Penale

Per essere considerata ingente, la quantità di droga dev’essere esorbitante rispetto al normale traffico di droga – CASSAZIONE PENALE, Sezione VI, Sentenza n. 49085 del 22/12/2005

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Un chilo e
mezzo di cocaina pura, pari a quasi 10.500 dosi, non puo’ essere considerata di
per sè una “ingente quantità” ai fini del reato di spaccio nella città di
Roma. Il principio è stato affermato dalla Sesta Sezione Penale della Corte di
Cassazione che ha cancellato l’aggravante che era stata applicata ad uno
spacciatore di origini spagnole condannato a sette anni di reclusione e a 30
mila euro di multa per “detenzione a fini di spaccio di un chilo e mezzo di
cocaina pura” nella periferia della Capitale. Secondo i giudici di secondo
grado, infatti, lo spacciatore meritava l’applicazione dell’aggravante della
ingente quantità della dose in quanto “un chilo e mezzo di cocaina pura, pari a
10.442 dosi droganti, è in grado di soddisfare un rilevante numero di
tossicodipendenti”. Per la Suprema Corte, che ha ribaltato la sentenza della
Corte di Appello, un chilo e mezzo di coca invece “non integra di per sè un
quantitativo ingente, a meno che in relazione alle caratteristiche dell’offerta
di droga, alla sua capacità di diffusione e di assorbimento del mercato, non si
determini un pericolo concreto per la salute pubblica di elevata intensità”;
infatti, per essere considerata “ingente”, la quantità dev’essere “esorbitante”
rispetto al “normale” traffico di droga, mentre la quantità di un chilo e mezzo
di droga non poteva essere considerata eccessiva “considerato anche che il
mercato di destinazione era quello romano, certamente non suscettibile di essere
influenzato da un simile quantitativo”.

 



Suprema Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, sentenza n.49085/2004
(Presidente: L. Sansone; Relatore: G. Conti)

 FATTO

 

Con la
sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza in
data 21 febbraio 2003 del GUP del Tribunale di Tivoli, appellata da A. R. F. A,
dichiarato responsabile, all’esito di giudizio abbreviato, con le attenuanti
generiche, del reato di cui agli artt. 73 e 80 D.P.R. n. 309 del 1990 [1]
(detenzione a fini di spaccio di Kg. 1, 566 di cocaina pura, in Tivoli, il 16
novembre 2002), riduceva la pena ad anni sette di reclusione ed Euro 30,000 di
multa.

La Corte di
appello riteneva non accoglibile sia la doglianza relativa alla contestata
aggravante della ingente quantità di stupefacente sia quella relativa al
diniego della prevalenza delle attenuanti generiche.

Ricorre per
cassazione l’imputato, che deduce personalmente la violazione della legge penale
in relazione alla misura eccessiva della pena, rilevando che erroneamente è
stata ritenuta l’aggravante della ingente quantità di sostanza stupefacente in
riferimento a Kg. 1, 5 di cocaina, considerato anche che il mercato di
destinazione era quello romano, certamente non suscettibile di essere
influenzato da un simile quantitativo; e che altrettanto erroneamente non è
stata ritenuta la prevalenza delle attenuanti generiche svalutandosi lo stato di
incensuratezza dell’imputato, le motivazioni socio- economiche che lo avevano
spinto a delinquere, il buon comportamento processuale e il ruolo minimale di
corriere nell’ambito del traffico internazionale di stupefacenti.

Con motivi
aggiunti, l’avv. Gennaro de Sena Plunkett, deduce: violazione di legge e vizio
di motivazione in punto di comparazione tra circostanze, avendo la Corte di
appello illegittimamente valutato negativamente il fatto che l’imputato non
abbia fornito informazioni sui corrieri, tanto più che non era affatto certo
che egli li conoscesse.

Carenza di
motivazione e violazione di legge sullo stesso punto, avendo i giudici di merito
al riguardo impiegato le stesse considerazioni già espresse ai fini della
determinazione della pena.

Violazione di
legge in punto di determinazione della pena, parametrata non al fatto criminoso
ma alla effettività della pena da scontare, e cioè tenendosi anticipatamente
conto della riduzione di pena ex art. 442 c.p.p., che invece ha natura
processuale e che avrebbe dovuto pertanto seguire alla determinazione in
concreto della pena ritenuta equa.

 

DIRITTO

 

Il ricorso
appare fondato con riferimento al punto relativo alla ritenuta sussistenza
dell’aggravante dell’ingente quantità di sostanza stupefacente, che è
assorbente rispetto alle ulteriori censure.

La Corte di
appello ha ritenuto che un quantitativo di Kg. 1, 5 circa di cocaina pura, pari
a 10.442 dosi droganti, era in grado di soddisfare un rilevante numero di
tossicodipendenti, il tutto, in applicazione del mero criterio quantitativo,
correlato al numero delle dosi droganti, privilegiato da parte della
giurisprudenza di legittimità (Sez. VI, u. p. 4 novembre 2003, Alushay; Sez. IV,
c.c. 27 novembre 2003, Esposito), non potendosi invece fare riferimento al
mercato di destinazione della droga e all’eventuale sua saturazione, non
facilmente accertabile, anche per il carattere clandestino del commercio (nello
stesso senso, Cass., sez. VI, 12 luglio 2001, Serra De Stasio).

Ma, ad avviso
del Collegio, il dato quantitativo, considerato nella sua nuda oggettività,
realizza la fattispecie descritta dall’art. 80 comma 2 D.P.R. n. 309 del 1990
solo quando esso appaia di per s esorbitante rispetto alla normale fenomenica
del traffico di stupefacente, cosi’ da rappresentare un gravissimo pericolo per
la salute pubblica in relazione al grande numero, in assoluto, dei possibili
consumatori (Cass., sez. VI, u. p. 9 novembre 2000, Ruzi).

Quando invece
l’aspetto ponderale non si presenti in termini di eccezionalità, come nel caso
di specie, deve operarsi una valutazione della quantità e della qualità della
droga rispetto alla salute pubblica tenendo conto del contesto, in relazione
all’offerta di droga, alla sua capacità di diffusione e alle condizioni di
assorbimento del mercato di riferimento (v. Cass., sez. VI, u. p. 24 febbraio
2003, Balti; Cass., sez. VI, u. p. 25 giugno 1999, Scandinaro; Cass., sez. VI,
u. p. 6 maggio 1998, Orilio).

Nella specie,
non emerge dalla sentenza impugnata quale fossero i canali di approvvigionamento
della sostanza da parte dell’imputato, quale fosse la destinazione della droga
(se destinata al consumo di tossicodipendenti o ad altri spacciatori), quale
fosse l’ambito territoriale nel quale essa era destinata ad essere
commercializzata, quale fosse la tipologia degli eventuali acquirenti.

Va quindi
affermato il seguente principio di diritto: la quantità di Kg. 1, 5 circa di
cocaina pura, pari a 10,442 dosi droganti, non integra di per se un quantitativo
ingente ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 80 comma 2 D.P.R. n. 309 del
1990, a meno che in relazione alle caratteristiche dell’offerta di droga, alla
sua capacità di diffusione e alle condizioni di assorbimento del mercato di
riferimento esso determini in concreto un pericolo alla salute pubblica di
elevata intensità.

La sentenza
impugnata va pertanto annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte di
appello di Roma che, nel nuovo giudizio, ai fini della valutazione della
sussistenza della contestata aggravante, si atterrà al principio sopra
enunciato.

 

P.Q.M.

 

Annulla la
sentenza impugnata limitatamente alla aggravante della ingente quantità di
sostanza stupefacente e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Roma
per nuovo giudizio sul punto.

Cosi’ deciso
addi’ 10 dicembre 2004.

Depositata in
Cancelleria il 22 dicembre 2004.

 

 

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