Lo sciopero non può essere una scelta irreversibile. di Fabio Roia
di Fabio Roia – Segretario generale di Unità per
la Costituzione
La scelta di chiedere la conferma dell’attuale
Giunta dell’Anm presieduta da Edmondo Bruti Liberati – fortemente voluta da
Unicost all’esito di una profonda riflessione in seno al comitato di
coordinamento che ha portato all’approvazione di una mozione finale unitaria
proposta da Giuseppe Maria Berruti – si sta rivelando vincente, quantomeno sotto
un profilo di coerenza di condotta e di immagine esterna. Le decisioni dell’Anm
sono state sempre ampiamente condivise da tutte le componenti culturali (per
questo motivo appare incomprensibile la scelta degli amici di Articolo Tre di
uscire dalla Giunta) le quali, grazie ad un metodo di grande collegialità che
ha portato i segretari generali dei gruppi a partecipare alle riunioni di giunta
più delicate per temi da discutere (il documento di proposte dell’Anm
presentato al Ministro della Giustizia rappresenta proprio il frutto di un
contributo comune), possono dirsi fortemente vincolate ai binari programmatici e
di azione (ferma contrarietà all’impianto di riforma ma disponibilità ad una
dialogo reale ed aperto con tutti gli interlocutori disponibili) tracciati. Non
c’è stata dunque nessuna intenzione speculativa interna (soltanto una linea
irresponsabile che non mi appartiene porterebbe infatti a privilegiare,
soprattutto in questa fase, il momento dell’acquisizione del consenso interno
correntizio a quello esterno di difesa della istituzione) ma solo un forte senso
di responsabilità che ci porta a privilegiare quelle soluzioni che vengono
ritenute più efficaci per tentare di salvare la casa comune dei valori
costituzionali.
Questa linea è stata riassunta al Cdc dell’Anm dal
segretario generale in rappresentanza del gruppo.
A Napoli, Unicost ha poi rilanciato, attraverso
l’intervento iniziale del segretario generale ripreso ed integrato da quello,
molto apprezzato, di Giuseppe Maria Berruti l’idea che la magistratura debba
già pensare al domani superando la fase emergenziale che stiamo vivendo. Da qui
l’idea di studiare e proporre – con spirito e dimensione costituente – un
progetto di ordinamento giudiziario alternativo, uno statuto del giudice nuovo
(che tenga conto delle pulsioni e delle attese dei giovani e delle donne e di un
recupero di dignità della funzione), un comparto giustizia moderno, efficiente
e garantito, un modello di avvocato rielaborato nel ruolo e nella dimensione
numerica, dei meccanismi processuali che assicurino risposte garantite ed
apprezzate, per qualità e tempistica, dagli utenti del servizio. Su questi
grandi temi dovremo lavorare con gli altri gruppi dell’Anm per elaborare, se
possibile, un programma unitario sul quale nominare, per la sua attuazione, la
prossima Giunta esecutiva.
Le ultime vicende politiche (intervento del Capo
dello Stato, posizione assunta dal ministro della Giustizia nell’incontro tenuto
con la Giunta dell’Anm) non possono non provocare ulteriori riflessioni.
Bene ha fatto l’Anm – ed in questo Unicost puo’
rivendicare una forte spinta propositiva – a porre l’attenzione, attraverso il
coinvolgimento di autorevoli costituzionalisti, su tutti i profili di
incostituzionalità e di incoerenza gestionale della riforma. In tal senso sia
il “silenzio univoco” del Capo dello Stato sul punto della manifesta
incostituzionalità dell’impianto, sia la disponibilità del Ministro a
correggere in fase di attuazione la riforma anche non esercitando la delega su
taluni punti, sono importanti segnali che lasciano intendere come i rilievi
critici sviluppati da numerosi giuristi (e dall’Anm) vengano considerati
fondati.
Si ha tuttavia la sensazione che il Ministro della
Giustizia – malgrado una nuova disponibilità che deve essere riconosciuta –
voglia a questo punto fare approvare la riforma soltanto per l’acquisizione di
un merito politico da spendere all’interno della coalizione di governo e
all’esterno laddove, continuamente e surrettiziamente per necessità di
propaganda, si parla di riforma della giustizia e non già di “semplice” riforma
delle regole interne dell’organizzazione della magistratura.
In questa fase di positiva fibrillazione di
coscienze è allora opportuno che la magistratura associata evidenzi come lo
sciopero non costituisca una scelta irreversibile ma, anzi, come una sua
eventuale revoca possa rappresentare l’approdo ideale in quanto, in questo caso,
la riforma avrebbe trovato dei correttivi legislativi fondamentali per la
salvaguardia di principi costituzionalmente rilevanti.
Fonte: Diritto &
Giustizia