L’ordinamento giudiziario è tutto da rifare. Ciampi non firma
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Ciampi non firma. Incostituzionali le linee di
indirizzo della politica giudiziaria, il monitoraggio dell’esito dei
procedimenti, l’impugnazione contro le delibere del Csm sugli incarichi
direttivi, la Scuola superiore. E poi non si scrivono cosi’ le leggi
Svuotamento dei poteri del Consiglio superiore della magistratura, mancanza di
copertura finanziaria per la Scuola della magistratura, gerarchizzazione delle
procure, nuovi poteri del ministro della Giustizia. Sono quattro i punti
fondamentali della riforma dell’ordinamento giudiziario che il Presidente della
Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha sottolineato in rosso.
Il messaggio. Ieri è arrivato il cinquantaseiesimo rinvio alle Camere in
cinquantasei anni; il Capo dello Stato, con un messaggio ai presidenti di Camera
e Senato, ha rinviato al Parlamento la riforma della Giustizia che adesso
riprenderà il suo cammino da Palazzo Madama (il testo è leggibile tra i
correlati). Ma nel messaggio del Presidente della Repubblica non ci sono solo le
correzioni da apportare alla riforma. I passaggi finali del messaggio contengono
un vero e proprio richiamo al modo di legiferare del Parlamento. Ciampi scrive
anche che l’analisi del provvedimento è stato difficile anche dal modo con cui
questo è stato scritto; vale a dire due soli articoli, di cui il secondo
composto da 49 commi, rappresentando 38 della 40 pagine della legge. Insomma le
leggi vengono scritte male. "A tale proposito – scrive il presidente della
Repubblica – ritengo che questa possa essere la sede propria per richiamare
l’attenzione del Parlamento su un modo di legiferare, invalso da tempo, che non
appare coerente con la ratio delle norme costituzionali che disciplinano il
procedimento legislativo e, segnatamente con l’articolo 72 della Costituzione,
secondo cui ogni legge deve essere approvata articolo per articolo e con
votazione finale".
Via Arenula. Per il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, si tratta solo
di ritocchi marginali e già a febbraio si potrebbe arrivare all’approvazione
della riforma e iniziare a lavorare ai decreti delegati. Castelli durante la
conferenza stampa ha anche preannunciato un incontro nella stessa serata dei
quattro saggi della Cdl, "sempre che riesca a trovare Vietti" ha aggiunto
Castelli con un po’ di ironia. In realtà ai decreti delegati si inizierà a
lavorare da subito, visto che lo scoglio del colle è stato praticamente
superato, nel senso che servirà adesso ritoccare solo quei punti che il Capo
dello Stato ha sottolineato. Complessivamente il ministro si è detto
addirittura soddisfatto perchè le correzioni di Ciampi permetteranno un
intervento immediato sulla legge evitando cosi’ "lo stillicidio di sentenze
della Corte costituzionale". "Temevo guai peggiori – ha detto – anche perchè
abbiamo lavorato sempre sul limite". Secondo Castelli "tre punti sono superabili
in real time", mentre il quarto punto, quello relativo ai rapporti tra Scuola
superiore e i poteri del Csm richiederà una maggiore riflessione da parte della
maggioranza di Governo. Comunque sia secondo il Guardasigilli quest’ultimo punto
"non scardina la riforma perchè questa riforma ha un impianto di natura
politica e uno di natura formale che sta in piedi, è una sorta di albero, se
tagli un ramo resta su. Questo – ha continuato riferendosi sempre al quarto
punto – non è un tronco". Certo non sfugge a nessuno quanto sia importante "ma
qualsiasi decisione prendiamo – ha concluso – la legge resta in piedi". I tempi
saranno brevi, anche secondo il ministro della Giustizia: la riforma adesso
ricomincerà il suo iter dal Senato, quindi ritornerà alla Camera e già a
febbraio tutto potrebbe essere finito, quindi ci sarebbe ancora tempo per i
decreti delegati.
Le reazioni: la maggioranza. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, dal
vertice del Ppe a Bruxelles ha commentato: "il ministro competente prenderà in
carico la questione. Daremo la nostra risposta in un tempo abbastanza breve
perchè non credo sia una questione cosi’ difficile". Anche il premier ribadisce
che entro febbraio si potrà avere il nuovo testo della riforma. Il ministro per
i rapporti col Parlamento, Carlo Giovanardi ha dichiarato che la riforma
arriverà comunque a compimento entro la fine della legislatura. "Siamo dentro
una normalissima dialettica tra organi dello Stato – ha detto – ognuno dei quali
svolge il suo compito. Era l’ipotesi più probabile, vedremo i rilievi che sono
stati mossi e faremo una riflessione sul prosieguo dell’iter parlamentare del
provvedimento. La riforma va approvata entro la fine della legislatura, un
principio che non passerà mai è quello che le leggi le fanno i giudici e non
il Parlamento". Per il ministro Roberto Calderoli i rilievi sarebbero marginali:
"prendiamo atto dei rilievi del Quirinale e ritengo che sarà possibile
apportare correzioni, ma si tratta di rilievi marginali e prevedibili su una
legge tanto complessa: se questi sono i dubbi del Presidente vuol dire che il
suo giudizio sulla riforma è positivo. Posso comprendere – ha concluso – la
pressione mediatica esercitata sul Presidente da parte delle categorie". Per il
presidente della commissione Giustizia della Camera Gaetano Pecorella "il cuore
della riforma è la parte che riguarda la meritocrazia, l’azione disciplinare e
le scuole della magistratura. Su questi aspetti, il problema della copertura
finanziaria è facilmente aggirabile. Invece la parte che riguarda la
gerarchizzazione delle procure dovremo capire perchè si ipotizza che la norma
sia incostituzionale. Comunque sono rilievi, ripeto, che non toccano la sostanza
della legge e implicano correzioni di facile esecuzione".
Le reazioni: il Centrosinistra. Lo avevamo detto è stato il coro unanime del
Centrosinistra. "La decisione di Ciampi conferma la fondatezza delle critiche
mosse dall’opposizione, e del disagio profondo espresso dalla magistratura" ha
detto il segretario dei Ds Piero Fassino. "La scelta del Capo dello Stato – ha
continuato – conferma inoltre che questa legge non è una riforma ma semmai
aggrava i mali della giustizia". Anche per il presidente dei deputati della
Margherita, Pierluigi Castagnetti la decisione "testimonia che era fondata la
denuncia d’incostituzionalità della legge giunta dall’opposizione". "Fare leggi
a misura delle proprie convenienze – ha detto Castagnetti – calpestando
l’interesse generale è ingiusto e porta a queste doverose conseguenze". Per
Luciano Violante il rinvio dimostra che "questo governo non ha una politica
sulla giustizia". "Nel giorno in cui favoriscono il crimine riducendo i tempi
per la prescrizione per molti reati, si rendono conto che devono rivedere
daccapo un’assurda legge che non dà alcun vantaggio ai cittadini e pone le
premesse per un controllo politico dei magistrati".
Avvocati. Per l’Unione delle camere penali italiane occorre farla finita con le
"soluzioni pasticciate e ambigue". Il presidente Randazzo ha affermato che, al
di là delle ragioni che hanno spinto il presidente della Repubblica a rinviare
alle Camere la riforma dell’ordinamento giudiziario, è arrivato "il momento di
separare davvero le carriere di Pm e giudici". Separazione che per i penalisti
"è ineludibile e reclamata dalla Costituzione, dalla struttura processuale e
dalla nostra civiltà giudiziaria che non puo’ certo rimanere ancora distante
dalle soluzioni adottate in tutti i paesi civili". La decisione di Ciampi
secondo Randazzo "non puo’ che leggersi nel senso di una bocciatura della
soluzione fornita dal Parlamento alla disciplina delle carriere dei magistrati.
In particolare, il Capo dello Stato non puo’ certo contraddire la giurisprudenza
costituzionale che ha chiaramente ammesso (sentenza 37 del 2000) i quesiti
referendari sulla separazione delle carriere riconoscendone la piena
compatibilità con la nostra Costituzione. Ove mai la lettura del Presidente
della Repubblica confliggesse con quella della Consulta si aprirebbero scenari
di contrasto assolutamente impensabili".
Magistrati. Per l’Associazione nazionale magistrati, da sempre sostenitrice
dell’incostituzionalità della norma, "la decisione del Capo dello Stato
conferma la grande attenzione con cui il Quirinale ha seguito la riforma della
giustizia". "Auspichiamo – ha continuato l’Anm – vivamente che questo rinvio
venga colto dal Parlamento per procedere a un profondo esame della legge e per
migliorare una riforma che al momento appare pessima". (p.a.)