La contumacia trova le garanzie. Oggi un decreto legge al Consiglio dei ministri
Nuova pagina 6
Il
procedimento in contumacia si allinea all’Europa. Oggi al Consiglio dei ministri
verrà presentato un decreto legge che modifica il nostro Codice di procedura
penale per adeguarlo alle sentenze pronunciate dalla Corte europea dei diritti
dell’uomo. In particolare, diventano più facili le impugnazioni dei
provvedimenti pronunciati nei confronti di imputati assenti non per loro
responsabilità. Presupposto dell’intervento normativo è infatti è che il
diritto alla restituzione nei termini per impugnare la misura adottata in
contumacia deve essere riconosciuto all’imputato tutte le volte che non ha avuto
conoscenza del procedimento a suo carico e non ha quindi scelto volontariamente
di non comparire. A essere eliminati sono cosi’ i vincoli stabiliti
dall’articolo 175, comma 2, del Codice di procedura penale che la Corte europea
aveva già individuato come « ostacolo giuridico » incompatibile con la
Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Inoltre, il decreto legge introduce due aggiunte al Codice ( in particolare agli
articoli 157 e 161) per rendere più veloci e sicure le notifiche all’imputato
non detenuto che ha nominato un difensore di fiducia, senza provvedere a
eleggere un domicilio: in questi casi le notifiche andranno effettuate presso i
difensori.
Il provvedimento prende atto, osserva la relazione, che « da tempo i rapporti
giurisdizonali con le autorità straniere rivelano crescenti difficoltà nel
giustificare la disciplina e l’estensione che assume nel nostro ordinamento, la
figura della contumacia, che risulta spesso incomprensibile per gli altri Stati
» . Un’incomprensibilità che ha avuto anche un riflesso nelle condanne subite
dall’Italia davanti alla Corte di Strasburgo. Due, in particolare, le pronunce
più recenti: con la prima, del 18 maggio 2004, è stato sottolineato come si
verifica una negazione di giustizia nel caso in cui un individuo condannato in
assenza non possa ottenere una nuova pronuncia dopo che sia venuto a conoscenza
del fondamento dell’accusa.
Con la seconda, del 10 novembre 2004, è stato sancito il conflitto tra
Convenzione e Codice di procedura, con in più l’ingiunzione all’Italia di
eliminare la norma in contrasto e che, in caso contrario, sarebbero state
numerose le successive pronunce di condanna.
Con quest’ultima sentenza, la Corte dei diritti dell’uomo, per la prima volta,
ha chiesto al nostro Paese di introdurre un meccanismo effettivo per garantire
il diritto delle persone condannate in contumacia a ottenere un nuovo processo
quando non sia possibile dedurre una volontà di rinuncia a comparire.
A rendere indifferibile l’intervento del ministero della Giustizia c’è poi
anche l’esigenza di rendere compatibile il nostro processo in contumacia con la
nuova procedura di consegna basata sul mandato di arresto europeo. E’ infatti
previsto che, se il mandato è stato emesso per l’esecuzione di una pena
pronunciata in assenza e l’imputato non è stato citato personalmente e neppure
è stato informato della data e del luogo dell’udienza che ha condotto alla
condanna, la consegna puo’ essere subordinata alla condizione che l’autorità
giudiziaria emittente fornisca assicurazioni sufficienti a garantire alla
persona la possibilità di richiedere un nuovo processo nello Stato membro che
ha emesso il mandato e di essere presente al giudizio.
E a titolo di esempio, viene ricordata la Germania, le cui norme di attuazione
del mandato di arresto ( entrate in vigore il 21 luglio 2004) espressamente
prevedono il rifiuto dell’esecuzione quando la legislazione dello Stato
richiedente non garantisce il diritto a un nuovo processo. Garanzie che allo
stato attuale della normativa l’Italia non è in grado di fornire. Del resto, le
stesse disposizioni di attuazione ieri al centro della polemica politica,
stabiliscono una condizione analoga nei confronti di richieste provenienti
dall’estero. Di qui la scelta di intervenire con un decreto legge: da una parte
l’offerta di maggiori sicurezze alla comunità internazionale, ma, dall’altra,
l’esigenza di ottenere effetti positivi anche sulle procedure di estradizione
dall’estero.
Giovanni
Negri, Il Sole 24 Ore