Niente apprendistato senza insegnamento. Il contratto non è valido se alla persona non viene insegnato il mestiere – TRIBUNALE DI ROMA, Sezione Lavoro, Sentenza n. 61 del 05/01/2005
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La vicenda trae origine dal ricorso di una lavoratrice per
l’accertamento, tra l’altro, dell’invalidità del contratto di apprendistato
e del diritto all’indennità sostitutiva del preavviso in relazione alle
rassegnate dimissioni per giusta causa. La sentenza ha dichiarato
l’illegittimità del contratto di apprendistato sia per l’assenza di forma
scritta in epoca anteriore all’inizio del rapporto di lavoro che ne
costituisce il requisito di legge a pena di nullità,; sia perchè è stato
dimostrato che non si era svolto alcun insegnamento, anche solo pratico, alla
ricorrente in ordine alle mansioni da svolgere; circostanza che rappresenta
ulteriore motivo di vizio. Il Tribunale ha, altresi’, confermato che specie
il mancato pagamento delle domeniche lavorate integra, in pieno, il
presupposto della giusta causa di dimissioni tenuto conto della gravosità
della prestazione lavorativa resa nelle domeniche del periodo delle festività
natalizie, a fronte della quale alcun corrispettivo era stato elargito dalla
parte datoriale.
La sentenza che
segue è suscettibile di impugnazione in conformità ai principi del vigente
sistema processuale.
TRIBUNALE DI ROMA, Sezione Lavoro, Sentenza n. 61 del 05/01/2005
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Con
ricorso depositato in data 11.9.2001 la parte ricorrente in epigrafe indicata
esponeva di aver lavorato alle dipendenze della società resistente dal
17.7.2000 al 27.1.2001, svolgendo mansioni di commessa presso il punto
vendita di abbigliamento femminile F ed affermava che nonostante il rapporto
di lavoro era stato formalizzato solo il 15.1.2001, peraltro come apprendista
commessa, lo stesso si era sempre svolto con le caratteristcihe del rapporto
di lavoro subordinato, essendo ella stata sempre assoggettata al potere
direttivo, organizzativo, disciplinare del datore di lavoro e dei suoi
preposti, nelle persone del Sig. F.D. e del di lui figlio F.D. che le
impartivano le direttive; esponeva di essere stata stabilmente inserita
all’interno della struttura aziendale, con obbligo di rispettare l’orario di
lavoro, prestabilito unilaterlmente dal Sig. De., al quale era tenuta a
comunicare le assenze, a giustificare i permessi. Esponeva di aver ricevuto
sempre un compenso fisso mensile ed assumeva che per le mansioni svolte di
addetta alla vendita delle merci ai clienti nonchè al riordino del negozio,
ella aveva diritto ad essere inquadrata nel V livello del CCNL azeinde del
terziario; assumeva di aver sempre osservato l’orario di lavoro dalle 9,30
alle 13,00 e dalle 15,30 alle 19,30 dal lunedi’ pomeriggio al sabato; di non
aver mai goduto di ferie e di aver lavorato durante le domeniche dell’8, 24,
31 di dicembre e del 21 gennaio nonchè, durante le festività natalizie, i
lunedi” mattina. Ella lamentava di non aver ricevuto nella giusta misura la
13esima mensilità, la 14esima, il compenso per lavoro straordinario, i
permessi, mai goduti, il lavoro prestato nelle ex festività e il TFR. In
conseguenza di tutti i titoli indicati ella assumeva di vantare il credito di
Lit. 11.715.361= anche a titolo di differenza paga e, lamentando altresi’ che
non erano stati versati intergalmente i contributi previdenziali si riservava
di richiedere la chiamata in causa dell’Inps. Infine, assumeva di essersi
dimessa per giusta causa, stante il mancato pagamento di alcune voci
retributive e del versamento dei contributi previdenziali e quindi affermava
di vantare a titolo di indennità di mancato preavviso, la somma di Lit.
1.676.338. Tutto quanro premesso ella adiva il Tribunale in funzione di
giudice del lavoro, per sentir accertare che tra le parti era intercorso un
rapporto di lavoro subordinato dal 17/7/2000 al 27/1/2001 e che la ricorrente
aveva svolto mansioni di commessa alla vendita corrispondenti al V livello
del CCNL terziario o al diverso livello ritenuto di giustizia; che ella aveva
rassegnato le dimissioni per giusta causa e per l’effetto, condannare la
società al pagamento delle somme sopra indicate, o a quelle diverse ritenute
di gisutizia, con il favore delle spese, da distrarsi. Instauratosi il
contraddittorio si costituiva la società resistente che contestava tutto
quanto ex adverso dedotto ed in particoalre in ordine all’inizio del periodo
di lavoro, asserendo che ella aveva iniziato a lavorare il 19.10.2000, in
coincidenza con l’avvenuta regolarizzazione; quanto alla natura delle
mansioni svolte affermava che le stesse erano conformi con il previsto
apprendistato, effettivamente impartito dalla parte datoriale, con
insegnamenti tecnico-pratici; contestava l’orario di lavoro, assumendo che
ella non aveva mai lavorato oltre 40 ore settimanali, la natura di giusta
causa delle dimissioni rassegnate nonchè i conteggi elaborati e concludeva per
il rigetto del ricorso, con il favore delle spese. All’udienza del 4.11.2004
la causa, istruita attraverso il libero interrogatorio e la prova
testimoniale, lette le note autorizzate era decisa come da dispositivo
retroscritto.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
Il
ricorso è fondato e va accolto, per quanto di ragione. In sede di libero
interrogatorio svolto, dal quale il giudice puo’ trarre utili elementi ai
fini del proprio convincimento, si evince che la parte ricorrente ha
integralmente confermato il tenore del ricorso introduttivo, affermando di
aver iniziato a lavorare il 17.7.2000 con orario dalle 9,30 alle 13,30 e
dalle 15,30 alle 19,30 e l’estate dalle 16,00 alle 20,00; ella ha, inoltre,
precisato di esere andata via in quanto non riteneva di essere stata pagata a
sufficienza ed in particolare, di aver lavorato anche le domeniche e partire
dall’8 dicembre sino a Natale, e la domenica dei saldi a gennaio, senza
percepire alcunchè al di fuori di Lit. 1.200.000=; ha aggiunto di non aver
mai goduto di permessi e quando in un’occasione ella era stata assente per
una mezza giornata perchè ammalata aveva dovuto recuperare il lavoro non
espletato. Ha confermato inoltre di aver svolto le mansioni di commessa
addetta al pubblico, nonchè di addetta al riordino della merce e alla
pulizia del negozio. Quanto alle direttive ha chiarito che l’indicazione sui
prezzi gliele forniva il titolare D., mentre era un’altra commessa più
esperta che le spiegava le mansioni da svolgere e cosa ella doveva fare
durante la giornata; ha, inoltre, aggiunto che se sbaglava ella veniva
rimproverata e le veniva spiegato come doveva comportarsi, ma prima no, cioè
non le era stato impartito alcun insegnamento neanche pratico sul lavoro da
svolgere. I testi escussi, nelle persone di M.S. e L.T., il primo fidanzato
della ricorrente e la seconda commessa nel negozio all’epoca dei fatti, hanno
confermato l’inizio del periodo lavorativo, in epoca ben precedente la data
della c.d. regolarizzazione. In particolare, M. S. ha specificato che la
ricorrente inizio’ il 17.7.2000 e che in quel giorno egli ando’ a prenderla
la sera al negozio, e quanto a L.T., costei ha dichiarato di aver lavorato
nel negozio della società resistente tra luglio ed agosto 2000 e che in quel
periodo c’era anche la ricorrente. Costei inoltre ha aggiunto che ci
impartiva le direttive anche alla ricorrente era il sig. D. ed ha
specificato, a domanda precisa non mi sembra che l’addestrasse. Ad esempio
nessuno di noi ci ha spiegato la differenza tra le stoffe, ad es. tra il
cotone, la nappa, la lana. In relazione al periodo di inizio dell’attività
lavorativa gli altri testi non hanno riferito circostanze specifiche: D. F.,
pur avendo affermato di collaborare nella conduzione del negozio del figlio
perchè quest’ultimo gestiva tale tipo di attività commerciale da poco
tempo, e quindi pur affermando di frequentare quotidianamente il negozio, si è
limitato ad affermare che la ricorrente aveva iniziato verso la fine
dell’anno 2000, ovvero in autunno, senza tuttavia rammentare nè il giorno nè
il mese specifico; egli comunque ha precisato che il figlio mise in regola la
ricorrene solo dopo l’inizio dell’attività lavorativa, per problemi con i
documenti della medesima, di nazionalità francese, cosi’ indirettamente
confermando che ella per un periodo aveva lavorato in nero. Nessun elemento
di rilievo è stato poi aggiunto in merito all’inizio del rapporto di lavoro
dall’altro teste M.M., il quale, in qualità di commercialista, ha dichiarato
di aver veduto la ricorrente per la prima volta presso il suo studio, nel
2001 per svolgere le pratiche di assunzione, ma non avendo conoscenza diretta
dei fatti si è limitato a fornire una spiegazione logica del motivo della
previsione dell’apprendistato collegandola solo con l’assenza di esperienza
lavorativa pregressa. In conseguenza, dovendo ritenere provato che la
ricorrente inizio’ a lavorare a luglio 2000, in ordine alla legittimità del
contratto di apprendistato, contestata dalla ricorrente, appare assorbente il
rilievo dell’assenza, nel caso di specie, della forma scritta ovvero del
contratto sottoscritto da entrambe le parti in epoca anteriore all’inizio del
rapporto, che costituisce requisito di validità del contratto previsto ad
substamtiam; inoltre, sebbene tale argomento è dirimente per escludere la
validità dell’apprendistato, va anche rilevato che i testi escussi hanno
dimostrato che non vi fu alcun insegnamento anche solo pratico impartito alla
ricorrente in ordine alle mansioni da svolgere, che erano consistite nel
servire il pubblico, mostrando ai clienti le merci, oltre che nel pulire il
negozio e riporre le merci, seguendo piuttosto le direttive impartite dal
Sig. D. (cfr. teste L.T.). L’istruttoria complessiva ha confermato, in
sostanza, che la ricorrente aveva lavorato sin dall’inizio con le medesime modalità
ed in via continuativa, compreso il mese di agosto, mese nel quale il negozio
resto’ sempre aperto, essendo l’anno del Giubileo. Cio’ posto, dimostrato
comunque il pieno inserimento della ricorrente nell’organizzazione aziendale,
come detto, in assenza del contratto scritto in data antecedente l’inizio
dell’attività lavorativa il rapporto di lavoro deve ritenersi di lavoro
subordinato a tempo indeterminato. In merito alle mansioni espletate la
declaratoria del V livello del CCNL si riferisce ai lavoratori che eseguono
lavori qualificati per la cui esecuzione sono richieste normali conoscenze,
comunque acquisite e tra i profili è ricompreso anche quello di aiutante
commesso, sicchè, confrontate le mansioni con l’attività svolta, la domanda
per differenze retributive va accolta, essendo corretto l’inquadramento
rivendicato. Anche l’orario di lavoro è stato confermato intergalmente
dall’istruttoria espletata; il teste M. ha precisato che ella iniziava a
lavorare alle ore 9,30 di mattina sino alle 13,30 e riprendeva dalle 15,30
sino alle 19,30 compresa la giornata del sabato ha confermato che ella
lavorava nel periodo natalizio, ed in particoalre nelle domeniche (8, 24 e 31
dicembre) ed il 21 gennaio ed i lunedi’ mattina (cfr. teste M.). Anche sul
punto la prova testimoniale resa dal teste D. non appare idonea a confutare
le risultanze dell’orario di lavoro, come asserito in ricorso e confermato
dall’altro teste. Invero, il teste D., lungi dallo specifciare sino a che ora
la ricorrente lavorava si è limitato ad affermare che ella lavorava per 40
ore settimanali senza specificare a che ora iniziava e quando cessava la sua
giornata lavorativa. D’altro canto, l’orario indicato dalla ricorrente e dal
teste M. è quello usuale dei negozi di abbigliamento, sicchè appare
maggiormente credibile quanto riferito dal teste M., rispetto a quanto
affermato dal teste D., peraltro in modo generico. Deve quindi ritenersi
fornita anche la prova del lavoro straordinario espletato nella misura
indicata nel conteggio allegato al ricorso. Nessun dubbio inoltre sussiste in
merito all’applicazione del CCNL da parte della società resistente tenuto
conto, tra l’altro, dell’evvenuta corresponsione seppure in maniera inferiore
al dovuto della 14esima mensilità come si rileva dalle buste paga di gennaio
e febbraio 2001. Infine, in merito alla richiesta d’indennità di mancato
preavviso che, ai sensi dell’art. 2119
c.c. [1], compete al prestatore che recede per giusta causa, la
ricorrente nella lettera del 27/1/2001 di dimissioni ha spiegato le ragioni
che l’avevano indotta a recedere dal rapporto di lavoro. Ella, come poi
confermato in sede di libero interrogatorio, ha lamentato il mancato
pagamento delle giornate domenicali lavorate, mai recuperate e la circostanza
di non aver mai potuto usufruire dei permessi e di non aver mai goduto delle
ferie. Ritiene il giudicante che, specie il mancato pagamento delle domeniche
lavorate integra a pieno il presupposto della giusta causa di recesso, tenuto
conto della gravosità della prestazione lavorativa resa nelle domeniche del
periodo delle festività natalizie, a fronte della quale alcun corrispettivo è
stato elargito dalla parte datoriale. In ordine all’importo richiesto il
conteggio appare conforme ai minimi tabellari, mentre il rilievo di parte
resistente secondo cui non sarebbe stato sottratto il lordo da lordo appare
privo di pregio, con riguardo al periodo c.d. regolarizzato, come si evince
dal raffronto tra le voci indicate nelle buste paga in atti e gli importi
corrispondenti, correttamente espres