Selezioni interne del personale – Obbligo di motivazione delle scelte. Cassazione Sentenza Sezione Lavoro n. 4462 del 04/03/2004
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Corte Suprema di Cassazione
Giurisprudenza Civile e Penale
Sentenza n. 4462
del
4 marzo 2004
(Sezione
Lavoro – Presidente S. Senese – Relatore F. Rosselli)
SVOLGIMENTO DEL
PROCESSO
Con ricorso del
17 novembre 1995 al Pretore di Venezia, O. T, dipendente della s.p.a. Ferrovie
dello Stato con la qualifica di impiegato-capo settore, esponeva di aver
partecipato ad una selezione del personale decisa dalla società con ordine di
servizio del 28 agosto precedente e finalizzata ad una “selezione del personale
per l’avviamento al percorso di professionalizzazione di capo settore gestioni”.
Egli aveva riportato il maggior punteggio nella graduatoria provvisoria, formata
attraverso i titoli, ma nella graduatoria definitiva era stato collocato
all’ultimo posto, senza alcuna motivazione e con conseguente esclusione dalla
selezione e danno per la progressione in carriera.
Il
ricorrente chiedeva pertanto l’accertamento della illiceità di detta
esclusione, l’annullamento della graduatoria definitiva e la condanna della
datrice di lavoro a riformularla nonchè a risarcire il danno.
Costituitasi la convenuta, il Pretore, ritenendo che il difetto di motivazione
fosse sufficiente a dimostrare la pretestuosità della valutazione sfavorevole,
accoglieva le domande con decisione del 3 dicembre 1999, riformata pero’ con
sentenza del 3 novembre 2000 dal Tribunale, il quale riteneva priva di
fondamento qualsiasi pretesa del T..
Esso
sosteneva non avere il lavoratore prospettato alcun obbligo gravante sulla
datrice di lavoro e da essa violato, e qualificava come atto negoziale la
denunciata graduatoria, non affetta da alcun vizio che potesse giustificare
l’annullamento.
In ogni
caso non rientrava nei poteri del giudice di sostituirsi alla detta datrice
nell’esercizio di poteri discrezionali e cosi’ di inserire l’appellato in una
nuova graduatoria.
Negava
infine il Tribunale che l’assenza di motivazione nell’esclusione del candidato
dalla graduatoria definitiva fosse prova dell’illiceità della condotta della
società, giacchè non sussisteva alcun obbligo di motivare, nè di detta
illiceità aveva fornito alcuna prova il lavoratore, attore in giudizio.
Contro
questa sentenza ricorre per cassazione il T. mentre la s.p.a. Rete ferroviaria
italiana resiste con controricorso.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
Col primo
motivo il ricorrente lamenta vizi di motivazione in ordine alla negazione, da
parte del Tribunale, di alcun obbligo, gravante sulla datrice di lavoro e
derivante dall’ordine di servizio dispositivo di una selezione del personale,
utile per la progressione in carriera.
Sostanzialmente la medesima censura è contenuta nel secondo motivo di ricorso,
col quale il ricorrente, denunziando la violazione degli artt. 1218 c.c. e 24
Cost., sostiene essere derivato dal detto ordine di servizio l’obbligo della
datrice di lavoro di selezionare i dipendenti secondo i criteri indicati nello
stesso ordine e secondo il principio della buona fede nell’esecuzione delle
obbligazioni (art. 1375 c.c.).
Col terzo
motivo la ricorrente sostiene che l’esercizio del potere discrezionale nella
selezione comportava altresi’, a carico della datrice di lavoro, l’obbligo di
motivare, ai sensi dell’art. 3 l. 241/1990.
Col
quarto motivo egli aggiunge, invocando gli artt. 1218, 1223 e 2043 c.c., che la
violazione degli obblighi suddetti comportava a carico dell’inadempiente la
condanna al risarcimento del danno, costituito dalla perdita della possibilità
(chance) di progressione in carriera.
I quattro
motivi, da esaminare insieme perchè connessi, sono fondati.
Da
tempo questa Corte ha enunciato i seguenti principi in materia di concorsi
indetti dalle imprese di diritto privato all’interno della loro organizzazione,
onde selezionare il personale ai fini della progressione in carriera.
A.
Attraverso il
bando di concorso, eventualmente contenuto (come nella fattispecie concreta qui
in esame) in un ordine di servizio, l’impresa formula una offerta al pubblico,
valida come proposta contrattuale (art. 1336, primo comma, c.c.), con la quale
essa assume l’obbligo di procedere alla selezione secondo i criteri indicati
nello stesso bando e comunque secondo il principio di correttezza e di buona
fede canonizzati negli artt. 1175 e 1375 c.c., che si specificano nei doveri di
imparzialità e di trasparenza dell’azione (cfr. Cassazione S.U. 6031/1993).
B.
Il contenuto dell’obbligo ossia la
prestazione dovuta dall’imprenditore-datore di lavoro, consiste in un’attività
discrezionale e più precisamente nella valutazione comparativa dei titoli e
della capacità professionale dei candidati-prestatori di lavoro;
discrezionalità controllabile ossia non equivalente a mero arbitrio, con la
conseguente configurazione, in capo a ciascun candidato, di una posizione
soggettiva, oltrechè di credito, di interesse legittimo di diritto privato, e
non di soggezione (Cassazione 8132/2000, con ulteriori richiami; 10514/2001,
13922/2001, 13952/2002, 1382/2003). Non è infatti raro che, all’interno del
rapporto obbligatorio, il compimento della prestazione dovuta comporti
l’esercizio di scelte da parte del debitore (si pensi all’obbligazione
alternativa di cui agli artt. 1285 ss. c.c. e si veda Cassazione S.U. 295/2000).
C.
Quando il creditore abbia provato la
sussistenza dell’obbligazione, l’onere di provare l’adempimento incombe sul
debitore (Cassazione 12921/1991, 5686/1985, 7553/1999, 2204/1994).
Spetta percio’ all’imprenditore-debitore di provare di avere eseguito le
operazioni di valutazione concorsuale attenendosi al suddetto dovere di
imparzialità, il cui difetto ben puo’ essere ritenuto dal giudice di merito
sulla base dell’assenza di motivazione delle scelte discrezionali. L’art. 3 l.
241/1990 è richiamato impropriamente dal ricorrente poichè riguarda l’azione
della pubblica amministrazione e non dei soggetti privati, e tuttavia esso
rileva qui indirettamente, quale dimostrazione della impossibilità di
controllare, anche in sede giudiziale, la discrezionalità se non attraverso la
motivazione degli atti d’esercizio del potere, pubblico o privato.
D.
In caso di inadempimento dei detti
obblighi da parte dell’imprenditore, il prestatore di lavoro-creditore ben puo’
esercitare l’azione di esatto adempimento, al fine di ottenere la ripetizione
delle operazioni concorsuali e della valutazione, nonchè l’azione di
risarcimento del danno (art. 1218 c.c.). Questo puo’ consistere nella perdita
non già del vantaggio che il lavoratore avrebbe ottenuto in caso di esito
favorevole della valutazione, ma soltanto nella perdita della possibilità
(chance) di tale esito, ed il relativo ammontare potrà essere determinato dal
giudice di merito in via equitativa (art. 1226 c.c.) (Cassazione supra cit.).
Questi principi sono stati completamente disattesi dalla sentenza impugnata, che
anzi ha trascurato la relativa problematica e che percio’ dev’essere cassata. La
causa va rinviata ad altro collegio di merito, che si designa nella Corte di
appello di Trieste e che si pronuncerà sull’appello proposto dalla società
contro la decisione pretoriale, uniformandosi ai principi di diritto testè
enunciati, e provvedero’ anche in ordine alle spese processuali.
PER
QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso, cassa
la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Trieste, anche per le
spese.
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