La riforma telematica del processo civile, di Michelina Grillo
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di Michelina Grillo ” Presidente Organismo
Unitario dell’Avvocatura Italiana
Il naufragio del processo civile, benchè
plurinovellato nell’ultimo decennio, dovuto alla velleitaria pretesa di non
adeguare mezzi e strutture ai fini che il Legislatore si era prefisso, è sotto
gli occhi di tutti.Non è questa la sede per esaminare i cronici e irrisolti
mali della Giustizia Civile: basta qui sottolineare l’enorme dispendio di tempo
che l’attuale sistema comporta e la necessità di ulteriori radicali riforme per
restituire efficienza e credibilità al sistema.Il generalizzato interventismo
legislativo settoriale, ha prodotto una molteplicità di uffici giudicanti e di
riti, con sommarizzazione e svilimento del processo, ed anche rinunzia alla
giurisdizione ove l’esigenza di celere e stabile definizione delle controversie
è apparsa vitale per il mantenimento della pace sociale.
Sono proliferati autorità dirimenti di prima
istanza pubbliche e private, dalle c.d. Authority all’Ombudsman, tentativi
obbligatori di conciliazione, istituti cautelari decisivi ma non definitivi. Si
è giunti, infine, all’ennesima ipotesi di novellazione del processo civile,
elaborata dalla commissione Vaccarella, purtroppo ancora in attesa. Il tutto si
è snodato su un piano di intervento meramente normativo, senza che l’analisi
dei fenomeni, delle criticità, e quindi delle possibili soluzioni, si sia
compiuta in una sistematica prospettiva di piena valorizzazione delle risorse
tecnologiche ed organizzative. La società ha subito profondi processi di
cambiamento: con essa anche la tradizionale impostazione dell’attività dei
professionisti, e quindi degli avvocati, cui la rivoluzione informatica in corso
stava, e forse sta ancora, come la rivoluzione industriale ai sanculotti.
Fenomeni come l’integrazione europea e la globalizzazione dell’economia
postulano risposte strutturali urgenti e regole uniformi dei rapporti,
commerciali e non, all’interno del mercato unico, la cui effettività, a ben
vedere, puo’ essere assicurata solo da un processo transnazionale a costi
accettabili e tempi compatibili con l’accelerazione dei rapporti e degli scambi.
I processi in corso per la faticosa individuazione ed elaborazione di principi e
norme comuni, nei più vasti settori del diritto e della vita sociale, ne sono
evidente conferma. In questo contesto, per l’Avvocatura italiana, storicamente e
culturalmente polverizzata e frantumata in piccoli studi, si è dimostrata
improponibile allo stato l’adozione tout court del modello anglo-sassone
delle c.d. multinazionali del diritto.
Il fenomeno, infatti, ha interessato pochi grandi
studi in cui si è concentrato il lavoro di consulenza per le imprese maggiori,
mentre al di fuori di esso tuttora si collocano le esigenze di tutela degli
interessi delle PMI e della generalità dei consumatori, committenza di studi di
piccole dimensioni, quando non individuali. Ne discende che un ordinamento che
consenta la trattazione telematica delle controversie sarebbe vincente, sia
nelle controversie interne che in quelle transnazionali, sotto il profilo
dell’efficienza e dell’efficacia, consentendo nel contempo un accesso a queste
ultime, in prevedibile incremento, a costi accettabili, condizione senza la
quale gli utenti, e con essi la più parte dell’avvocatura non soltanto
italiana, rischiano di rimanerne emarginati. Nel momento in cui ci si accinge a
riformare incisivamente l’ordinamento processuale, e si postula l’avvento del
processo telematico, è doveroso tenere conto appieno delle possibilità che
informatica e telematica consentono, sfruttando tali risorse per imprimere un
diverso e più ambizioso corso alle riflessioni sulle riforme a venire. L’idea
vincente che anima la sperimentazione del processo telematico attualmente in
corso consiste nel progettare e testare, testardamente quanto meritoriamente, un
sistema che non solo pone in diversa e più stretta correlazione i diversi
soggetti coinvolti nel processo, consentendo una maggiore responsabilizzazione
di ciascuno nell’ottenimento del risultato, ma è al tempo stesso duttile e
flessibile, tanto da consentire interventi modificativi e rettifiche in corsa,
in dipendenza, per l’appunto, delle ipotesi di riforma, ordinamentale e
processuale, che via via prendono corpo.
Preso atto che l’oralità, intesa come
contraddittorio tra soggetti “in conferenza personale", è nel processo
civile un vuoto simulacro; che la regola effettiva generale del processo civile
ordinario è la trattazione scritta, con qualche rarissima eccezione; che già
il vigente ordinamento ha superato, nell’arbitrato internazionale, il concetto
di “conferenza personale" intesa come contemporanea presenza fisica di diversi
soggetti nel medesimo luogo, ammettendo invece la teleconferenza e cioè la
presenza virtuale telematica; che tale soluzione tecnica ha trovato ingresso
perfino nel processo penale, sancta sanctorum dell’oralità, non appare
certamente scandaloso provare a immaginare un processo civile del terzo
millennio che si svolga pressochè interamente con modalità analoghe. Si
avrebbe cosi’ la vera e propria rivoluzione copernicana del processo civile, un
ingresso massiccio di telematica e informatica, con tutto cio’ che ne
conseguirebbe in termini di maggiore efficienza, minori costi economici ed
umani, migliore e più flessibile utilizzazione delle risorse. L’ipotesi sulla
quale l’Oua sta lavorando, pur senza la pretesa di riscrivere hic et nunc
l’intero articolato del codice di procedura civile in funzione della trattazione
telematica, tenta di delinearne i più generali confini, per dimostrare che,
senza venir meno ai principi essenziali e tradizionali della nostra cultura
giuridica, la trattazione telematica del processo, e non solo il mero
coordinamento delle forme degli atti processuali alle esigenze
dell’informatizzazione del processo o la sola diversa organizzazione delle
procedure interne all’ufficio, è un’ipotesi di lavoro cui si puo’ mettere mano
già da oggi.Non rappresenta nè un salto nel buio, nè una proposta
irrealizzabile, benchè provocatoria e stimolante.Il principio del
contraddittorio non sarebbe intaccato.La contestualità della prova puo’
realizzarsi col sistema della teleconferenza.Dovrà sempre essere consentito al
giudice, d’ufficio o su istanza di parte, convocare le parti o i testi in
conferenza personale avanti a sè. Il percorso processuale immaginato, le cui
tappe in gran parte già si mostrano possibili in via telematica de jure
condito, in virtù del Regolamento sull’uso di strumenti informatici e
telematici in vigore, prevede un dialogo a distanza tra uffici legali e uffici
giudiziari, tra avvocato e magistrato, con una struttura assai semplice,
facilmente adattabile alle esigenze del giudizio di appello e del processo
esecutivo. La struttura processuale enucleata dalla Commissione Vaccarella ben
si presta allo scopo, con limitati correttivi. Viene meno il sistema
dell’udienza fissa, con i conseguenti ingorghi.Il magistrato dovrà
necessariamente prendere cognizione ab origine della causa, intervenendo solo
per decidere le questioni effettivamente controverse.
Di fatto, molto semplicisticamente, si tratterebbe
di applicare al sistema della giustizia civile, con limiti ragionevoli, i
principi del telelavoro. Ridurre drasticamente le udienze, obiettivo perseguito
dal nuovo rito civile, consentirebbe di porre fine all’ingolfamento e alla
criticità degli Uffici nei giorni a cio’ deputati, con notevoli vantaggi in
termini di allocazione delle risorse e di geografia giudiziaria e con
ragguardevoli ricadute sociali, soprattutto nelle grandi città e nelle sedi
disagiate. Ridurre la necessità degli spostamenti e far muovere i dati, in
luogo delle carte e delle persone, smaterializzare il processo è un passo
assolutamente innovativo e decisivo per migliorare l’efficienza del sistema, le
condizioni di lavoro degli interessati e la vivibilità dei nostri aggregati
urbani. La diffusione generalizzata della firma digitale renderebbe l’effetto
della trattazione telematica molto significativo.Cio’ comporta profonde
trasformazioni nelle strutture e nel personale: nulla che non si dovrebbe
comunque fare in forza del già citato regolamento e che non sia già in corso
nell’ambito della richiamata sperimentazione. Anche il pagamento elettronico dei
diritti e delle imposte è problema superato.Tutto cio’ puo’ rendere più
attento e più umano, quindi produttivo e migliore, il lavoro di magistrati e
avvocati, e rappresentare un riscatto da quello stereotipo di giustizia cieca,
elefantiaca, burocratica e puramente formale in cui oggi siamo obbligati a
riconoscerci.Naturalmente l’ipotesi allo studio non è una panacea. Senza
correlati interventi e senza un numero di magistrati adeguato alla domanda di
giustizia un sistema siffatto non varrebbe a risolvere tutti i problemi.Tale
sistema, che rappresenta uno step ulteriore rispetto all’attuale stato
dell’elaborazione e della sperimentazione, puo’ implementare la
razionalizzazione, ottimizzare ancor più l’impiego delle risorse, far lavorare
meglio gli addetti: ridurre gli enormi tempi morti del processo oggi vivente, o
per meglio dire, agonizzante.Questo anticipo di riflessione tende a che
l’Avvocatura, e con essa il mondo della giustizia, cominci a interrogarsi,
dibattere e prendere in considerazione la possibilità di una completa
rivoluzione telematica nel processo, si’ da trasformarla hic et nunc da
ipotesi futuribile a traccia reale per la compiuta attuazione della riforma del
processo civile, con l’obiettivo di concentrare le risorse sulla trattazione
effettiva della res controversa e la minimizzazione degli admennicula.
Precorrendo i tempi, compito di chi ha responsabilità e ambizione di guidare
percorsi di crescita, proponiamo che la rivoluzione tecnologica in atto non sia
soltanto l’occasione per un più razionale riassetto organizzativo, ancorchè
fondamentale.Occorre un ulteriore sforzo culturale: entro un decennio la
maggioranza degli avvocati e degli altri soggetti interessati apparterrà alla
generazione cresciuta col computer, e l’interattività telematica sarà regola
quotidiana della società postindustriale e supererà ogni confine. Forse i
giudici delle high courts inglesi continueranno a giudicare in parrucca, ma
davanti a una web-cam.