Rinvio a giudizio senza sospensione – Sentenza Tribunale di Vigevano, Sezione Lavoro
Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Vigevano ha stabilito,
con una decisione di cui non constano precedenti, che il rinvio a giudizio
per uno dei reati di cui all’articolo 3 della legge 27 marzo 2001 n. 97 non puo’ comportare in via automatica, a prescindere da ogni valutazione sulla
opportunità del provvedimento, l’adozione della misura cautelare del
trasferimento d’ufficio o della sospensione dal servizio del dipendente. La
legge 97/2001 detta, in via generale, disposizioni in materia di rapporto
tra procedimento penale e procedimento disciplinare nel lavoro alle
dipendenze della Pubblica amministrazione; l’articolo 3, in particolare,
regolamenta l’ipotesi del rinvio a giudizio del pubblico dipendente per
alcuni delitti tassativamente individuati dalla norma, ricollegandovi
l’applicazione delle misure restrittive del trasferimento d’ufficio e della
collocazione in aspettativa retribuita. La sezione lavoro del Tribunale di
Vigevano, chiamata ad applicare la norma in un procedimento cautelare
promosso per la revoca di un provvedimento di sospensione dal servizio, ha
affermato che l’articolo 3 non configura per la pubblica amministrazione
l’obbligo inderogabile di procedere al trasferimento d’ufficio del
dipendente rinviato a giudizio o, in alternativa, alla sua collocazione in
aspettativa retribuita. Al contrario, sostiene il giudice, una lettura della
norma coerente con lo spirito complessivo della legge, e conforme ai
precetti costituzionali, evidenzia il carattere facoltativo delle due misure
cautelari e la discrezionalità di cui l’amministrazione pubblica usufruisce
in ordine alla loro applicazione. Si legge, a questo proposito,
nell’ordinanza resa il 10 agosto 2004. che il provvedimento del
trasferimento, cosi’ come quello del collocamento in aspettativa retribuita,
sono subordinati alla sussistenza di evidenti motivi di opportunità circa
la permanenza in ufficio del dipendente rinviato a giudizio, e cio’ in
considerazione del discredito che l’amministrazione di appartenenza potrebbe
riceverne. Alla base dell’adozione delle misure cautelari del trasferimento
d’ufficio e della sospensione dal servizio, in altre parole, devono esserci
sempre delle valutazioni di merito, che la pubblica amministrazione non puo’
omettere di effettuare, sui riflessi negativi che una immutata conservazione
delle condizioni di lavoro è in grado di esprimere sulla corretta
erogazione del pubblico servizio e per il prestigio e l’autorevolezza
dell’ente. L’ordinanza puntualizza che le due misure del trasferimento ad
altro ufficio e della collocazione in aspettativa retribuita, previste
rispettivamente dal primo e secondo comma dellarticolo 3 della legge 27
marzo 2001 n. 97, sono dirette a salvaguardare uno stesso bene giuridico,
che si identifica con l’interesse pubblico dell’amministrazione datrice di
lavoro a non ricevere danno e discredito dalla permanenza sul posto di
lavoro del dipendente rinviato a giudizio. E’ proprio in forza di queste
considerazioni sul significato e la ratio della norma che viene sottolineata
la necessità di ricollegare l’adozione della misura cautelare alla presenza
di effettive ragioni di opportunità per l’ente di appartenenza del
dipendente, in funzione di salvaguardia del prestigio e dell’autorità della
pubblica amministrazione. Nell’ipotesi contraria, prosegue l’ordinanza, se
la norma fosse interpretata nel senso che l’adozione di una tra le due
misure restrittive previste dall’articolo 3 della legge 27 marzo 2001 n. 97
costituisca un atto dovuto, risulterebbero irragionevolmente pregiudicate
elementari garanzie di tutela del lavoratore rinviato a giudizio. In
particolare, si osserva che l’automatica irrogazione del trasferimento
d’ufficio o, in alternativa, del collocamento in aspettativa, retribuita
equivale ad una vera e propria sanzione anticipata nei confronti del
lavoratore rinviato a giudizio, ponendosi in aperta violazione del principio
costituzionale di presunzione di non colpevolezza. Applicare le misure
restrittive delineate dall’articolo 3 per l’ipotesi del rinvio a giudizio in
assenza di una previa valutazione delle eventuali, effettive e proporzionate
ragioni cautelari idonee a giustificarne l’adozione significa, in sostanza,
esporre il dipendente ad un provvedimento di condanna prima ancora che il
processo penale sia celebrato.
GIUSEPPE BULGARINI D’ELCI ” Il Sole 24 Ore