Civile

Le somme versate ai notai a titolo di pensione dalla cassa nazionale del notariato sono soggette a tassazione. Cassazione Civile, Sezione Tributaria, Sentenza n. 8996 del 12/05/2004

Le somme
versate ai notai a titolo di pensione dalla cassa nazionale del notariato sono
soggette a tassazione, in quanto l’articolo 46, comma 2 del Dpr n. 917/1986
(corrispondente al nuovo articolo 49), nell’assoggettare a imposizione diretta
qualunque trattamento pensionistico, non consente di escludere dalla disciplina
comune, in assenza di una espressa esenzione, il trattamento di quiescenza dei
notai (Cassazione, sentenza n. 8996 del 12 maggio 2004).

Il caso affrontato dalla Corte
In particolare, la Cassazione si è occupata di un contribuente che aveva
presentato ricorso alla commissione tributaria di primo grado avverso il
silenzio-rifiuto della locale direzione regionale delle Entrate in ordine a una
istanza con la quale lo stesso aveva richiesto il rimborso delle ritenute Irpef
operate negli anni dal 1992 al 1994 sulle somme versategli a titolo di pensione
dalla Cassa nazionale del notariato.
Accogliendo le istanze dell’Amministrazione finanziaria, la commissione aveva
rigettato il ricorso del contribuente che, anche in sede di ricorso in appello,
si era visto respinte le proprie richieste tra cui anche quella di
illegittimità costituzionale basata sull’assunto della natura non reddituale
della pensione corrisposta ai notai.
Pertanto, la controversia è giunta in Cassazione su ricorso proposto dallo
stesso contribuente.

La posizione della Cassazione
La Cassazione, nell’affrontare la questione, si è occupata, innanzitutto, della
presunta disapplicazione, a detta del ricorrente, del principio affermato dalla
Corte costituzionale nelle sentenze n. 178/1986 e n. 400/1987, secondo cui tutto
quanto il pensionato riceve in base ai propri contributi non puo’ essere
considerato reddito.
Infatti, secondo il contribuente, premesso che la provvista del trattamento di
quiescenza dei notai è costituita esclusivamente dai contributi versati dal
professionista durante la sua attività lavorativa, risulta violato l’articolo
46, comma 2 del Dpr n. 917/1986, poichè una lettura conforme alla Costituzione
del suo testo in vigore sino al 31 dicembre 1997 ("costituiscono reddito di
lavoro dipendente anche le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse
equiparate") non avrebbe consentito di riconoscere natura di reddito a una forma
previdenziale costituita da accantonamenti operati esclusivamente dal
beneficiario.

In base a quanto affermato dalla Cassazione, la Corte costituzionale, nella
sentenza 25 del 4 febbraio 2000, ha osservato che non sono comparabili, ai fini
della tassazione delle forme previdenziali, la situazione dei dipendenti
pubblici statali e quella dei lavoratori autonomi.
Inoltre, relativamente ai notai, vige un regime speciale, sia per la formazione
e la liquidazione delle prestazioni, che sono svincolate da una precisa
correlazione con i versamenti, sia per la misura e il versamento dei contributi,
in quanto proporzionali agli onorari.
In tal modo, non è possibile trasporre i criteri che regolano la categoria dei
dipendenti pubblici con quelli validi per i lavoratori autonomi e, nel caso di
specie, per i notai. Le somme versate dai notai non perdono, infatti, a causa
della destinazione previdenziale, il loro naturale carattere reddituale e non
sono sottratte all’imposizione.

Cio’ è confermato dalla previsione, contenuta nell’articolo 10, comma 1 del Dpr
n. 917/1986, della possibilità che l’importo dei contributi versati sia portato
dal notaio in detrazione del reddito imponibile per il corrispondente anno
d’imposta al fine di evitare una doppia imposizione.
Pertanto, la Corte costituzionale, secondo la Cassazione, esclude che il chiaro
testo della disposizione che assoggetta a imposizione diretta qualunque
trattamento pensionistico possa essere inteso nel senso da non ricomprendere
nella disciplina comune, in assenza di una espressa esenzione, anche il
trattamento di quiescenza dei notai, ed esclude, altresi’, la fondatezza
dell’eccezione di illegittimità costituzionale sollevata dal contribuente.
La conclusione cui giunge la Cassazione, quindi, è quella della tassazione
delle somme in oggetto, non rilevando che la provvista del trattamento di
quiescenza è costituita esclusivamente da contributi versati dal
professionista, poichè dette somme, in ragione della provenienza dall’attività
professionale, non perdono, a causa della destinazione previdenziale, il loro
naturale carattere reddituale.

Saverio Cinieri ” Fonte:

www.fiscooggi.it


https://www.litis.it

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