SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il signor L.M. ricorreva, davanti al Giudice di pace di Elusone per
l’annullamento dell’ordinanza-ingiunzione, emessa dalla Prefettura – Ufficio
Territoriale del Governo di Bergamo che, per la contestata violazione
dell’art. 21, commi 1, 4 e 5, C.d.S.. – in quanto, senza il nulla osta
dell’ente proprietario, aveva installato un "trabattelo" mobile sulla sede
stradale, al fine di tinteggiare la parte esterna di un immobile, riducendo
la larghezza della carreggiata a meno di metri 5.60 – gli aveva inflitto la
sanzione amministrativa pecuniaria di lire 2.224.000.
2. Il Giudice di Pace accoglieva il ricorso.
3. La Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Bergamo ricorreva per
Cassazione, affidando l’impugnazione ad un unico motivo di doglianza.
L’intimato non ha svolto difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso (con il quale lamenta violazione e falsa
applicazione degli artt. 21, 203 e 205 del c.d.s. e degli artt. 22 e 23
della l. 689/1981 [1], in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.)
la Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Bergamo deduce che il
ricorso, proposto davanti al Giudice di Pace., doveva essere dichiarato
improcedibile "atteso che il contesto contravvenzionale era stato già
definito con il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria applicata
con l’ordinanza prefettizia poi annullata, come risulta dalla ricevuta di
versamento postale dell’8 febbraio 2000". Dall’art. 203 del C.d.S. si
evincerebbe che il contravventore potrebbe, in via alternativa, o pagare in
misura ridotta ovvero proporre ricorso al Prefetto. Pertanto, avendo
l’utente della strada prestato acquiescenza all’operato della P.A., con il
dare esecuzione al pagamento della sanzione, il contravventore non avrebbe
potuto proporre ricorso davanti al Giudice di Pace, e la pronuncia di quest’ultimo
sarebbe, conseguentemente, nulla.
2. Il ricorso è infondato.
La Prefettura ricorrente, contumace nel giudizio di primo grado, svoltosi
davanti al Giudice di Pace di Elusone, eccepisce in questa sede, per la
prima volta, e chiede di provare, mercè l’allegazione di documento idoneo,
la circostanza di fatto relativa all’inammissibilità dell’opposizione
proposta dal trasgressore avverso l’ordinanza-ingiunzione del Prefetto, in
ragione dell’avvenuto pagamento della somma ingiunta con il provvedimento
impugnato; circostanza che non ha formato oggetto di dibattito processuale.
Tale documento, del tutto nuovo, non può trovare ingresso nel giudizio di
Cassazione in quanto riguarda il rapporto processuale di primo e unico grado
di merito, in ordine al quale questa Corte non può più statuire. Infatti,
l’art. 372 c.p.c. consente l’esame di nuove prove solo in ordine
all’ammissibilità del ricorso e del controricorso ed "alla nullità della
sentenza", che – con formula contratta – non richiama pienamente il motivo
di cassazione di cui all’art. 360, primo comma, n. 4, il quale riguarda la
"nullità della sentenza o del procedimento".
Da tempo ormai questa Corte si è attestata sulla posizione in base alla
quale "le ipotesi di nullità della sentenza che consentono, ex art. 372
c.p.c., la produzione di nuovi documenti in sede di giudizio di legittimità
sono limitate a quelle derivanti da vizi propri dell’atto, per mancanza dei
suoi requisiti essenziali di sostanza e di orma, e non si estendono,
pertanto, a quelle originate, in via riflessa o mediata, da vizi del
procedimento" (in tale senso, solo da ultime, Cassazione 2586 e
18136/2002;1650/2001; 486/1999). Tale posizione non è stata neppure presa in
considerazione nel ricorso che, perciò, non ha introdotto alcun argomento
per superarla.
2.1. Tuttavia, quand’anche non bisognosa di documentazione perchè
autosufficiente, l’affermazione, contenuta nel ricorso, riguardante
l’avvenuto pagamento – da parte del trasgressore – della sanzione
amministrativa inflitta dal Prefetto con l’ordinanza-ingiunzione, non può
dar luogo alla lamentata violazione di legge e non comporta le conseguenze
sollecitate dal ricorrente.
Infatti, la prescrizione dell’art. 203 del c.d.s., la quale impone che il
ricorso al Prefetto contro il verbale di accertamento della violazione sia
proposto nel termine di sessanta giorni dalla contestazione o dalla
notificazione, solo "qualora non sia stato effettuato il pagamento", attiene
ad una fase preliminare rispetto alla decisione amministrativa e riguarda il
pagamento in misura ridotta, non riguarda cioè la fase successiva alla
adozione dell’ordinanza-ingiunzione del Prefetto ed il conseguente pagamento
della sanzione irrogata con tale provvedimento. Tale disposizione, per
essere estranea al piano processuale, quale è stabilito dal successivo art.
205 c.d.s., non può essere invocata per chiedere (ed ottenere) la
declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo.
Peraltro, questa Corte ha già affrontato e risolto il problema
dell’interesse sostanziale del trasgressore ad impugnare la decisione
amministrativa con la quale viene irrogata la sanzione amministrativa,
nonostante il pagamento cautelativo di quanto ingiunto.
Con la sentenza 4886/1989 si era stabilito che il pagamento della somma
portata dall’ordinanza-ingiunzione, potendo ricollegarsi alla volontà
dell’intimato di sottrarsi all’esecuzione forzata esperibile in base a detto
provvedimento (il quale è titolo esecutivo e la cui efficacia non è di
regola sospesa dalla opposizione), non comporta di per sè acquiescenza, nè
incide sull’interesse ad insorgere avverso il provvedimento medesimo, con il
rimedio contemplato dall’art. 22 della l. 689/1981.
Tale principio è stato poi ripreso dalla sentenza della Cassazione
14845/2000, a tenore della quale il pagamento della somma portata
dall’ordinanza-ingiunzione – tanto se intervenga prima che dopo la notifica
di questa -, potendo ricollegarsi alla volontà dell’intimato di sottrarsi
all’esecuzione forzata, di evitare la confisca del bene in sequestro o di
ottenere la restituzione, non comporta di per sè acquiescenza nè incide
sull’interesse a proporre opposizione ai sensi dell’art. 22 della l.
689/1981.
In coerenza con tale parallelo interesse del trasgressore, la Cassazione ha
riconosciuto alla stessa Amministrazione la possibilità di intervenire
sull’ordinanza ingiuntiva anche dopo l’avvenuto pagamento da parte
dell’interessato. Secondo la sentenza 2761/2003, di questa stessa Corte,
sino a quando non sia intervenuto il giudicato a seguito dell’opposizione
proposta dall’ingiunto avverso l’ordinanza-ingiunzione, l’Amministrazione,
nell’esercizio del potere di autotutela, può procedere alla rimozione degli
eventuali vizi, ovvero alla rettifica ed alla correzione degli eventuali
errori in essa contenuti, provvedendo ad emanare una nuova
ordinanza-ingiunzione emendata da detti vizi e/o errori, e ciò può fare
anche nel caso in cui l’ingiunto abbia già pagato la somma indicata con il
primo provvedimento.
Il ricorso dell’Amministrazione, pertanto, va rigettato.
3. Non avendo l’intimato svolto attività difensiva, non v’è materia per
provvedere sulle spese di questa fase.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Depositata in Cancelleria il 25 febbraio 2004