Condominio. Spetta solo al vero proprietario la legittimazione passiva. CASSAZIONE CIVILE, Sezione II, Sentenza n. 23994 del 27/12/2004
Con la sentenza in esame la
Corte di Cassazione ha statuito che in tema tema di ripartizione delle spese
condominiali, e più propriamente in relazione all’azione per il recupero delle
quote di competenza ,solo colui che sia effettivamente individuato come
proprietario esclusivo dell’unità immobiliare. è passivamente legittimato. In
materia condominiale, infatti, non puo’ trovare applicazione il principio
dell’apparenza del diritto, mancando una relazione di terzietà tra il condomino
e il condominio, che non ha una soggettività giuridica diversa da quella dei
semplici condomini
CASSAZIONE CIVILE, Sezione
II, Sentenza n. 23994 del 27/12/2004
Svolgimento del processo
Con ricorso del condominio
Lungotestene in persona dell’amministratore Mario S., il G.D.P. di Agropoli
ingiungeva con decreto 156/97, ad Angelo B. il pagamento di L. 4.539.908 per
quote condominiali relative ad un appartamento condominiale.
Su opposizione del B., che
eccepiva di non essere proprietario dell’immobile, il G.D.P. di Agropoli con
sentenza N. 190/97, revocava il decreto ingiuntivo dichiarando l’ingiunto
carente di legittimazione passiva.
Su impugnazione di S.
Mario, il Tribunale di Vallo della Lucania, con sentenza 17.2.2000, in riforma
della sentenza impugnata confermava il decreto ingiuntivo emesso nei confronti
del B. condannandolo al pagamento delle spese di entrambi i gradi del giudizio.
– Afferma il Tribunale, in
ordine alla dedotta carenza di legittimazione attiva dell’appellante (per
essersi il S. costituito in giudizio personalmente e non nella qualità di
amministratore del condominio), che, se è vero che nell’atto di appello il S.
non si qualifica come amministratore del condominio, è altrettanto vero che lo
stesso non ha inteso costituirsi personalmente come si evince: dal fatto che a
margine della procura rilasciata dal S. è stampigliata la dicitura:
"amministratore", facendo
cio’ chiaramente intendere che il mandato ad litem è stato conferito per conto
del legale rappresentante del condominio; dal fatto che il S. difende la sua
posizione di amministratore del condominio, nel quale il B. avrebbe ingenerato
l’incolpevole affidamento che egli era il proprietario dell’immobile; nel fatto
che conclusivamente, nell’atto di appello, è il condominio Lungotestene ad
effettuare la vocatio in ius; – quanto alla dedotta nullità della procura ad
litem per la mancata certificazione da parte del difensore, dell’autografia
della firma dell’appellante, afferma il Tribunale che la mancata sottoscrizione
della procura da parte dell’avvocato costituisce una mera irregolarità sanabile
in corso di causa, come nella specie è avvenuto, con la sottoscrizione
dell’avvocato che ha certificato l’autografia della sottoscrizione del mandante,
non essendo necessaria l’attestazione dell’avvocato che la firma del mandante
sia avvenuta in sua presenza.
Afferma il Tribunale che
l’esecuzione di incompetenza per valore del giudice adito è infondata in quanto
la controversia è di valore determinabile e calcolando gli interessi da
applicare al capitale di L. 4.539.908, al tasso del 10% annuo per il periodo
14.8.96 (data della delibera con cui è stata ripartita la spesa) 31.12.96 ed al
tasso del 5% per il periodo 31.12.96 e 23.4.97 (data di emissione del decreto
ingiuntivo), la somma ingiunta non supera il valore di L. 5.000.000 e quindi la
competenza del G.D.P. ex art. 7 c.p.c..
Quanto all’eccepita carenza
di legittimazione passiva del B., ribadita l’applicabilità del principio
dell’apparenza del diritto anche in tema di condominio ai fini
dell’individuazione del soggetto tenuto al pagamento delle quote condominiali,
afferma il Tribunale che, nella specie, il comportamento tenuto dal B. (coniuge
convivente con l’effettiva proprietaria dell’appartamento) il quale avendo la
disponibilità dell’immobile ha partecipato uti dominus alle assemblee
condominiali, pagato le quote condominiali, sottoscritto le ricevute rilasciate
dall’amministratore, ricevuto la corrispondenza inviatagli ad personam
dall’amministratore, ha creato in capo al medesimo l’apparenza della titolarità
della quota condominiale inducendo legittimamente l’amministratore a credere che
egli fosse il proprietario formale dell’unità immobiliare.
Avverso tale sentenza
ricorre in Cassazione il B..
Resiste, con controricorso,
il condominio.
Motivi della decisione
Deduce il B. a motivi di
impugnazione: la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, nonchè
l’omessa contraddittoria e comunque insufficiente motivazione per avere il
Tribunale erroneamente:
1) accolto un atto di
appello NULLO perchè proposto da S. Mario che, non qualificandosi quale
amministratore del condominio Lungotestene, era privo di legittimazione attiva
ad impugnare la sentenza del G.D.P. affermando: che la qualifica di
amministratore era desumibile dal fatto che sul mandato vi era la stampigliatura
"amministratore", e che dal contesto dell’atto si arguiva che il S. difendeva le
posizioni del condominio; NONOSTANTE:
a) la stampigliatura
contenesse l’indicazione generica di "amministratore" senza specificare nemmeno
il nome del condominio:
b) la ritenuta difesa degli
interessi del condominio da parte del S. seppur legittimava il medesimo a
contraddire, da altro lato contrastava con il riconoscimento che lo stesso era
estraneo agli interessi processuali;
2) ritenuto valido il
mandato conferito al difensore del condominio, nonostante la mancata
certificazione da parte del difensore medesimo della autografia della firma
dell’appellante;
3) ritenuto l’"affidamento
incolpevole" dell’amministratore del condominio nel considerare il B.
proprietario dell’appartamento, nonostante le bollette condominiali approntate
dall’amministratore fossero intestate a C. Pasqualina, proprietaria effettiva
dell’immobile in forza del rogito 21.11.77 e tra la medesima ed il marito B.
prima del rogito fosse stata convenuta la separazione dei beni;
4) ritenuto la
controversia, rientrante nella competenza per valore del G.D.P., NONOSTANTE:
a) la domanda fosse di
valore indeterminato, superiore a L. 5.000.000, richiedendosi anche gli
interessi alla scadenza delle singole quote, per un ammontare indeterminato,
senza che il ricorrente avesse limitato il valore nei limiti di competenza del
giudice adito, con la conseguenza che la controversia rientrava nella competenza
per valore del Tribunale;
b) la domanda, anche a
ritenere gli interessi, determinabili con opportuni calcoli, rientrasse nella
competenza per valore della Pretura di Vallo della Lucania in quanto aggiungendo
alla parte capitale pari a L. 4.539.908, gli interessi maturati al 23.4.97 pari
a L. 605.318 il valore ammonterebbe a L. 5.145.226, superiore alla competenza
del G.D.P. e rientrante nella competenza del Pretore;
5) omesso di pronunciarsi
sulle contestazioni in ordine all’an ed al quantum sollevate dal ricorrente fin
dall’atto di opposizione.
La prima doglianza è
infondata, in quanto il ricorrente non fa altro che ripetere argomenti ai quali
ha già risposto il Tribunale di Vallo della Lucania, senza chiarire quale
sarebbe l’errore nel quale lo stesso sarebbe incorso.
La seconda doglianza è
infondata, in quanto, in base alla giurisprudenza di questa S.C., la mancata
certificazione, da parte del difensore, dell’autografia della firma del
conferente la procura ad litem costituisce una mera irregolarità, che non
comporta la nullità della procura stessa, in quanto tale nullità non è
comminata dalla legge; nè detta formalità incide sui requisiti indispensabili
per il raggiungimento dello scopo dell’atto, individuabile nella formazione del
rapporto processuale attraverso la costituzione in giudizio del procuratore
nominato, salvo che la controparte non contesti, con valide e specifiche ragioni
e prove, l’autografia della firma non autenticata, sent. 17 dicembre 1998 n.
12625). Da un punto di vista logico va, poi, esaminata la doglianza, con la
quale il ricorrente ribadisce che:
a) la domanda
riconvenzionale, tenuto conto della indeterminatezza della misura degli
interessi era di valore indeterminabile, per cui andava affermata la competenza
per valore del Tribunale di Vallo della Lucania;
b) la domanda
riconvenzionale, sommando somma capitale ed interessi,aveva un valore superiore
a lire 5.000.000, con conseguente incompetenza del Giudice di pace e competenza
del Tribunale di Vallo della Lucania. Le doglianze sono infondate, in quanto:
a) la indeterminatezza
degli interessi richiesti non comportava la indeterminabilità degli stessi,
tenendo conto della determinatezza dei parametri in base ai quali gli stessi
andavano calcolati;
b) il ricorrente si limita
ad opporre un proprio calcolo, senza indicare gli elementi in base ai quali lo
stesso è stato effettuato e senza contestare la correttezza di quelli
utilizzati dalla sentenza impugnata per giungere a diversa conclusione.
E’, invece, fondata la
doglianza relativa al difetto di legittimazione passiva del ricorrente. La
sentenza impugnata, infatti, non ha tenuto conto che secondo la più recente
giurisprudenza di questa S.C. in tema di ripartizione delle spese condominiali
è passivamente legittimato rispetto all’azione giudiziaria per il recupero
della quota di competenza colui che sia effettivamente individuato come
proprietario esclusivo dell’unità immobiliare, non potendo l’azione stessa
essere proposta contro colui il quale, con le sue dichiarazioni e comportamenti,
anche univoci, abbia ingenerato nell’amministratore il ragionevole convincimento
che si tratti dell’effettivo condomino, in quanto in materia condominiale non
puo’ trovare applicazione il principio dell’apparenza del diritto, mancando una
relazione di terzietà tra il condomino e il condominio, che non ha una
soggettività giuridica diversa da quella dei semplici condomini. (Cfr. sent.:
25 novembre 2003 n. 17897; 30 agosto 2002 n. 12709; 8 aprile 2002 n. 5035).
La doglianza relativa alla
omessa pronuncia sulle contestazioni in ordine all’an ed al quantum viene ad
essere assorbita.
Il ricorso va, pertanto,
accolto nei limiti esposti e la sentenza impugnata va cassata in relazione al
motivo accolto, con rinvio al Tribunale di Salerno che provvedere
all’applicazione dei principi esposti, nonchè a liquidare le spese del presente
giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il
ricorso per quanto di ragione;
cassa la sentenza impugnata
in relazione al motivo accolto e rinvia la causa anche per la liquidazione delle
spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Salerno.
Cosi’ deciso in Roma, il 11
febbraio 2004.
Depositato in Cancelleria
il 27 dicembre 2004.