Civile

Mancato uso della cintura di sicurezza da parte del terzo trasportato, sanzione amministrativa e responsabilità. Cassazione Sentenza Terza Sezione Civile n. 4993 dell’ 11/03/2004


MANCATO USO DELLA CINTURA DI
SICUREZZA DA PARTE DEL TERZO TRASPORTATO – ESCLUSIONE DELLA SANZIONE
AMMINISTRATIVA PER IL CONDUCENTE, RESPONSABILITA’ PER IL RISARCIMENTO NEI
CONFRONTI DEL TRASPORTATO DANNEGGIATO.

 

L’omesso
uso delle cinture di sicurezza, da parte di persona che abbia subito lesioni in
conseguenza di un sinistro stradale, costituisce un comportamento colposo del
danneggiato nella causazione del danno, rilevante ai sensi dell’art. 1127, comma
1, c.c., e legittima la riduzione del risarcimento, ove si alleghi e dimostri
che il corretto uso dei sistemi di ritenzione avrebbe ridotto od addirittura
eliso il danno.

l
conducente di un veicolo è tenuto, in base alle regole della comune diligenza e
prudenza, ad esigere che il passeggero indossi la cintura di sicurezza ed, in
caso di renitenza, anche rifiutarne il trasportato o sospendere la marcia; cio’
a prescindere dall’obbligo a carico di chi deve far uso della detta censura


Corte Suprema di Cassazione



Giurisprudenza Civile e Penale



Sentenza n.
 4993
dell’ 11

marzo 2004



(Sezione III Civile  – Presidente V. Duva   – Relatore A. Segreto) 
 




 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con citazione del 10 luglio 1993 i
coniugi L.E. e C.G. in proprio e, quanto al primo, nella qualità di tutore
della figlia L. C., convenivano davanti al Tribunale di Ragusa la Milano
Assicurazioni e P.G. per ottenere il risarcimento del danno patrimoniale, morale
e biologico, subito a seguito delle lesioni gravissime, con coma irreversibile e
con invalidità permanente nella misura del 100%, riportata da C. L., all’epoca
di anni 27, nell’incidente stradale occorsole il 10 aprile 1992, nel mentre
viaggiava come trasportata dall’auto del P. (assicurata con la Milano
Assicurazione per la r.c.), che usciva di strada ed andava a cozzare contro un
muro.


Si costituivano i convenuti che
resistevano alla domanda.


Il Tribunale di Ragusa, con
sentenza depositata il 16 febbraio 1996, riconosciuto un concorso di colpa nella
misura del 5% a carico della L., per il mancato uso della cintura di sicurezza,
condannava P. al pagamento nei confronti degli attori della complessiva somma di
lire 3.158.771.800, oltre rivalutazione ed interessi, nonchè la Milano, in
solido con il P., fino al limite del massimale di lire 1.500.000.000, oltre
rivalutazione ed interessi sulla detta somma.


Avverso questa sentenza proponevano
appello la Milano ed il P.. Proponevano appello incidentali gli attori.


La Corte di appello di Catania, con
sentenza depositata il 10 maggio 2000, ritenuto il concorso di colpa della L.
nella misura del 30% per il mancato uso della cintura di sicurezza, condannava
il P. al pagamento, in favore di L.E., nella qualità, della somma complessiva
di lire 2.135.908.022, oltre interessi legali sulle somme devalutate alla data
dell’incidente ed annualmente rivalutate, fino al passaggio in giudicato della
decisione, e detratti gli acconti.


Condannava il P. a corrispondere a
L.E. la somma di lire 353.663.000 e C.G. la somma di lire 343.163.000 oltre
interessi.


Condannava la Milano al pagamento,
in solido con il P., della somma di lire 1.500.000.000, maggiorata di
rivalutazione ed interessi.


Riteneva la Corte di merito che a
norma dell’art. 172 c.d.s. del 1992, il passeggero trasportato aveva l’obbligo
di allacciare la cintura di sicurezza durante la marcia; che a tanto non aveva
provveduto la L., che era stato sbalzata fuori dell’auto per alcuni metri
andando ad urtare con il capo sull’asfalto; che tale circostanza aveva concorso
nella produzione delle gravissime lesioni, con coma irreversibile, nella misura
del 50%, come accertato dal c.t.u. ingegnere; che il mancato uso della cintura
andava ascritto per il 30% alla trasportata e per il residuo 20% al conducente,
che doveva imporre alla L. l’uso della cintura; che, per l’effetto, a carico del
P. andava affermata la responsabilità del 50% per colpa nella guida e per il
20% per non aver fatto adottare la cintura alla trasportata.


Pertanto la Corte di appello
liquidava, con riferimento alla data della decisione, tenuto conto del concorso
di colpa nella misura del 30% della trasportata, il danno biologico, subito da
L. C., nella misura di lire 741.201.828; il danno patrimoniale in lire
281.356.194; il danno morale in lire 378.350.000.


Quanto all’assistenza
infermieristica e fisioterapica, riteneva la Corte di liquidare il danno in lire
735 milioni.


Ai coniugi L. venivano liquidate
lire 476.000.000 per danni patrimoniali e per ciascuno dei genitori lire 105
milioni per danni morali, oltre lire 10.500.000 a L.E. per la perdita di
redditi, per accudire la figlia.


Rigettava la domanda dei genitori
di risarcimento del proprio danno biologico, perchè non provato.


Avverso questa sentenza ha proposto
ricorso per Cassazione il P.G..


Resistono con controricorso gli
attori, che hanno anche proposto ricorso incidentale.


Entrambe le parti hanno presentato
memorie.


MOTIVI DELLA DECISIONE

1.                 
Preliminarmente
vanno riuniti i ricorsi, a norma dell’art. 335 c.p.c.

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione o falsa
applicazione dell’art. 172 c.d.s. d.lgs. 28 maggio 1992 e degli artt. 1227, 2055
o 2056 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.; errore logico giuridico
della motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art.
360, n. 5, c.p.c.

Con l’articolato motivo ritiene il ricorrente che, pur avendo il giudice di
appello disposto consulenza medico legale e consulenza tecnica in ordine al
mancato uso delle cinture di sicurezza ed alle conseguenze di tale omissione e,
nonostante che il c.t.u. avesse individuato detto concorso di colpa della L.,
che fu sbalzata fuori dall’abitacolo per circa 20 metri, nella misura del 50%,
aveva erratamente poi ridotto detto concorso di colpa nella misura del 30%, sul
rilievo che anche il P. era in colpa per non aver imposto alla passeggera di
applicare la cintura.

Ritiene il ricorrente che, a norma dell’art. 172 c.d.s., i passeggeri hanno
l’obbligo di indossare la cintura di sicurezza in qualsiasi situazione di
marcia, con conseguente sanzione amministrativa a loro carico, in caso di
inadempienza, e che solo in caso di trasportato minore risponde il conducente di
detto mancato uso delle cinture.

Cio’ comporta che, poichè del mancato uso della cintura doveva rispondere solo
la L., avendo il c.t.u. ritenuto che detta mancanza avesse contribuito nella
misura del 50%, alla produzione del sinistro, detto concorso di colpa non poteva
essere ridotto al 30%.

Secondo il ricorrente cio’ comporta anche una violazione dell’art. 1227, comma
1, c.c., sulla base del quale il danneggiato non puo’ ottenere il risarcimento
del danno, per la parte di cui è stato causa.

Inoltre il ricorrente lamenta il vizio di motivazione dell’impugnata sentenza,
in quanto, date le circostanze di tempo (era di notte e vi era un temporale),
egli non poteva accertarsi che la L. indossasse costantemente le cinture.
Inoltre, secondo il ricorrente, tenuto conto delle modalità dell’incidente, se
la L. avesse indossato la cintura, non sarebbe stata sbalzata fuori dall’auto,
con la conseguenza che non avrebbe avuto le gravi lesioni sofferte, per lo
sbalzo fuori dalla vettura e l’urto con il capo sull’asfalto, come non le aveva
avute il conducente, che indossava la cintura e che usci’ indenne dall’auto.

2.                 

1. Ritiene questa Corte che il
motivo è infondato e che lo stesso va rigettato.

Quanto alla prima censura va preliminarmente rilevato che, contrariamente
all’assunto delle parti e della stessa sentenza, nella fattispecie non trova
applicazione l’art. 172 c.d.s. d.lgs. 30 aprile 1992.

Infatti, a parte il rilievo che l’incidente si era verificato il 10 aprile 1992,
in ogni caso il nuovo c.d.s. è entrato in vigore solo il 1° gennaio 1992 (v.
art. 240 d.lgs. 285/92).

Tuttavia, pur emendata la sentenza impugnata sotto questo profilo dell’errata
indicazione della norma, la questione giudicata non muta, in quanto le cinture
di sicurezza erano state rese obbligatorie, per i soggetti che si trovavano sui
sedili anteriori dell’auto, per effetto della l. 111/1988 e degli artt. 1, 2 e
3, l. 143/1999, che, in buona sostanza, prevedevano una normativa in proposito
pressochè simile a quella dell’attuale art. 172 c.d.s., anche sotto il profilo
dell’aspetto sanzionatorio.

Per cui alla data del sinistro, sulla base della l. 143/1999 vi era l’obbligo
anche da parte del trasportato sul sedile anteriore dell’auto di indossare la
cintura di sicurezza ed il mancato uso delle stesse esponeva il trasportato
trasgressore alla sanzione amministrativa (in modo analogo a quanto poi previsto
dall’art. 172 c.d.s.).

2.                 

2. Orbene sotto il profilo
dell’illecito amministrativo non vi è dubbio che il destinatario della norma,
che impone l’obbligo della cintura, sia il soggetto che detta cintura deve
indossare, e quindi, in caso di soggetto trasportato (salvo che sia minore),
destinatario del dovere sia lo stesso trasportato, che – ove non adempia – è
l’unico esposto alla sanzione.

Ne consegue che l’omesso uso delle cinture di sicurezza, da parte di persona che
abbia subito lesioni in conseguenza di un sinistro stradale, costituisce un
comportamento colposo del danneggiato nella causazione del danno, rilevante ai
sensi dell’art. 1127, comma 1, c.c., e legittima la riduzione del risarcimento,
ove si alleghi e dimostri che il corretto uso dei sistemi di ritenzione avrebbe
ridotto od addirittura eliso il danno.

2.           &nb

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