Per la qualificazione di un rapporto di lavoro come subordinato non è indispensabile la presenza del lavoratore in azienda potendosi la subordinazione configurare parimenti in ipotesi di obbligo di reperibilità . Cassazione Civile, Sezione
Con una recente
sentenza, la Cassazione (Cass. 13 maggio 2004, n. 9151) ha fatto il punto sui
criteri per distinguere un rapporto di lavoro subordinato da uno autonomo,
stabilendo tra le altre cose che la subordinazione puo’ configurarsi anche nel
caso d’obbligo di reperibilità per telefono. Cio’ in quanto la presenza del
lavoratore in azienda non è requisito indispensabile. La Suprema Corte ha anche
affermato che la variabilità di una parte della retribuzione non è elemento di
per sè idoneo a escludere l’esistenza di un rapporto subordinato. La sentenza
della Cassazione è cosi’ motivata: “Il rapporto di lavoro subordinato (articolo
2094 del codice civile) si distingue da quello autonomo, reso con una o più
prestazioni isolate (articolo 2222 del codice civile), ovvero con una
prestazione d’opera continuativa e coordinata (articolo 409, n. 3, del codice di
procedura civile), in base a diversi e variabili criteri, il principale e
decisivo dei quali consiste nell’assoggettamento del prestatore al potere
direttivo del datore di lavoro, ossia al potere di precisare il contenuto della
prestazione lavorativa e di controllarne l’esecuzione. Potere a cui corrisponde
l’obbligo di retribuire il lavoratore quand’anche il lavoro, pur esattamente
eseguito, non abbia dato l’utilità economica sperata”.
L’esercizio del potere direttivo si estrinseca in specifiche disposizioni e non
in generali direttive, compatibili anche con il lavoro autonomo, nel relativo
controllo sull’esecuzione e, quindi, si risolve nell’inserimento del lavoratore
nell’organizzazione produttiva diretta dal datore (Cass. 3 giugno 1998 n. 5464,
11 settembre 2000 n. 12458). “Il primo ” prosegue la sentenza della Cassazione ”
adempie cosi’ l’obbligazione servendosi di mezzi non già propri, bensi’
appartenenti al secondo. Nè sulle caratteristiche sostanziali ed effettive del
rapporto, cosi’ come si svolge, possono prevalere elementi formali, quali il
nomen iuris attribuito dalle parti (Cass. 10 aprile 2000 n. 4533, 25 settembre
2000 n. 12685), oppure l’iscrizione del lavoratore nell’albo delle imprese
artigiane (Cass. 14 novembre 1995 n. 11796) o in una gestione previdenziale
separata. La non rilevanza del risultato economico prodotto dalla prestazione
esclude che il lavoratore sia assoggettato al relativo rischio, e più in
generale al rischio d’impresa, e questa assenza di rischio è ben compatibile
con una variabilità della retribuzione ” sempre dovuta almeno nei limiti
dell’articolo 36, primo comma, della Costituzione ” in ragione degli utili
conseguiti dal datore”.
Secondo la Cassazione,
perchè sussista la subordinazione bisogna quindi accertare: a) quali sono le
precise mansioni espletate dal lavoratore, ossia se esercita semplici funzioni
d’impiegato (articolo 2095 del codice civile), oppure se puo’ assumere
iniziative d’organizzazione autonoma, eventualmente servendosi di collaboratori
propri; b) se il lavoratore possa rifiutare la prestazione richiesta e, in caso
positivo, se debba giustificare il rifiuto davanti alla datrice di lavoro; c) se
il prestatore risponde dei danni prodotti nell’espletamento delle sue mansioni,
e se si’ di quali; d) a quale orario di lavoro, precisamente, è tenuto, non
bastando a escludere l’assoggettamento a orario il fatto che, allontanandosi dai
locali dell’impresa, sia comunque tenuto a essere reperibile attraverso il
telefono portatile: ben potendo avvenire l’esecuzione delle prestazioni
subordinate fuori dai locali dell’impresa.
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