Cassazione:cambiare sesso? Risarcimento se il medico sbaglia
La Cassazione ha riconosciuto
il diritto al risarcimento a favore di un uomo che si era sottoposto a un’
operazione per cambiare sesso. L’ intervento non era riuscito in quanto non
poteva avere soddisfacenti rapporti sessuali. La Suprema corte ha accolto il
ricorso di Anna D. – questa la nuova identità dell’uomo che ha cambiato sesso –
contro un medico umbro che lo opero’ nel 1991 asportandogli il pene e creandogli
una ”vagina artificialè’.
In particolare, la Suprema
corte – nello stabilire il diritto di Anna ad ottenere il risarcimento – ricorda
che il chirurgo che la opero’ le ”promise, prima dell’ intervento, che ella
avrebbe potuto avere una vita sessuale normale come donnà’. Non le aveva,
invece, mai parlato di eventuali controindicazioni dell’intervento ed aveva, per
di più, usato una tecnica innovativa anzichè attenersi alla routine già
consolidata in casi del
genere.
Ai magistrati della corte di appello di Perugia – che con sentenza del luglio
del ’99 avevano bocciato il ricorso di Anna – la Cassazione fa presente che
ormai c’è una ”tendenzà’ a considerare con maggior severità, rispetto ad un
tempo, la responsabilità dei medici. In proposito, piazza Cavour ricorda che
dagli specialisti si pretendono ”standard di diligenza superiori al normalè’ e
che al giorno d’oggi, nelle cause per colpa medica, non esiste più alcuna
protezione ”speciale del professionistà’. Dopo aver ricordato queste cose, la
Cassazione bacchetta i giudici di Perugia per avere respinto la pretesa di Anna
in quanto sarebbe stata proposta senza il necessario supporto scientifico. Ad
avviso dei supremi giudici ”pur gravando sul paziente l’onere di dimostrare in
concreto la colpa medica per ottenere il risarcimento, tale onere non si spinge
tuttavia fino alla necessità di indicazioni di specifici e peculiari aspetti
tecnici di responsabilità professionale, conosciuti e conoscibili soltanto
dagli esperti del settorè’.
La Cassazione spiega, dando ragione ad Anna, che ӏ sufficiente che la
contestazione del comportamento colposo del medico avvenga in base alle
commissioni ordinarie di un comune avvocato, che firmi il ricorso, conoscendo in
maniera generica l’ attuale stato dei possibili profili di responsabilità del
sanitario”. In pratica, nel caso di Anna la corte di appello di Perugia ha
sbagliato a non riconoscerle i danni sostenendo, tra l’ altro, che non era stata
ben spiegata ”la scarsa aderenza della neovagina ai tessuti sottostanti e alla
allocazione dei corpi cavernosi”.
Per la Cassazione, infatti, basta che i pazienti nei ricorsi per azione
risarcitoria facciano riferimento alla ”omessa informazione delle conseguenze
dell’ intervento, adozione di tecniche non sperimentate in luogo di protocolli
ufficiali e collaudati, mancata conoscenza dell’ evoluzione (in una determinata
branca) della metodica interventistica nota a chi usa la comune diligenzà’.
Cosi’ i magistrati di legittimità – in particolare quelli della terza sessione
civile – hanno accolto il ricorso di Anna e hanno ordinato alla Corte di appello
di Perugia di ”attenersi ai suddetti principi di diritto” per dare ad Anna una
sentenza ”confacente ai fatti esposti e conforme al diritto”.