Il dibattito sul caso di Previti infiamma i parlamentari
La
richiesta sul conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato nei confronti del
tribunale di Milano, sezioni prima e quarta penale approvata alla Camera dei
Deputati – controversia che contrappone di fatto Cesare Previti ed i magistrati
della procura di Milano, per decisioni prese in merito ad un processo in cui il
parlamentare era imputato – ha infiammato il 4 ottobre i parlamentari.
La
richiesta alla Corte Costituzionale riguarda chi debba stabilire se va data
priorità agli impegni istituzionali del parlamentare imputato oppure alla sua
presenza nell’aula del tribunale nell’interesse della speditezza del
procedimento giudiziario.
Sulla
questione si è sviluppato un ampio dibattito, anche perchè la Corte aveva già
sentenziato su analoga domanda già posta dal Parlamento e
vi era anche un parere dell’inviato dell’ONU in merito.
Gli
argomenti a sostegno della richiesta sono che "la funzione parlamentare non puo’
mai essere condizionata dall’impegno giudiziario" – come ha ricordato l’on.
Bonito , DS, per confutarli – e che "qualsivoglia convocazione per svolgere una
qualsiasi attività parlamentare costituisce fondamento per invocare
legittimamente il legittimo impedimento a comparire nel processo." Bonito ha
ricordato che "la Corte costituzionale – partiamo dai dati certi – non ha
affatto affermato i principi invocati ed evocati dal collega Previti, in quanto
ha stabilito che il giudice deve bilanciare l’interesse costituzionale alla
speditezza del processo – il cosiddetto giusto processo – con l’interesse
all’integrità funzionale del Parlamento. La Corte ha altresi’ affermato che i
due valori costituzionali in gioco, la funzionalità del Parlamento e il
funzionamento della giustizia, hanno pari rilievo: nessuno dei due puo’
schiacciare l’altro."
Il
parlamentare ha ricordato il "caso Matacena", commentando che in merito"i
giudici costituzionali hanno affermato il principio in virtù del quale, nel
caso in cui ordinanze o pronunciamenti del tribunale hanno violato le
prerogative parlamentari, tali vizi vanno dedotti come motivi di gravame o come
eccezioni e la loro delibazione deve essere affidata ai giudici terzi, ai
tribunali della Repubblica." Bonito ha definito quello di Previti "uno squallido
tentativo di ostruzionismo processuale" aggiungendo che "caso per caso,
l’onorevole Previti ha sempre, continuamente e sistematicamente strumentalizzato
la funzione parlamentare". Bonito ha anche sottolineato, in riferimento ai
parlamentari, che si tratta anche di una "questione di opportunità politica" e
che "in questo paese anche i ricchi ed i potenti debbono soggiacere alla
volontà della legge".
Critiche
immediate dall’on. Deodato, esponente della maggioranza, che ha parlato di
"personalizzazione" scorretta da parte del collega, tornando pero’ egli stesso a
sitare il caso Previti.Deodato ha detto che "Con le note sentenze n. 225 del
2001, n. 263 del 2003 e n. 284 del 2004, la Corte costituzionale, riconoscendo
la parità di rango costituzionale tra la funzione giurisdizionale e quella
parlamentare, ha ritenuto che il giudice non possa sacrificare l’interesse
all’esercizio della funzione parlamentare per far prevalere l’interesse alla
speditezza del processo; e che, invece, debba procedere ad un ragionevole
bilanciamento tra le due esigenze, fissando cioè le udienze, si dice
testualmente, in giorni non programmati per lo svolgimento delle attività
parlamentari."
Deodato
ha aggiunto che "il deputato, per dimostrare il suo legittimo impedimento, non
è tenuto a dare prova dell’effettiva partecipazione alla seduta, essendo
sufficiente la produzione di atti di provenienza parlamentare (che, in quanto
tali, il giudice non puo’ disattendere) i quali attestino la concomitanza tra la
seduta e l’udienza. Erroneamente, quindi, il giudice del tribunale di Milano ha
ritenuto non probante, ad esempio, un telegramma del Presidente della Camera
attestante la concomitanza dei lavori parlamentari."
Secondo
Deodato "il tribunale di Milano ha disatteso ben tre sentenze della Corte
costituzionale" poichè "il giudice di Milano, non solo ha contravvenuto al
divieto di valutazione della prova dell’impedimento parlamentare dell’imputato,
ma non ha nemmeno proceduto ad giudizio di bilanciamento – come previsto – tra
le diverse esigenze del funzionamento della giurisdizione e del rispetto della
libertà e dell’autonomia delle funzioni parlamentari."
L’on.
Graziella Mascia, dell’opposizione, ha invece sottolineato che "la Corte
costituzionale, come alcuni colleghi hanno richiamato, si è già pronunciata su
questa materia e, in particolare, afferma tra le altre cose che non è compito
della Corte medesima, ma dei competenti organi della giurisdizione stabilire i
corretti criteri interpretativi e applicativi delle regole processuali. La Corte
costituzionale, dunque, si è pronunciata affinchè si stabilisca una leale
collaborazione tra i poteri dello Stato e che la valutazione si verifichi volta
per volta." A giudizio della parlamentare "il tribunale di Milano ha ampiamente
motivato, volta per volta, la sussistenza e l’oggettività circa il legittimo
impedimento e, naturalmente, su questo vi è la possibilità di ricorrere in
appello in Cassazione." Secondo la Mascia, proprio l’ulteriore richiesta alla
Corte Costituzionale farebbe pesare la forza della maggioranza in difesa di un
suo componente e quindi personalizzerebbe la questione.
L’on.
Cola, AN, ha affermato che "la Corte costituzionale non si è pronunciata,
indicando principi di carattere generale, in relazione alle sei ordinanze del
1999. La Corte costituzionale ha annullato le ordinanze!" Cola ha parlato di
"arroganza" del giudicee detto che "la questione sul legittimo sospetto non era
poi tanto infondata".
In
merito al caso Matacena, Cola ha commentato che " L’arroganza della corte di
assise di Reggio Calabria ha provocato un effetto nefasto. Infatti,
l’annullamento dell’ordinanza della corte di assise ha provocato l’annullamento
della sentenza e la corte di assise di appello di Reggio Calabria ha annullato
la sentenza, che è retrocessa ancora in primo grado. L’arroganza del tribunale
di Milano e del giudice delle indagini preliminari ha provocato e provocherà
sicuramente effetti nefasti." Secondo Cola "il tribunale che si vede notificare
un impedimento chiaramente fisserà le udienze nei giorni in cui non vi è
seduta. Cosi’ si conciliano i poteri" e che la Corte costituzionale "ha
stabilito il principio che l’impedimento non va assolutamente dimostrato in via
ufficiale".
A
giudizio di Giuseppe Fanfani, la richiesta è infondata nel merito e censurabile
politicamente", dato che "la Corte costituzionale, nell’annullare le due
ordinanze in oggetto, non ha deciso nel merito la questione nè poteva farlo. Ha
invece ribadito due principi fondamentali. Il primo, che il parlamentare non ha
nessuna prerogativa poziore rispetto a quelle stabilite dall’articolo 68 della
Costituzione (immunità parlamentare, ndr)…. il secondo – che invece leggo –
che: «non è compito di questa Corte, ma dei competenti organi della
giurisdizione, stabilire i corretti criteri interpretativi e applicativi delle
regole processuali: nemmeno, quindi, stabilire se e in che limiti gli
impedimenti legittimi derivanti non già da materiale impossibilità, ma dalla
sussistenza di doveri funzionali relativi ad attività» dell’imputato «rivestano
tale carattere di assolutezza da dover essere equiparati» all’impedimento
assoluto previsto dall’articolo 486 del codice di procedura penale."
Inoltre,
secondo Fanfani, "a prescindere dalle persone coinvolte in questa vicenda….
stiamo dando all’esterno una pessima immagine, poichè diffondiamo il messaggio
che i potenti possano tutto e che il Parlamento si presti a proteggerli contro
la giurisdizione. Se passa tale messaggio, causiamo nel paese un senso di
sfiducia complessivo nei confronti delle istituzioni, che non travolge soltanto
la giurisdizione, ma anche questo Parlamento.".
by www.osservatoriosullalegalita.org