Lavoro

Nel processo del lavoro i poteri istruttori del giudice devono essere funzionalizzati al contemperamento del principio dispositivo con quello della ricerca della verità materiale CASSAZIONE CIVILE, Sezioni Unite, Sentenza n. 11353 del 17/06/2004


A
nche
a volere riconoscere ai poteri istruttori del giudice del lavoro il carattere
discrezionale, detti poteri – proprio perchè funzionalizzati al contemperamento
del principio dispositivo con quello della ricerca della verità  materiale – non
possono mai essere esercitati in modo arbitrario. Ne consegue che il giudice –
in ossequio a quanto prescritto dall’art. 134 c.p.c. ed al disposto di cui
all’art. 111, 1° comma, Cost. sul "giusto processo regolato della legge" – deve
esplicitare le ragioni per le quali reputa di far ricorso all’uso del poteri
istruttori o, nonostante la specifica richiesta di una della parti, ritiene,
invece, di non farvi ricorso.
Il relativo provvedimento può, cosí, essere sottoposto al sindacato di
legittimità  per vizio di motivazione al sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c.,
qualora non sia sorretto da una congrua e logica spiegazione nel disattendere la
richiesta di mezzi istruttori relativi ad un punto della controversia che, se
esaurientemente istruito, avrebbe potuto condurre ad una diversa decisione della
controversia.
Lo stesso provvedimento è suscettibile, però, di essere censurato anche ex art.
360, n. 3, c.p.c. per violazione di legge, allorquando il giudice del lavoro
abbia esercitato i poteri istruttori sulla base del proprio sapere privato, con
riferimento a fatti non allegati dalle parti o non acquisiti al processo qui in
modo rituale, che non siano cioè emersi nel processo nel contraddittorio delle
parti come avviene, ad esempio, in sede di interrogatorio libero delle parti
stesse (cfr. in tali sensi: Cassazione 8220/2003 cit.); allorquando, superando
il principio della legalità  della prova, abbia dato ingresso nel giudizio alle
cosiddette prove atipiche; allorquando abbia, in violazione del principio
dispositivo, ammesso una prova contro la volontà  già  espressa in modo chiaro
dalle parti di non servirsi di detta prova (cfr. al riguardo: Cassazione
3537/1993); ed ancora allorquando, in presenza di una prova già  espletata su
punti decisivi della controversia, venga ammessa d’ufficio una prova diretta a
sminuirne l’efficacia e la portata, specialmente nei casi in cui – come avviene
per la prova per testi – un corretto esercizio del contraddittorio e del diritto
di difesa impone alle parti di espletare la prova in un unico contesto temporale
(cfr. sul punto: Cassazione 11002/2000).

 

CASSAZIONE CIVILE,
Sezioni Unite, Sentenza n.  11353 del 17/06/2004


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 


Con ricorso depositato in data 25 marzo 1993, Savino Capodivento
conveniva in giudizio innanzi al Pretore di Bari l’Ente Ferrovie dello Stato, in
persona del legale rappresentante pro tempore e, premesso di essere affetto da
tecnopatia dipendente da causa di servizio con effetti permanenti sulla propria
capacità  lavorativa e di avere sperimentato con esito negativo il prescritto
iter amministrativo, chiedeva la condanna dell’Ente al riconoscimento della
infermità  denunziata, con la corresponsione di ogni beneficio di legge per la
menomazione dell’integrità  fisica.

Dopo la costituzione del contraddittorio e l’espletamento di una consulenza
tecnica d’ufficio, il Pretore accoglieva la domanda e, per l’effetto, dichiarava
che la malattia del ricorrente (spondiloartrosi lombare) era dipendente da causa
di servizio e che lo stesso aveva diritto alla corresponsione dell’equo
indennizzo, corrispondente alla tabella A, cat. 7, del d.P.R. 834/1981, e
condannava le Ferrovie dello Stato al pagamento della somma ex lege dovuta a
titolo di equo indennizzo oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali.

Avverso tale sentenza proponeva gravame la spa Ferrovie dello Stato dolendosi
dell’accoglimento della domanda attrice e contestando i risultati dell’espletata
consulenza per mancanza di prova sulle mansioni in concreto svolte dal
Capodivento.

Dopo la ricostituzione del contraddittorio, il Tribunale di Bari con sentenza
del 4 luglio 2000 accoglieva l’appello proposto e, in riforma dell’impugnata
sentenza, rigettava la domanda avanzata dal Savino Capodivento.

Nel pervenire a tale conclusione il Tribunale osservava in primo luogo che non
aveva fondamento l’eccezione dell’appellato secondo cui doveva dichiararsi la
nullità  del mandato alle liti dell’appellante e, conseguentemente,
l’inammissibilità  del gravame, atteso che la procura conferita dall’avv.
Giancarlo Alvino all’avv. Angelo Marozzi doveva ritenersi valida a tutti gli
affetti. Ed invero, all’avv. Alvino erano stati trasferiti dal legale
rappresentante dell’ente i poteri della società  in ogni grado del giudizio e con
ogni più ampia facoltà , con una procura che, nell’ambito dell’assetto
organizzativo dell’ente, poteva ritenersi institoria perchè comprensiva di tutti
i poteri sostanziali e processuali.

Nel merito il Tribunale rimarcava che il lavoratore aveva l’onore di provare ai
sensi dell’art. 2697 c.c. non solo il tipo di mansioni svolte ed il suo concreto
atteggiarsi ma pure la sussistenza di tutte quelle condizioni e modalità 
(durata, condizioni ambientali, intensità  e durata del lavoro, ecc.) cui far
risalire con nesso di causalità  la malattia da cui risultava affetto. Il
Capodivento, in altri termini, aveva dato per acclarata l’esistenza di
circostanze che, al contrario, andavano da lui dimostrate in virtù del principio
dell’onere della prova, non potendosi assolvere a tale onere attraverso le
dichiarazioni rese al c.t.u. in sede di anamnesi lavorativa. Da ultimo il
Tribunale evidenziava che, pure in caso di mancata contestazione da parte del
datore di lavoro delle mansioni svolte (nella specie di guardiano), l’attore
doveva ugualmente provare il suo assunto.

Avverso tale sentenza Savino Capodivento propone ricorso per cassazione,
affidato a quattro motivi.

Resiste con controricorso la spa Rete Ferrovie dello Stato, che ha depositato
memoria ex art. 378 c.p.c. La presente controversia è stata assegnata dal Primo
Presidente alle Sezioni Unite di questa Corte a seguito dell’ordinanza del 23
ottobre 2003 della Sezione lavoro, che ha ravvisato un contrasto di
giurisprudenza sulla questione concernente “l’entità  degli oneri – di
allegazione e probatori – gravanti sui dipendenti delle Ferrovie dello Stato che
richiedono il riconoscimento della causa di servizio, con corresponsione di un
equo indennizzo, a causa delle patologie dalle quali assumono di essere
affetti”.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 


1. Con il primo motivo di ricorso Savino Capodivento denunzia
violazione e falsa applicazione degli artt. 75, 420 e 182 c.p.c. in relazione
all’art. 360, n. 3, c.p.c. e, quindi, difetto di legittimazione processuale,
nullità  dell’atto di appello nonchè mancato deposito della procura notarile.
Lamenta in particolare che la società  ha interposto atto di appello, a margine
del quale era riportata la rituale formula del mandato ad litem. Il mandato in
questione era stato, però, rilasciato all’avv. Angelo Marozzi, difensore della
società  Ferrovie dello Stato nella fase d’appello, dall’avv. Giancarlo Alvino,
che non risultava essere il legale rappresentante della società . Si duole ancora
che il difensore difettava dello ius postulandi per non avere depositato l’atto
di delega con il quale il preteso legale rappresentante dell’ente convenuto
avrebbe conferito il mandato.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli
artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. (anche con
riferimento all’art. 2103 c.c.) nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c. Dopo avere premesso che le
mansioni di "guardiano" espletate non risultavano contestate da controparte,
addebita al Tribunale di avere riscontrato una carenza probatoria ignorando cosí
la richiesta di prove – in ordine alle condizioni e modalità  di lavoro ed agli
agenti patogeni dello stesso – formulata in primo grado (espletamento di una
consulenza d’ufficio e acquisizione del fascicolo sanitario di esso ricorrente,
custodito da controparte) e rinnovata in sede di appello (prova per testi con i
compagni di lavoro e con i rappresentanti sindacali di categoria sulle mansioni
effettivamente svolte). Su una tale richiesta il Tribunale aveva opposto un
netto, quanto inspiegabile, rifiuto nonostante il principio secondo cui la
mancata ammissione dei mezzi di prova, “quando, come nel caso di specie, non è
sorretta da adeguata motivazione costituisce una vera e propria violazione di
legge ed è censurabile in sede di legittimità “.

Con il terzo motivo Savino Capodivento lamenta violazione e falsa applicazione
di legge, dell’art. 2087 e 2697 c.c., e dell’art. 41 c.p. in relazione all’art.
360, n. 3, c.p.c., ed ancora omessa motivazione su punti decisivi della
controversia in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c. Eccepisce il ricorrente che
il Tribunale non ha valutato adeguatamente le conclusioni del c.t.u., che aveva
evidenziato il rapporto causa-effetto tra patologia ed attività  svolta, ed aveva
spiegato perchè la attività  di guardiano aveva causato la denunziata patologia,
rappresentando anche i rischi al quali il lavoratore era stato esposto.
Rimarcava, quindi, la violazione dell’art. 2087 e 2697 c.c., sostenendo che –
anche in ragione del d.P.R. 303/1958 e succ. mod. e per effetto del d.lgs.
626/1994 (in base al quale al lavoratore deve essere notificato il cosiddetto
documento di rischio) – la società  Ferrovie dello Stato avrebbe dovuto provare
la mancata esposizione al rischio per avere posto in essere le tutele necessarie
per la salvaguardia fisica del lavoratore e, in caso di patologia a genesi
multifattoriale, avrebbe dovuto dimostrare anche la presenza di un elemento
estraneo all’attività  lavorativa idoneo, da solo, a provocare l’insorgenza della
patologia denunziata.

Con il quarto motivo il ricorrente censura l’impugnata sentenza per omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della
controversia in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c. Ribadisce che il Tribunale,
con motivazione non adeguata e, comunque, contraddittoria ha, per un verso,
riconosciuto valore alle valutazioni della società  e, per altro verso, ha
disatteso le risultanze peritali senza peraltro richiedere i necessari
chiarimenti al c.t.u. e senza disporre la rinnovazione della suddetta consulenza
anche per un approfondimento dei quesiti.

2. Al fini di un ordinato iter argomentativo va esaminato il primo motivo del
ricorso, denunziandosi con detto motivo la nullità  dell’atto di appello per
difetto dello ius postulandi del difensore della spa.

2.1. Il motivo è infondato.

Questa Corte, a Sezioni Unite, ha statuito che il potere di rappresentanza
processuale, con la relativa facoltà  di nomina dei difensori, può essere
conferito soltanto a colui che sia investito anche di un potere rappresentativo
di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, sicchè il
legale rappresentante di una società  di capitali, pur in presenza di una
disposizione dello statuto sociale che lo abiliti al conferimento di una procura
di carattere esclusivamente formale, non conferisce validamente ad altro
soggetto la rappresentanza processuale della società  stessa, ove tale delega sia
disgiunta dall’attribuzione dei poteri di rappresentanza sostanziale. Tuttavia
non è necessaria la specificazione aprioristica dei singoli rapporti in
relazione ai quali è attribuita la rappresentanza sostanziale (e per i quali è
perciò possibile l’attribuzione di rappresentanza processuale) potendosi
pervenire alla individuazione dei poteri sostanziali delegati anche per via
indiretta e/o in relazione alla natura controversa dei rapporti "de quibus", ben
essendo ipotizzabile un assetto organizzativo che preveda la preposizione
institoria di alcuni procuratori speciali ad un coacervo di rapporti costituenti
un settore dell’azienda ed aventi la caratteristica comune di essere oggetto
della controversia (cfr. in tali sensi: Cassazione, Sezioni Unite, 4666/1998,
cui adde Cassazione, Sezioni Unite, 5842/2000).

2.2. La sentenza impugnata si è richiamata all’indirizzo ora enunciato nel
dichiarare l’ammissibilità  dell’atto d’appello della spa Ferrovie dello Stato
sottoscritto dall’avv. Angelo Marozzi per essere stato quest’ultimo nominato
dall’avv. Giancarlo Alvino, cui l’ing. Giancarlo Cimoli, amministratore delegato
e legale rappresentante della società , aveva conferito con riferimento a tutti i
giudizi, in cui la società  stessa fosse stata parte, "tutti i necessari poteri
di rappresentanza processuale e sostanziale".

2.3. Anche l’addebito mosso alla sentenza impugnata di non avere rilevato la
mancanza della procura in atti risulta infondato atteso che detta procura è
stata identificata nel mandato a margine dell’atto di appello e nella stessa
sentenza impugnata di tale procura vengono riportati ampi e significativi
stralci.

3. I restanti motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente comportando la
soluzione di questioni pregiudiziali, attinenti al processo del lavoro, tra loro
strettamente connesse.

3.1. Come si è già  ricordato la presente controversia è stata assegnata a queste
Sezioni Unite dal Primo Presidente a seguito dell’ordinanza della Sezione lavoro
di questa Corte, depositata in data 23 ottobre 2003, che ha ravvisato un
contrasto di giurisprudenza in relazione all’entità  degli oneri – di allegazione
e probatori – gravanti sui dipendenti delle Ferrovie dello Stato che chiedono il
riconoscimento della causa di servizio per ottenere l’equo indennizzo.

3.2. La soluzione di questa problematica importa l’esame di altre tematiche ad
essa intimamente collegate, che sono state oggetto di disamina nella impugnata
decisione, e che attengono – una volta individuati gli oneri di allegazione e
probatori scaturenti dal disposto dell’art. 414 c.p.c. – alle conseguenze
derivanti dal mancato rispetto di detta disposizione, alla costituzione del
convenuto ed ai diversi oneri di contestazione sullo stesso gravanti, nonchè al
contenuto ed all’ambito di operatività  dei poteri istruttori di ufficio del
giudice del lavoro, riconosciuti dall’art. 421, secondo comma, e 437, secondo
comma, c.p.c.

4. In merito alla domanda proposta dal dipendente delle Ferrovie dello Stato al
fine di ottenere l’equo indennizzo si ravvisa nell’ambito della Sezione lavoro
un indirizzo che ritiene il lavoratore non gravato da alcun particolare onere in
ordine alle circostanze di fatto poste a fondamento della domanda essendo
sufficiente – in tema di onere della prova ed in caso di mancata contestazione –
la sola indicazione delle m

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