Contratti a termine più «liberi» – Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Sentenza n. 14011 del 26/07/2004
L’ affidamento
alla contrattazione collettiva dei casi in cui è possibile un contratto a
termine va intesa come una “delega in bianco”. E, in questo senso, va
riconosciuta una piena libertà di azione nella definizione delle circostanze
che possono ampliare le situazioni espressamente previste dalla legge. A
sottolinearlo è la Cassazione, con la sentenza n. 14011 della sezione Lavoro
depositata il 26 luglio. La Suprema corte è intervenuta sul ricorso presentato
da Poste italiane Spa che contestavano la decisione della Corte di appello di
Milano di considerare a tempo indeterminato il rapporto di lavoro avviato con un
dipendente e di ritenere pertanto estraneo ai casi permessi dalla legge il
termine apposto originariamente al contratto. Per i giudici milanesi è vero che
la legge attribuisce all’autonomia collettiva il potere di individuare nuove
ipotesi in cui è ammesso l’inserimento di un termine al contratto di lavoro, ma
l’accordo sindacale in questione si limitava a considerare le esigenze
eccezionali di ristrutturazione connesse alla "privatizzazione" delle Poste,
senza pero’ una precisazione sui tempi e le modalità del programma di
riorganizzazione. La Cassazione dimostra di non condividere questo orientamento,
ricordando come si tratti di interpretare i contenuti dell’articolo 23 della
legge n. 56 del 1987, che ha voluto realizzare un diverso sistema di controllo
sulle modalità di utilizzazione del contratto a termine inserendo, accanto
all’area originaria del contratto per esigenze organizzative straordinarie, la
possibilità di un’area di impiego "normale", affidando la tutela del lavoratore
alla negoziazione collettiva. Una "liberalizzazione" che trova riscontro poi nel
fatto che la norma non contiene principi o criteri direttivi sulle fattispecie
che possono dare luogo all’inserimento del termine in sede di contrattazione.
Non serve cosi’ che le fattispecie di natura contrattuale siano oggettive come
quelle previste per legge: queste possono anche coincidere con l’assunzione di
particolari requisiti soggettivi da parte dei lavoratori. I cambiamenti
normativi intervenuti nel frattempo, con l’entrata in vigore del decreto
legislativo n. 368 del 2001 che permette la contrattazione a termine solo per
“ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”, non
sono pero’ di portata tale da indurre la Cassazione a cambiare il suo
orientamento interpretativo. Anzi “vi è persino da dubitare se quella nuova,
con il sistema di controllo (anche e soprattutto giurisdizionale) ex post
sull’esistenza di condizioni oggettive, realmente rafforzi le garanzie del
lavoratore”.