Giudici di pace: la Consulta decide sulle incompatibilità
Sarà la Corte costituzionale a
decidere se svolgere l’attività di giudice di pace è compatibile o meno con
l’impiego nel settore bancario o assicurativo del magistrato stesso ma anche di
coniugi, conviventi, parenti o affini entro il primo grado. La norma contestata
è l’articolo 8, comma 1, lettera c bis della legge 374/1991 (in realtà, si
tratta del nuovo testo dell’articolo 6 della legge 468 del 24 novembre 1999)
sull’istituzione della figura del giudice di pace e sui ruoli incompatibili come
quello di parlamentare, consigliere regionale, provinciale o comunale,
ecclesiastico ed esponente di partito. Ad emettere l’ordinanza di rinvio alla
Consulta è stata la prima sezione del Tar Lazio (sentenza n. 10125) che ha
depositato il provvedimento in cancelleria lo scorso 4 ottobre, dopo un’istanza
presentata da un giudice di pace incaricato presso l’ufficio di Pistoia.
Infatti, i due figli della ricorrente (si trattava, in effetti, di un magistrato
donna) svolgevano l’attività di agente assicurativo, anche se la professionista
si era impegnata «ad astenersi da tutte la cause in cui era parte in causa la
compagnia», evitando situazioni conflittuali con il suo ruolo istituzionale. Il
Tar si è trovato di fronte ad una particolarissima situazione normativa, anche
perchè questo tipo di incompatibilità non è previsto per i magistrati
ordinari e si manifestava una chiara situazione di disuguaglianza tra due figure
che hanno comunque delle affinità. Secondo il collegio presieduto da Corrado
Calabro’ (estensore Carlo Modica De Mohac) non puo’ esserci un conflitto di
interessi, anche perchè «nell’esercizio della sua attività e nella sua
qualità di mandatario, l’agente puo’ trovarsi in lite giudiziaria con gli
assicurati, ma ha tutto l’interesse a che il contenzioso instaurato si risolva
favorevolmente per la compagnia assicurativa». Anche in base alla diversa
posizione dei magistrati «non appare giustificabile il trattamento deteriore
riservato ai giudici di pace rispetto ai magistrati di carriera». I principi
costituzionali contestati sono quelli degli articoli 3, 102 e 107 primo e terzo
comma. La decisione della Consulta potrebbe ora riaprire l’intera questione.
Gabriele Mastellarini, Il Sole 24 Ore