Attualità

La Corte del Lussemburgo sulle cause civili: Accesso libero al giudice estero


Un freno al conflitto tra Stati in materia di giurisdizione
civile. La Corte di giustizia del Lussemburgo con sentenza del 27 aprile (nel
procedimento C-159/02) è intervenuta per chiarire alcuni aspetti della
convenzione del 27 settembre 1968, ratificata anche dall’Italia, che disciplina
la competenza e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. La
pronuncia chiarisce che confligge con la convenzione l’emanazione di un ordine
con il quale l’autorità giudiziaria di uno Stato contraente vieta a una parte
del procedimento pendente davanti a essa di proseguire un’azione giudiziaria
davanti a un organo giurisdizionale di un altro Stato contraente. E questo anche
quando questa parte agisce in malafede all’esclusivo scopo di ostacolare il
procedimento già esistente. La Corte si sofferma nelle sue valutazioni sullo
spirito che informa tutta la convenzione, che è quello della fiducia che Stati
contraenti accordano reciprocamente ai loro sistemi giuridici e alle loro
istituzioni giudiziarie. Fiducia che ha permesso da una parte la creazione di un
sistema obbligatorio di competenza che tutti i giudici dei Paesi aderenti sono
tenuti a rispettare, dall’altra la rinuncia da parte degli Stati alle orme
interne di riconoscimento delle sentenze straniere a favore di un procedimento
semplificato. Sempre lo stesso principio è alla base del diritto di
interpretazione delle norme dell’intesa internazionale da parte delle autorità
giudiziarie degli Stati contraenti. Per quanto riguarda la competenza, invece,
la convenzione ” osserva la sentenza ” non autorizza il sindacato da parte di un
giudice di altro Stato aderente. Ed è proprio questo il punto chiave nel
ragionamento della corte del Lussemburgo. Il divieto del giudice a una parte,
magari con la minaccia di sanzioni, di avviare o continuare un’azione davanti
all’autorità straniera «ha l’effetto di pregiudicare la competenza di
quest’ultimo a risolvere la controversia». L’ingerenza poi non puo’ nemmeno
essere giustificata dal fatto di essere tesa a impedire un abuso di procedura da
parte del convenuto nel procedimento nazionale. «Infatti ” osserva la Corte ”
dal momento che la condotta contestata al convenuto consiste nell’avvalersi
della competenza di un giudice di un altro Stato membro, la decisione sul
carattere abusivo di tale comportamento implica una valutazione della pertinenza
della proposizione di un’azione dinanzi a un giudice di un altro Stato membro».
Una valutazione in contrasto con il principio della reciproca fiducia che sta
alla base della convenzione e vieta al giudice di contestare la competenza del
"collega" di un altro Stato firmatario. La Corte si preoccupa anche di smentire
la tesi di chi vede nell’intimazione un provvedimento di natura squisitamente
procedurale destinato a tutelare l’integrità del procedimento in corso davanti
al giudice nazionale. Deve infatti essere ricordato, avvertono i giudici del
Lussemburgo, che l’applicazione delle norme processuali nazionali non deve
compromettere l’obiettivo della convenzione. Proprio quello che si verifica
quando l’ordine alla parte ha come conseguenza di limitare l’applicazione delle
disposizioni sulla competenza stabilite dalla stessa intesa. Come pure è stato
respinto l’argomento secondo il quale l’emanazione di ordini inibitori puo’
invece contribuire a realizzare uno degli obiettivi principali della convenzione
e cioè quello di ridurre al minimo il rischio di contraddizione tra le
decisioni ed evitare la moltiplicazione dei procedimenti. Se accolta pero’
questa tesi avrebbe due effetti negativi. Il primo: lo svuotamento di contenuto
degli strumenti esplicitamente previsti dalla convenzione in tema di
litispendenza e di connessione. Il secondo: l’insorgere di situazioni di
conflitto per le quali la convenzione non prevede regole di risoluzione. Non
puo’ infatti essere escluso che, nonostante un ordine inibitorio emesso da uno
Stato contraente, u n giudice di un altro Stato firmatario possa ugualmente
emettere una decisione. Come non si puo’ escludere che gli organi
giurisdizionali di due Stati aderenti, che autorizzano provvedimenti del genere,
emanino due ordini in contrasto tra loro
.

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