Lavoro

INFORTUNI SUL LAVORO – L’infortunio subito dal lavoratore è indennizzabile se l’evento dipende o da un atto intrinseco alle prestazioni lavorative o dallo svolgimento di attività connesse e strumentali alle mansioni tipiche – CASSAZ

Ai sensi dell’art. 2 del Testo unico approvato con

 D.P.R. n. 1124 del 1965
, è indennizzabile l’infortunio avvenuto per causa
violenta in occasione di lavoro. L’opionine della Cassazione, a tal riguardo, è
che non è sufficiente che l’infortunio si sia verificato durante il tempo o sul
luogo di lavoro ma deve sussistere un rapporto di occasionalità necessaria tra
lavoro ed infortunio, nel senso che lo svolgimento dell’attività lavorativa
deve aver creato un rischio specifico rispetto a quelli (generici) cui comunque
il lavoratore, al pari di qualsiasi individuo, è esposto. In base agli
orientamenti passari, infatti, ricorrerebbe l’occasione di lavoro << solo quando
l’attività lavorativa esponga il prestatore d’opera ad un rischio diverso da
quelli gravanti sulla generalità della popolazione o aggravi questi ultimi in
misura non trascurabile (pur non richiedendo che esso sia quello tipico della
specifica attività) non essendo per contro sufficiente che l’infortunio avvenga
in luogo di lavoro o nel tempo del suo svolgimento>> (da ultimo, Cassazione
Civile del 1° febbraio 2000 n. 1109). Orientamento contrastante afferma che, ai
fini dell’ammissione alle indennità di cui al T.U.

 D.P.R. n. 1124 del 1965
, << deve prescindersi dal requisito
dell’aggravamento del rischio, superfluo quando l’esposizione al rischio sia
imposta dall’attività lavorativa >>(Cassazione Civile del 23 agosto 1997 n.
7918, del 19 gennaio 1998 n. 455,  del 2 giugno 1999 n. 5419, ed anche del 7
aprile 2000 n. 4433). Pertanto, sulla base di tale criterio l’infortunio del
lavoratore è comunque indennizzabile anche se non riconducibile ad un rischio
"tipico" della prestazione lavorativa, atteso che è estraneo alla nozione
legislativa di occasione di lavoro il carattere di normalità o tipicità del
rischio protetto (Cass. 7 aprile 2000 n. 4433). Essenziale è, pero’, il fatto
che l’evento debba dipendere o da un atto intrinseco alle prestazioni
lavorative(rischio proprio) ovvero dallo svolgimento di attività accessorie, ma
immediatamente e necessariamente connesse e strumentali allo svolgimento delle
mansioni tipiche, e quindi funzionalmente collegato all’attività lavorativa
(rischio improprio).

 

 


CASSAZIONE
CIVILE,  sezione lavoro, sentenza n. 7633 del  21/04/2004

 

La Corte Suprema
di Cassazione

Sezione Lavoro

Composta dagli
Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Paolino
DELL’ANNO – Presidente

Dott. Donato
FIGURELLI – Consigliere

Dott. Natale
CAPITANIO – Consigliere

Dott. Camillo
FILADORO – rel. Consigliere

Dott. Maura LA
TERZA – Consigliere

ha pronunciato la
seguente:

Sentenza

sul ricorso
proposto da:

SESTINI FRANCO,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. FERRARI 2, presso lo studio
dell’avvocato GIORGIO ANTONINI, che lo rappresenta e difende, giusta delega in
atti;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. –
ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in
persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA IV novembre 144, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO CATANIA,
GIUSEPPE DE FERRA’, giusta procura speciale atto notar CARLO FEDERICO TUCCARI di
ROMA del 22 gennaio 2002, REP. N. 59129;

– controricorrente

avverso la sent.
n. 40896/00 del Tribunale di ROMA, depositata il 19 dicembre 2000 – R.G.N.
29683/98;

udita la relazione
della causa svolta nella pubblica udienza del 26 gennaio 2004 dal Consigliere
Dott. Camillo FILADORO;

Udito l’Avvocato
ANTONINI;

udito l’Avvocato
ROMEO per delega DE FERRA’;

udito il p.m. in
persona del Sostituto procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio che ha
concluso per il rigetto del primo motivo del ricorso ed accoglimento del
secondo.

 

Svolgimento del
processo

 

Con sentenza 21
settembre-19 dicembre 2000, il Tribunale di Roma rigettava la domanda di Franco
Sestini, intesa ad ottenere, nei confronti dell’I.N.A.I.L., la costituzione di
una rendita per inabilità permanente in conseguenza dei postumi derivati
dall’infortunio occorso all’assicurato in data 5 luglio 1996. Ribaltando la
decisione del Pretore, i giudici di appello osservavano che il Sestini,
vicedirettore d’albergo, aveva riferito di essersi infortunato urtando
violentemente il capo contro una porta semiaperta. A seguito dell’urto, aveva
riportato lesioni ad un occhio, cui era conseguito il distacco di retina con
cecità permanente.

Il Tribunale
osservava che l’infortunio non poteva considerarsi come avvenuto in occasione di
lavoro, in quanto derivante da rischio generico (il Sestini si trovava
all’interno del proprio ufficio quando era stato chiamato dalla direttrice
dell’albergo che si trovava in altra stanza: nello spostarsi all’interno
dell’ufficio della direttrice aveva battuto violentemente il capo contro la
porta semiaperta, con le conseguenze già ricordate).

Avverso tale
decisione il Sestini ha proposto ricorso per Cassazione sorretto da due distinti
motivi.

L’I.N.A.I.L.
resiste con controricorso.

 

Motivi della
decisione

 

Con il primo
motivo il ricorrente denuncia contraddittorietà della motivazione (art. 360
c.p.c. n. 5).

In particolare il
Sestini censura la sentenza impugnata nella patte in cui la stessa, con
motivazione inadeguata, illogica e contraddittoria, ha affermato che una porta
semiaperta, di per sè, è priva di ogni potenziale pericolosità, dal momento
che essa occupa una parte dello spazio normalmente destinato al passaggio.

Nessuna indagine i
giudici di appello avevano riservato ai motivi che avevano portato il Sestini a
girarsi di scatto per dirigersi verso l’ufficio della direttrice.

Il primo motivo
non appare fondato.

Costituisce
accertamento di fatto insindacabile ed appare logicamente motivata la decisione
impugnata, là dove ha escluso la maggiore pericolosità (e quindi l’esistenza
di un rischio specifico) di una porta semiaperta, ritenendo implicitamente
superflua qualsiasi indagine circa i motivi per i quali il Sestini era andato ad
urtare contro la porta stessa.

Con il secondo
motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del
T.U. – D.P.R. n. 1124 del 1965, errata qualificazione giuridica del fatto in
relazione all’art. 360 c.p.c. nn. 3 e 5.

Il ricorrente
richiama quella giurisprudenza di questa Corte che ricomprende nel concetto di
occasione di lavoro tutte quelle condizioni, comprese quelle ambientali, in cui
l’attività produttiva si svolge e nella quale è possibile il rischio di danno
per il lavoratore.

Sulla base di tali
premesse, ed in contrasto con le disposizioni di legge indicate, i giudici di
appello avevano concluso che il rischio dell’urto contro uno stipite di una
porta, sebbene accaduto durante lo svolgimento dell’attività lavorativa,
costituisce di per sè un rischio generico cui è esposto chiunque,
indipendentemente dall’attività lavorativa svolta.

Il motivo è
fondato.

L’articolo 2 del
Testo unico approvato con D.P.R. n. 1124 del 1965 stabilisce che è
indennizzabile l’infortunio avvenuto per causa violenta in occasione di lavoro.

Con motivazione
inadeguata ed insufficiente, i giudici di appello dopo avere – correttamente –
premesso che occasione di lavoro non equivale a causa di lavoro, hanno osservato
che non è sufficiente che l’infortunio si sia verificato durante il tempo o sul
luogo di lavoro perchè lo stesso sia ammesso alla tutela prevista dalla legge.

"Quello che deve
sussistere è un rapporto di occasionalità necessaria tra lavoro ed infortunio,
nel senso che lo svolgimento dell’attività lavorativa deve aver creato un
rischio specifico rispetto a quelli (generici) cui comunque il lavoratore, al
pari di qualsiasi individuo, è esposto".

La sentenza, cosi’
argomentando, si pone sulla scia di quell’orientamento di questa Corte, per cui
ricorre l’occasione di lavoro solo quando l’attività lavorativa esponga il
prestatore d’opera ad un rischio diverso da quelli gravanti sulla generalità
della popolazione o aggravi questi ultimi in misura non trascurabile (pur non
richiedendo che esso sia quello tipico della specifica attività) non essendo
per contro sufficiente che l’infortunio avvenga in luogo di lavoro o nel tempo
del suo svolgimento (da ultimo, Cass. 1° febbraio 2000 n. 1109).

Tale affermazione
si pone, tuttavia, in contrasto con la più recente giurisprudenza di questa
Corte, secondo la quale deve prescindersi, ai fini dell’ammissione alle
indennità di cui al T.U. D.P.R. n. 1124 del 1965, dal requisito
dell’aggravamento del rischio, superfluo quando l’esposizione al rischio sia
imposta dall’attività lavorativa (Cass. 23 agosto 1997 n. 7918, 19 gennaio 1998
n. 455, 2 giugno 1999 n. 5419, 7 aprile 2000 n. 4433).

<p class="MsoNormal" st

https://www.litis.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Litis.it
Panoramica privacy

This website uses cookies so that we can provide you with the best user experience possible. Cookie information is stored in your browser and performs functions such as recognising you when you return to our website and helping our team to understand which sections of the website you find most interesting and useful.