Si sblocca la nuova diffamazione a mezzo stampa
E’ finalmente iniziata la discussione generale in
Aula del disegno di legge di riforma della diffamazione. Dopo il passo falso
dovuto all’ora tarda della settimana scorsa (vedi tra gli arretrati del 12
ottobre 2004), ieri l’Aula di Montecitorio ha finalmente iniziato a parlare
della revisione della legge 47/1948. La relatrice al provvedimento, Isabella
Bertolini, ha riassunto la travagliata discussione in commissione Giustizia.
Dopo due anni (che diventerebbero tre se si considerasse la data di
presentazione del primo Ddl) la II commissione ha «elaborato un testo ” ha detto
Bertolini ” che trova un giusto equilibrio tra le due contrapposte esigenze di
garantire libertà di stampa e nello stesso tempo di non far venire meno le
garanzie dei cittadini». Abolita la pena detentiva, previsto un tetto massimo di
risarcimento in via equitativa del danno non patrimoniale (per l’articolato vedi
sempre tra gli arretrati del 12 ottobre), maggiore peso alla rettifica, e
interdizione fino a sei mesi dalla professione solo per coloro che sono stati
già condannati per il reato di diffamazione. Verrà pero’ punito pesantemente
il giornalista recidivo «in quanto la reiterazione del reato ” ha detto la
relatrice ” porta ad escludere la buona fede dell’autore», prevedendo la pena
accessoria dell’interdizione temporanea dalla professione per un massimo di sei
mesi. Altro punto qualificante del provvedimento, ha continuato Bertolini «è la
disposizione che conferisce all’adempimento o alla richiesta di rettifica da
parte del diffamato la natura di causa di esclusione della punibilità». Ma lo
strumento della rettifica sarà lasciato alla parte offesa, libera di
utilizzarla o meno. Una rapida approvazione è stata chiesta da tutti i gruppi,
consci della lunga e travagliata discussione che il provvedimento ha subito fino
a questo momento.
Al testo sono già stati presentati degli emendamenti, a partire dal gruppo
della Margherita, come ha spiegato il responsabile Giustizia Giuseppe Fanfani
«alcuni volti a prevedere un circuito virtuoso di collaborazione tra portatori
di conoscenza e cittadini».
E modifiche verranno avanzate anche dalla Quercia come ha detto Francesco
Bonito, puntando la discussione più sulla norma transitoria, pensata per il
caso del senatore Lino Jannuzzi. «Cercheremo di migliorare il testo ” ha detto
Bonito ” chiedendo ad esempio un rafforzamento dell’istituto della rettifica. Un
istituto che nel nostro ordinamento giuridico già esiste ma finora non ha
funzionato». Alcuni emendamenti dei Ds saranno quindi volti ad affermare «il
principio secondo il quale il giudice nel momento in cui dichiara l’esistenza
della specifica causa di non punibilità ha il dovere e l’obbligo di verificare
che la rettifica sia avvenuta secondo le modalità e i termini previsti dalla
legge». «Abbiamo anche previsto ” ha continuato ” che il direttore e l’editore
siano, per cosi’ dire, incentivati nella pubblicazione della rettifica, dal
momento che vi possono essere interessi contrastanti tra la parte offesa e chi
chiede la rettifica, tra l’autore del pezzo che chiede la rettifica e l’editore
del giornale e il direttore. Vi puo’ essere conflitto di interessi che non
vogliamo sia risolto dalla parte forte del rapporto, cioè da chi detiene il
giornale». Presentato, a questo proposito, un emendamento che stabilisce il
principio che il direttore o l’editore, che impediscono la rettifica, rispondono
a titolo di concorso del reato di diffamazione a mezzo stampa. I Ds, quindi,
chiederanno anche la cancellazione della norma transitoria, pensata
esclusivamente per Jannuzzi, che come giornalista, ha detto Bonito, si è
contraddistinto per un uso improvvido della penna.
In fase di replica la relatrice ha spiegato che il testo è sicuramente
perfettibile, ma ha anche sottolineato come tutti i gruppi siano d’accordo per
un’approvazione celere del provvedimento. Nella speranza, ha aggiunto, che la
norma transitoria non diventi l’oggetto principale della discussione.
Sarebbe stato meglio arrivare alla depenalizzazione del reato una volta per
tutte, ha detto il responsabile Giustizia di Rifondazione comunista Giuliano
Pisapia che ha anche avanzato una proposta: demandare tutti i casi di
diffamazione al giudice civile. «In questo modo ” ha detto Pisapia ” i
magistrati penali potrebbero occuparsi di reati ben più gravi, si
accorcerebbero i tempi dei processi e si risparmierebbero molti fondi». Il testo
della commissione secondo l’esponente di Rifondazione sarebbe una riforma
dimezzata, che «non risolve nè il problema di contemperare il diritto-dovere di
cronaca e di critica con il diritto di ogni cittadino alla tutela della propria
onorabilità, nè di altre questioni che riguardano la libertà di stampa che
non puo’ essere confusa con quella di diffamare». Le modifiche presentate da
Pisapia sono indirizzate ad eliminare la responsabilità penale del direttore
per omesso controllo, a prevedere la cosiddetta prova liberatoria, a istituire
filtri efficienti quali un giuri’ composto da soggetti che diano garanzia di
autonomia e indipendenza, a ripristinare l’udienza preliminare ed infine a
tutelare maggiormente il segreto professionale del giornalista. Un emendamento
specifico, infine, chiede il divieto di perquisizioni, sequestri e
intercettazioni finalizzate ad individuare la fonte del giornalista da parte
dell’autorità giudiziaria.
Il presidente della Federazione nazionale della stampa italiana, Paolo Serventi
Longhi, ha auspicato una rapida approvazione del provvedimento nonostante vi
siano «elementi non convincenti come l’aggravamento delle sanzioni pecuniarie
per le istituzioni e autorità la cui natura va precisata chiaramente». Di «arma
a doppio taglio» ha parlato invece l’Unione nazionale cronisti italiani, il
sindacato cronisti romani e il gruppo cronisti toscani dal momento che sarebbe
in agguato «il rischio dell’intimidazione nei confronti dei giornalisti». «Se il
legislatore non ritroverà il giusto bandolo della matassa ” dicono le
associazioni – si minaccia di mettere sulla testa del giornalista una
liberticida spada di Damocle che condizionerebbe fortemente il diritto-dovere di
cronaca, la professionalità e l’autonomia di giudizio». «Per di più ”
aggiungono ” il processo è meno garantista e si mette l’informazione nelle mani
dell’autorità giudiziaria, perchè la pena è triplicata quando si diffamano
politici e magistrati; salta l’udienza preliminare, mentre la scomparsa delle
manette potrebbe produrre un giro di vite di sentenze esemplari. Di fatto si
creerebbe un clima da censura preventiva». (p.a.,
www.dirittoegiustizia.it)