, e quindi la nuova
disciplina ( in termini di necessità della fideiussione) si dovrebbe applicare
anche al caso del contratto stipulato tra imprese.
Uno spiraglio per una diversa interpretazione, nel senso di limitare la nuova
disciplina solo ai contratti stipulati dal costruttore con un soggetto "
privato", è offerto dall’articolo 5 del decreto, dove si fa infatti riferimento
al contratto stipulato dal costruttore con una « persona fisica » .
Peraltro, mentre l’articolo 5 riguarda i contratti preliminari di futura
stipula, nell’articolo 1 ( recante l’obbligo della fideiussione) non vi è
alcuna limitazione soggettiva, cosicchè parrebbe appunto che l’obbligo di
fideiussione riguardi qualsiasi contratto concluso dal costruttore con qualsiasi
contraente e che abbia a oggetto un immobile da costruire.
Le difficoltà interpretative. Emergono poi molte perplessità sulle espressioni
utilizzate dal legislatore: a) la norma non si applica al contratto che, seppur
abbia a oggetto un immobile da costruire, sia stipulato da un soggetto venditore
diverso dal soggetto costruttore ( quindi, basterebbe che l’impresa costruttrice
creasse, a suo latere, una società dalla medesima interamente partecipata e
avente a oggetto il commercio di beni immobili, per sfuggire facilmente
all’applicazione delle nuove norme, in quanto i contratti sarebbero allora
stipulati dalla società di trading, alla quale il costruttore dovrebbe
trasferire la proprietà dell’edificio una volta costruito, per permettere a
quest’ultima di stipulare alfine i rogiti); b) quando la norma parla di «
immobile da costruire » evidentemente esclude dal campo della sua applicazione
tutto cio’ che non sia suscettibile di « costruzione » ( quindi il lotto di
terreno edificabile ceduto dall’impresa lottizzante al privato, che da sè poi
si costruisce la villetta, potrebbe non rientrare nella nuova norma) ma lascia
aperto il problema di individuare cio’ che sia precisamente da qualificarsi come
« immobile da costruire » : perchè, se è chiaro che in tale concetto rientra
l’edificio di cui non sia ancora iniziata la costruzione ( e probabilmente pure
quello in corso di costruzione all’epoca in cui il contratto preliminare è
stipulato), non è invece chiaro se la normativa in questione si applichi, per
esempio, anche al caso dell’immobile oggetto di un contratto preliminare bensi’
stipulato dal costruttore, ma una volta che i lavori di costruzione siano
terminati ( da poco o da lungo tempo: si pensi all’appartamento rimasto
invenduto).
Ma le difficoltà interpretative più rilevanti sono quelle che concernono
l’individuazione dei contratti interessati dalla nuova disciplina.
Infatti, quando l’articolo 1 dello schema di decreto si riferisce al « contratto
che abbia come finalità il trasferimento non immediato della proprietà o di
altro diritto reale » , esso bensi’ si rivolge al contratto preliminare, ma
sembra anche riferirsi a qualsiasi altra tipologia contrattuale per effetto
della quale si abbia un tras f e r i m e n t o « non immediato » dei diritti che
sono oggetto del contratto stesso.
Nella definizione sembrano cosi’ compresi: il contratto definitivo sottoposto a
termine iniziale, il contratto definitivo sottoposto a condizione sospensiva, il
contratto definitivo avente a oggetto la cosa altrui o la cosa futura, il
contratto definitivo con oggetto non determinato ma determinabile perchè, a
esempio, rimesso alla scelta dell’acquirente o di un terzo, e cosi’ via.
Insomma, nella nuova normativa paiono rientrare non solo il contratto
preliminare, ma anche ogni altra tipologia di contratto non a immediata
efficacia reale mirante al trasferimento di diritti immobiliari, e cosi’ ogni
contratto a effetti obbligatori e ogni contratto a efficacia reale differita).
Inoltre, non si riesce a capire bene quale sia l’autonoma dignità del concetto
di « atto avente le medesime finalità » , presentato dal legislatore
nell’articolo 1 dello schema di decreto, come fattispecie analoga ( e quindi
soggetta alla medesima disciplina) a quella del « contratto che abbia come
finalità il trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto
reale di godimento su un immobile da costruire »

 

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