Civile

APPALTO PRIVATO -; Solo l’accettazione dell’opera comporta liberazione dell’appaltatore dalla garanzia. CASSAZIONE CIVILE, Sezione II, Sentenza n. 14584 del 30/07/2004

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Erroneamente, in base a remota
pronuncia giurisprudenziale (Cass. 11.12.1987, n. 9174) si era sostenuto che i
termini di decadenza e prescrizione nel contratto di appalto iniziavano a
decorrere solo e in quanto l’opera fosse stata formalmente collaudata. Ma non si
considerava che tale pronuncia si riferiva esclusivamente alla decadenza ed era
superato dal successivo orientamento giurisprudenziale (Cass. 9.8. 1997 n.
7449), secondo il quale il termine di decadenza di cui all’art. 1167 c.c. inizia
a decorrere dalla percezione del nesso causale tra segno esteriore del vizio ed
opera dell’appaltatore; mentre il suddetto art. 1167 c.c. è chiaro nel
collegare la decorrenza del termine biennale di prescrizione dell’azione di
garanzia per vizi unicamente alla consegna dell’opera. Pertanto, il committente,
che non abbia accettato l’opera medesima, non è tenuto ad alcun adempimento,
per far valere la garanzia dell’appaltatore, poichè, ai sensi dell’art. 1667,
primo comma, c.c., solo tale accettazione comporta liberazione da quella
garanzia.

Erroneamente la ricorrente società nella seguente sentenza, ritiene tale
indirizzo giurisprudenziale superato, in base ad una successiva pronuncia (Cass.
9.8.1997, n. 7449) che non si addice al caso specifico, dovendosi ribadire che
prima dell’accettazione e consegna dell’opera un problema di denuncia e
prescrizione non si pone per le difformità e i vizi rilevati o comunque
rilevabili. Essi, se non fatti valere in corso d’opera, possono essere dedotti
in sede di consegna. Ma prima dell’accettazione non vi è onere di denuncia e
prima della consegna non decorrono i termini di prescrizione.

L’art. 1667 c.c. è destinato ad operare solo
dopo l’accettazione (prima soccorrono altri rimedi: ad es. l’art. 1662 c.c.).
"La consegna
dell’opera", di cui all’art. 1667, ult. comma, c.c., richiede, per gli effetti
ivi previsti, l’accettazione, salvo che la consegna debba considerarsi essa
stessa accettazione (art. 1665, 4^ comma, c.c.). Prima della consegna e
accettatone dell’opera, i rapporti tra le parti restano, per la parte
essenziale, quali erano durante l’adempimento. Soltanto dopo l’accettazione e la
consegna dell’opera entra in applicazione l’art. 1667 c.c..


 

 

 


CASSAZIONE CIVILE,  Sezione II,
Sentenza n. 14584 del 30/07/2004

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:

Dott. PONTORIERI Franco –
Presidente

Dott. ELEFANTE Antonio – rel.
Consigliere

Dott. TRIOLA Roberto –
Consigliere

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio
– Consigliere

Dott. GOLDONI Umberto –
Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

IMPRESA VITTORINI GIUSEPPE, in
persona dell’omonimo titolane, elettivamente domiciliata in Roma, Via delle Tre
Cannelle n. 22, presso lo studio dell’Avv. Giancarlo Navarra che la difende come
da procura in calce al ricorso.

– ricorrente –

contro

SOC. COOP. EDILIZIA a r.l.
SCUDO, in persona del suo legale rappresentante p.t. Presidente Salvatore Gessa,
elettivamente domiciliata in Roma, Viale di Trastevere n. 259, presso lo studio
dell’Avv. Gaetano Patta che la difende come da procura a margine del
controricorso.

– controricorrente –

per la cassazione della
sentenza della Corte di Appello di Roma n. 1275/00 del 28.01.2000/13.04.2000;


Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
26.02.2004 dal Cons. Dott. Antonino Elefante.

Sentiti gli Avv.ti Giancarlo
Navarra e Gaetano Patta.

Udito il P.M. in persona del
Sost. Proc. Gen.le Dott. MARINELLI Vincenzo che ha concluso per l’accoglimento
del ricorso per quanto di ragione.


 

Svolgimento del processo

 

Con atto di citazione
27.10.1986, la soc. Coop. Edilizia Scudo proponeva opposizione avverso il
decreto ingiuntivo, emesso il 25.09.1986 dal Presidente del Tribunale di Roma,
con il quale le era stato ingiunto il pagamento in favore di Giuseppe Vittorini,
titolare dell’omonima impresa edile, della somma di L. 54.480.555, oltre
interessi, quale corrispettivo dei lavori di appetito di cui al certificato
sottoscritto dal direttore dei lavori della suddetta cooperativa. Deduceva
l’opponente società che successivamente all’emissione di detto certificato
relativo al pagamento della 6^ rata si erano verificate copiose infiltrazioni
d’acqua dal tetto del piano pilota e dal muro verticale fronte strada di
contenimento di cantine e garages; che dette infiltrazioni avevano provocato
danni agli appartamenti dell’ultimo piano dell’immobile della cooperativa ed
avevano reso inagibili i garages e le cantine.

Costituitasi, l’opposta impresa
Vittorini contestava i motivi d’opposizione, deducendo che le infiltrazioni
d’acqua erano dovute alla cattiva esecuzione dei lavori da parte dell’impresa
che l’aveva preceduta e che in seguito era stata dichiarata fallita.

Il giudizio era poi riunito a
quello di cognizione ordinaria successivamente instaurato dalla Coop. Scudo (con
citazione 25.05.1989) nei confronti dell’impresa Vittoriani per ottenere, previa
dichiarazione di responsabilità, la condanna al pagamento della somma di L.
200.000.000, sia per i danni subiti sia per le spese relative al rifacimento dei
lavori mal eseguiti.

Espletata l’istruttoria, anche
mediante c.t.u., il Tribunale revocava il decreto ingiuntivo e condannava
l’impresa Vittorini al pagamento in favore della Coop. Scudo della somma di L.
99.590.880, con interessi legali a decorrere dalla domanda, quantificando in L.
60.957.880 i lavori occorrenti per rispristinare le anomalie riscontrate negli
alloggi del sottotetto, e in L. 28.536.000 la somma necessaria per ripristinare
l’impermeabilizzazione tra il solaio di copertura e l’innesto della canna
fumaria.

Il gravame proposto
dall’impresa Vittorini era accolto per quanto di ragione dalla Corte d’appello
di Roma, con sentenza n. 1275/00, la quale osservava che l’eccezioni di
decadenza e prescrizione sollevate dall’appellante impresa erano tardive ai
sensi dell’art. 345 c.p.c., perchè non rilevabili d’ufficio e proposte per la
prima volta in appello, nonchè infondate, perchè il termine di decadenza e di
prescrizione sarebbe iniziato a decorrere solo e in quanto l’opera fosse stata
formalmente collauda e accettata, circostanza che, nel caso in esame, non si era
verificata. Riconosceva che il credito risarcitorio della Coop. Scudo era stato
erroneamente indicato dal Tribunale in L. 99.593.880 e provvedeva alla
correzione determinandolo esattamente in L. 89.593.880.

Riteneva errata
l’interpretazione dell’art. 15 del contratto di appalto da parte del Tribunale
e, conseguentemente, riconosceva il diritto dell’impresa Vittorini ad ottenere
il pagamento della sesta rata dei lavori effettuati in esecuzione dell’appalto.

Pertanto, in parziale
accoglimento dell’appello, revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava
l’impresa Vittorini al pagamento della somma di L. 35.105.325 (L. 89.693.880 –
54.488.555) con gli interessi legali dalla domanda (27.10.1986).

Compensava le spese per la
metà e le poneva per l’altra metà a carico dell’impresa Vittorini.

Contro tale sentenza l’impresa
Vittorini ha proposto ricorso per Cassazione, in base a quattro motivi, ai quali
la Coop. Scudo ha resistito con controricorso.


 

Motivi della decisione

 

1. Col primo motivo,
denunciando violazione dell’art. 90, comma 6, della legge 26 novembre 1990 n.
353 e falsa applicazione dell’art. 1667 c.c., la ricorrente censura la sentenza
impugnata per aver ritenuto inammissibili e, comunque, infondate le eccezioni di
decadenza delle garanzi’e e di prescrizione delle azioni in tema di appalto. Al
riguardo deduce che, essendosi svolto il giudizio di primo grado (incardinato
prima del 1.5.1995) secondo le regole del vecchio rito, al giudizio di appello,
in base al suddetto art. 90 L. n. 353/90, andava applicato l’art. 345 c.p.c.,
nel testo anteriore alla riforma, a norma del quale le parti in appello possono
proporre nuove eccezioni.

Sostiene poi il ricorrente che
le eccezioni di decadenza e prescrizioni, oltre che ammissibili, erano anche
fondate perchè non vi era stata alcuna denuncia dei vizi entro il termine di
sessanta giorni dalla scoperta e perchè, in ogni caso, l’azione era stata
proposta oltre i due anni dalla consegna dell’opera (avvenuta nell’agosto 1985).
Erroneamente la Corte d’appello, in base a remota pronuncia giurisprudenziale
(Cass. 11.12.1987, n. 9174) ha ritenuto che i termini di decadenza e
prescrizione iniziavano a decorrere solo e in quanto l’opera fosse stata
formalmente collaudata, senza considerare che tale pronuncia si riferiva
esclusivamente alla decadenza ed era superato dal successivo orientamento
giurisprudenziale (Cass. 9.8. 1997 n. 7449), secondo il quale il termine di
decadenza di cui all’art. 1167 c.c. inizia a decorrere dalla percezione del
nesso causale tra segno esteriore del vizio ed opera dell’appaltatore; mentre il
suddetto art. 1167 c.c. è chiaro nel collegare la decorrenza del termine
biennale di prescrizione dell’azione di garanzia per vizi unicamente alla
consegna dell’opera.

Poichè la consegna dell’opera
aveva avuto luogo nell’agosto 1985, l’azione proposta dalla Coop. Scudo si era
prescritta, essendo l’atto di citazione in data 25.5.1989 (circa quattro anni
dopo).

1.1. Il motivo è infondato.

Inutilmente la ricorrente
censura la pronuncia di inammissibililità perchè, come lei stessa riconosce,
l’impugnata sentenza ha poi esaminato nel merito le dedotte eccezioni di
decadenza e prescrizione, elidendo cosi’ ogni effetto alla suddetta
inammissibilità.

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